il caso
Matteo Messina Denaro, i segreti portati nella tomba: ecco chi sarà il possibile nuovo “padrino”
La morte del boss non ferma le indagini per scoprire fiancheggiatori e connivenze. Cosa nostra si riorganizza
Matteo Messina Denaro si porta nella tomba i suoi segreti, circostanza che non sorprende più di tanto visto che il padrino aveva subito chiuso la porta ai pm che lo avevo interrogato subito dopo il suo arresto nel gennaio scorso. Un silenzio che fa parte dell’humus in cui U siccu è cresciuto, a pane e mafia, figlio e nipote di mafiosi e che secondo il Procuratore Generale facente funzione di Caltanissetta Antonino Patti è stato anche «un protagonista assoluto delle stragi siciliane e di quelle del Continente».
La mentalità, l’humos mafioso e il mancato pentimento
Matteo Messina Denaro è stato anche condannato all’ergastolo per le stragi: «Una sentenza che armonizza totalmente con gli scenari già ritenute da tutte le precedente sentenze sulla stagione stragista, compresa la sentenza di Firenze» ha sottolineato Patti.
«Dopo l’arresto – ha aggiunto il Pg – si sperava che Matteo Messina Denaro potesse parlare e chiarire molti fatti ancora avvolti dal mistero. Sulle stragi mafiose, soprattutto quelle dei primi anni Novanta, ma alle fine ha prevalso la sua mentalità, che aldilà di certe apparenze per così dire, “moderniste”, era quella del mafioso vecchio stampo. Quindi, alla fine è morto portando con sé questi misteri.

Si era capito abbastanza presto, dopo la sua cattura, che si trattava di un boss la cui mentalità di fondo non era, nella sostanza, molto differente da chi lo aveva preceduto nella guida di cosa nostra. Neanche nella sua coscienza Messina Denaro avesse mai iniziato un percorso di rimeditazione critica della sua vita criminale. Messina Denaro continuava a covare astio ed una forma quasi paradossale di vittimismo nei confronti delle Istituzioni. A me pare che nonostante il boss, in linea con la sua natura narcisista, tenesse a far sapere all’esterno che era istruito e aveva letto tanti libri, cionondimeno le sue qualità culturali e critiche rimanevano di basso livello, in linea con quelle etiche».
Niente funerali per ordine del questore
Non saranno celebrati i funerali religiosi per il boss Matteo Messina Denaro. E non solo per le sue ultime volontà, ma perché sarà il questore di Trapani a vietarli, come accade con tutti i boss mafiosi. Il capomafia in un vecchio pizzino ritrovato dai carabinieri del Ros nel covo di Campobello di Mazara aveva criticato duramente la Chiesa annunciando di volere rifiutare «ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato». E ancora: «Non sono coloro che si proclamano i soldati di Dio a poter decidere e giustiziare il mio corpo esanime. Non saranno questi a rifiutare le mie esequie rifiuto tutto ciò perché ritengo che il mio rapporto con la fede è puro, spirituale e autentico, non contaminato e politicizzato. Dio sarà la mia giustizia». Dunque, il boss Messina Denaro, dopo l’autopsia che sarà effettuata all’Aquila, verrà trasferito a Castelvetrano dove verrà tumulato al cimitero. Senza alcuna cerimonia.
La successione: chi è il nuovo padrino?
Il tema della successione a Matteo Messina Denaro è paradossalmente di basso profilo. Innanzitutto perché checché se ne pensi Messina Denaro non era il capo di Cosa nostra: «I clan palermitani non accetterebbero mai di farsi guidare da un non palermitano. A cominciare da un trapanese».
Ma Cosa nostra lo aveva come riferimento sui grandi affari e c’è già chi è pronto a prendere il suo posto come ha detto il procuratore Maurizio de Lucia subito dopo la cattura il 16 gennaio scorso.
In questi otto mesi che cosa è successo? Chi ha preso le redini dell’ultimo boss stragista? Da chi sarà sostituito?
Le indagini, dopo la morte di Messina Denaro non sono di certo finite per scoprire le reti di protezioni e le connivenze che hanno permesso a Messina Denaro di restare latitante per trent’anni, sia per capire chi lo ha sostituito. Non era il capo ma era una figura era ritenuta ingombrante nel gotha di Cosa nostra.
Chi è il nuovo padrino? Dalla morte del Capo dei capi Totò Riina l’obiettivo di Cosa nostra era solo uno: ricostituire la Cupola, l’organismo gerarchica che prendeva le decisioni più importanti e dava “ordine” all’intera organizzazione.
I nomi che circolano tra gli investigatori sono Stefano Fidanzati, 70 anni, della famiglia di narcotrafficanti dei Fidanzati dell’Arenella, Giuseppe Auteri, detto Vassoio, ad oggi latitante, Sandro Capizzi, rampollo del boss Benedetto Capizzi del clan di Santa Maria di Gesù.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA