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L'arresto

Messina Denaro, il covo è del “vero” Bonafede: dentro profilattici e pillole per sesso

Per l'ex latitante si profila il carcere duro. Appurato che il covo di Campobello di Mazara, dove avrebbe trascorso l'ultima fase della latitanza, è di proprietà di Andrea Bonafede

Di Redazione |

Nuova "dimora" per Matteo Messina Denaro. Il super latitante trapanese arrestato ieri appena fuori dalla clinica di Palermo in cui si curava da quasi un anno, è adesso detenuto nel carcere dell’Aquila, come apprende l’ANSA da fonti della polizia penitenziaria. Già poche ore dopo l’arresto la Procura di Palermo ha chiesto l’applicazione del regime di carcere duro. L’istanza è stata inviata al ministero della Giustizia. Il provvedimento dei pm porta la firma del procuratore Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido. Il boss ha nominato come sua legale la nipote Lorenza Guttadauro, nipote anche del capomafia palermitano Giuseppe Guttadauro.  

Al grande lavoro di ieri, oggi per investigatori e forze dell'ordine sta seguendo un'altra giornata di impegni, a cominciare dal ritrovamento e dalla perquisizione del covo, in pieno centro abitato a Campobello di Mazara, in cui il boss avrebbe trascorso l'ultimo periodo della sua trentennale latitanza. E' stato appurato che il covo di vicolo San Vito è di proprietà di Andrea Bonafede, lo stesso titolare della carta d’identità falsa utilizzata dal super latitante. Lo ha confermato all’ANSA il colonnello Fabio Bottino, comandante provinciale dei carabinieri di Trapani. 

 «Matteo Messina Denaro abitava qui da almeno sei mesi. Un appartamento, ben ristrutturato, che testimonia che le condizioni economiche del latitante erano buone. Arredamento ricercato, di un certo tenore, non di lusso ma di apprezzabile livello economico». Così il comandante provinciale dei carabinieri di Trapani Fabio Bottino, dopo l’ispezione nel covo dove si nascondeva Matteo Messina Denaro. «Perquisizioni e accertamenti sono in corso. Stiamo rilevando la presenza di tracce biologiche, di eventuali nascondigli o intercapedini dove può essere stata nascosta della documentazione. Un lavoro per il quale occorreranno giorni». 

Dentro il covo sono state trovati sneakers griffate, vestiti di lusso, un frigorifero pieno di cibo, ricevute di ristoranti, pillole per potenziare le prestazioni sessuali, profilattici. L’abitazione risultava intestata ad Andrea Bonafede, il geometra che avrebbe prestato la sua identità al padrino e che ora è indagato per associazione mafiosa e che, pare, con i magistrati avrebbe fatto mezze ammissioni dicendo di conoscere il capomafia fin da ragazzo e di essersi prestato a comprare, con i soldi del padrino, la casa in cui questi ha passato l’ultimo anno. 

Al momento non risulta che nell’immobile vi fossero documenti particolari tanto che gli inquirenti sospettano che possa esserci un secondo immobile in cui cercare il cosiddetto tesoro di Messina Denaro. 

 E' stata la chiave di un’Alfa Romeo 164 ritrovata nel borsello del boss a fornire l'input che ha consentito ai carabinieri e ai magistrati di risalire all’ultima abitazione dell'ex latitante a Campobello di Mazara, perquisita la scorsa notte. Gli inquirenti, attraverso il codice della chiave, sono risaliti al veicolo e grazie a un sistema di intelligenza artificiale hanno ricostruito, con tanto di immagini, gli spostamenti dell’Alfa. Tra le riprese c'era anche quella del boss che entrava e usciva dall’abitazione di Campobello con le borse della spesa: circostanza che ha portato i magistrati al covo. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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