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Mille pizzini e le tracce dei Dna: il covo di Rosalia Messina Denaro è una miniera d’oro per i pm

L'inchiesta dopo l'arresto della sorella del padrino: molti spunti investigativi

Di Redazione |

Sono almeno un migliaio i pizzini, riconducibili al boss Matteo Messina Denaro, quindi da lui scritti o a lui rivolti, trovati dai carabinieri del Ros nel covo del boss a Campobello di Mazara e nelle due case (quella di campagna di Campobello e quella di Castelvetrano) della sorella Rosalia, arrestata per mafia.

Una miniera d’oro di informazioni sulla quale gli investigatori, coordinati dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Piero Padova e Gianluca de Leo, stanno lavorando.Per la ricostruzione della latitanza di Messina Denaro, dei suoi affari, delle sue frequentazioni si tratta di input straordinari.

Quello che attende gli investigatori, però, è un lavoro lungo e complesso perché i bigliettini sono tutti da decriptare. Il padrino, infatti, utilizzava nomi in codice: Rosalia, ad esempio era chiamata Fragolone hanno scoperto i carabinieri. Molti altri nickname come Ciliegia, Condor, Malato, Reparto, Parmigiano, sono tutti da decifrare.

Nell’enorme mole di carte ritrovate, oltre ad appunti sulla contabilità del boss e suoi scritti personali, ci sarebbero messaggi a donne con le quali il capomafia intratteneva relazioni.

A caccia del Dna

Chi frequentava il covo del boss Matteo Messina Denaro a Campobello di Mazara? Stanno cercando di scoprirlo gli investigatori che hanno disposto la ricerca di eventuali dna nell’appartamento. I profili genetici diversi da quelli del boss eventualmente trovati potrebbero portare all’identificazione dei soggetti che incontravano il capomafia nella casa in cui questi ha passato gli ultimi mesi di latitanza.

I 40mila euro per la casa

Sarebbero serviti per rimpinguare le sue riserve di denaro dopo l’acquisto del covo di Campobello di Mazara, la casa in cui Matteo Messina Denaro ha trascorso gli ultimi mesi della latitanza, i 40 mila euro ai quali si fa cenno in uno dei pizzini scoperti dai carabinieri e scritti dal boss alla sorella Rosalia.

Lo ritengono gli investigatori che hanno decifrato il messaggio in cui il capomafia chiedeva alla donna di farsi dare il denaro da «Parmigiano», uno dei nomi in codice usati per le comunicazioni. Secondo gli inquirenti si tratterebbe di un imprenditore in qualche modo in affari con Messina Denaro.

Che Messina Denaro chiedesse la somma per rientrare dalle spese della casa si evince dalla data del bigliettino: 14 maggio del 2022. L’atto di vendita dell’immobile di vicolo San Vito, a Campobello di Mazara, è del 15 giugno successivo. L’appartamento venne formalmente comprato da Andrea Bonafede, geometra di Campobello che ha prestato i documenti di identità al boss e nell’atto di compravendita venne indicato in 20mila euro il valore della casa. Ma gli investigatori ritengono che si trattasse solo del valore dichiarato e che invece la cifra pagata fosse più alta.

«Sai cosa ho comprato con questi 40 mila, qua non lo nomino cosa ho comprato tanto già lo sai. Purtroppo non ne ho potuto fare a meno, le cose si sono talmente ingarbugliate che non ho avuto scelta. I soldi che avevo non mi bastavano e quindi ho avuto bisogno di questi 40 dai W», scriveva il boss.

«Ne sono rimasti 85 mila, e questo è un problema, sono pochi, devo avere un deposito più grosso, se no vado a sbattere, cioè non sono coperto per come voglio io. Quindi ora ti spiego come fare per recuperare questi 40 mila», spiega. «Ti spiego cosa devi fare, segui alla lettera ciò che ti dico: ti devi incontrare col Parmigiano, solo una volta però e gli chiedi il prestito a lui», diceva Messina Denaro alla sorella.

L’interrogatorio di Rosalia

Lunedì è in programma l’interrogatorio di garanzia davanti al gip, nel carcere di Pagliarelli, di Rosalia Messina Denaro. La donna sarà assistita dall’avvocato Daniele Bernardone e non dalla figlia Lorenza Guttadauro che invece è stata nominata legale di fiducia dal boss. Rosalia è accusata di aver gestito la «cassa» della famiglia, di aver fatto da collettrice dei pizzini coi quali il capomafia comunicava con i suoi, di essere stata insomma fedele esecutrice delle volontà del fratello durante la latitanza.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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