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L'omicidio Scopelliti e il patto 'ndragheta-mafia, gli indagati salgono a 20: ci sono anche catanesi

Nell’inchiesta risultano indagati anche alcuni boss che nel frattempo sono deceduti, Matteo Messina Denaro, Giovanni Tegano e Francesco Romeo

Redazione La Sicilia

20 Maggio 2025, 19:10

Scopelliti, per rilievi anche moto uguale a quella dei sicari

Le operazioni di ricostruzione della dinamica dell'omicidio del giudice Antonio Scopelliti, il sostituto procuratore generale della Cassazione ucciso il 9 agosto 1991 a Piale, una frazione di Villa San Giovanni.Sul posto la BMW 318 a bordo della quale si trovava il giudice e la moto Honda Gold Wing 1200 che sarebbe stata utilizzata per l'agguato. CAMPO CALABRO, 8 aprile 2025 ANSA/MARCO COSTANTINO

E’ salito a 20 il numero degli indagati per l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti. Oltre ai primi 17 ai quali fu notificato l’avviso di garanzia nel 2019 quando la Dda di Reggio Calabria aveva ritrovato il fucile grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, sono indagati adesso anche altri esponenti di primi piano della 'ndrangheta della provincia reggina Pasquale Condello, Giuseppe De Stefano, Giuseppe Morabito, Luigi Mancuso, Giuseppe Zito ed il boss delle cosche «milanesi» Franco Coco Trovato. I nuovi nomi sono contenuti nel decreto di perquisizione eseguito nelle settimane scorse dalla Squadra mobile a Messina.

Tra i nomi indicati nel documento, che anche quello del boss catanese Nitto Santapaola nei confronti del quale, però, «non si può procedere perché già assolto per l’omicidio Scopelliti». Nell’inchiesta risultano indagati anche alcuni boss che nel frattempo sono deceduti, Matteo Messina Denaro, Giovanni Tegano e Francesco Romeo. Gli indagati catanesi sono Marcello D'Agata, Maurizio Avola, Aldo Ercolano, Eugenio Galea, Nitto Santapaola e Salvatore Vincenzo Santapaola.

Nel provvedimento, firmato dal procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e dal sostituto della Dda Sara Parezzan, c'è ancora Matteo Messina Denaro che, stando alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, avrebbe partecipato alla fase esecutiva del delitto che sarebbe stato deciso «nel corso di una riunione svoltasi a Trapani nella primavera del 1991».
Secondo i pm, «il mandato omicidiario proveniva direttamente da Totò Riina» che ha incaricato Messina Denaro il quale, a sua volta, «riceveva le informazioni operative relative alle abitudini di vita del magistrato da Salvo Lima», l'europarlamentare della Dc ucciso in un agguato a Palermo il 12 marzo 1992.
Il boss di Castelvetrano, infine, stando alla ricostruzione della Procura, avrebbe curato «i contatti con un informatore locale rimasto ignoto che avvisava il gruppo incaricato dell’omicidio in ordine agli spostamenti del magistrato».