L'indagine sui fondi del terremoto ad Aci Sant'Antonio: sospesi funzionaria comunale e geometra
Il Tribunale del Riesame ha disposto due interdittive. Per gli altri l’appello della pm è stato rigettato ma sulle esigenze cautelari
«Ma come è finita quella storia dell’indagine della gestione dei fondi del terremoto?» La domanda se la fanno in molti ad Aci Sant’Antonio dallo scorso 13 settembre quando si è svolta l’udienza davanti al Tribunale del Riesame per discutere dell’appello della pm Rosaria Molè che aveva impugnato il rigetto di misure cautelari e interdittive da parte del gip nei confronti di diversi indagati, tra cui il sindaco Quintino Rocca e l’ex primo cittadino Santo Caruso. Il Tribunale del Riesame ha confermato quanto disposto dal giudice per le indagini preliminari tranne per due posizioni. Ma va precisato che il collegio ha valutato «la sussistenza delle esigenze cautelari» e non «l’impianto indiziario». Il sindaco Rocca - per cui la pm chiedeva un’interdizione - quindi può tirare un sospiro di sollievo. E lo stesso può fare Caruso e Giuseppe Santamaria, ex assessore comunale e oggi presidente del consiglio comunale.
Al centro delle indagini dei carabinieri è finita la gestione, ritenuta non limpida dalla procura, delle pratiche dei fondi per la ricostruzione dopo il terremoto di Santo Stefano. Le accuse a vario titolo si muovono dalla corruzione, alla truffa ai danni dello Stato, passando per i falsi ideologici in atti pubblici e la soppressione e distruzione di atti veri.
Il Riesame ha invece disposto una sospensione dalla professione di 10 mesi nei confronti di Rosa Mammino, funzionario tecnico del terzo settore lavori pubblici e protezione civile e rup preposto alla trattazione dei procedimenti amministrativi relativi ai contributi pubblici stanziati per il ripristino delle abitazioni danneggiate. Sono sei invece i mesi di sospensione per Angelo Patanè, tecnico indicato dagli investigatori «come prestanome della Mammino» e «veicolo per l'incasso delle somme da destinare a quest'ultima». La pm aveva chiesto per entrambi la detenzione in carcere, il Tribunale ha ritenuto idonea una misura interdittiva. Il difensore di Mannino, l’avvocato Umberto Terranova, ha già annunciato il ricorso in Cassazione e quindi la sospensione non è esecutiva. Destino diverso invece per Patanè: il difensore del geometra, l’avvocato Orazio Consolo ha deciso di non impugnare l’ordinanza del Riesame. L’interdittiva quindi diventerà esecutiva appena scadranno i termini utili per il ricorso.
Le intercettazioni
Le difese, nelle varie memorie difensive depositate, hanno provato la carta dell’inutilizzabilità delle intercettazioni disposte dalla pm ma il collegio del Riesame è stato lapidario e ha respinto questa tesi. Le conversazioni captate rappresentano uno dei capisaldi dell’intera inchiesta che ha permesso anche di sapere che gli indagati sapessero di avere i radar della magistratura puntati ma questo non gli avrebbe frenati su alcune condotte ritenute dalla procura censurabili.
Il Riesame, sul punto, ha citato quanto ribadito dalla Cassazione in una sentenza del 2021: «In tema di intercettazioni telefoniche, secondo la disciplina applicabile ai procedimenti iscritti fino al 31 agosto 2020, i risultati delle captazioni autorizzate per un determinato fatto-reato sono utilizzabili anche per gli ulteriori fatti-reato legati al vincolo della continuazione senza necessità che il disegno criminoso sia comune a tutti i correi». La Cassazione, rifacendosi all’insegnamento delle sezioni unite della famosa sentenza Cavallo, ha riaffermato il concetto di legame sostanziale tra il reato «per cui l’autorizzazione è stata concessa e il reato emerso grazie ai risultati di essa». E quindi la connessione “sostanziale” tra reati fonda la categoria di “stesso procedimento” con la conseguenza che «il decreto autorizzativo copre, oltre allo specifico fatto per il quale è stato emesso» anche gli altri fatti di «reati legati al primo».
E analizzando infatti le intercettazioni il collegio ha valutato positivamente «il tema della gravità indiziaria» sia sulle truffe che sulle false attestazioni delle delibere di giunta. Sul punto il Tribunale ricorda come «i cellulari» di alcuni assessori agganciavano «celle» in zone assolutamente lontane dal luogo dove si teneva una riunione di giunta dove invece avevano attestato la loro presenza.