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Minacce al parente dei Santapaola: la rabbia della cugina di Nitto

C'è stato il rischio di una guerra intestina a Cosa nostra catanese

Di Laura Distefano |

Mai fare arrabbiare una Santapaola. Soprattutto se è una che diverso tempo fa, intercettata, ha detto platealmente che lei rappresenta il «sangue blu della mafia». Grazia Santapaola, moglie di Turi Amato – boss della strada Ottantapalmi – è intervenuta per mettere il punto a una situazione che coinvolgeva un parente. La donna è stata ascoltata – pur non essendo indagata – dalla squadra mobile nell’ambito dell’operazione Ombra. La cugina di Nitto rimprovera Daniele Strano, capo del gruppo della Stazione, che ha minacciato di morte un ragazzo non considerando le parentele di peso. Un affronto che la signora Santapaola non ha per nulla gradito: «Ma tu lo sapevi che era mio nipote? Non lo sapevi? Ora la prossima volta che dici non mi interessa del nome».

Ma cerchiamo di riavvolgere il nastro. Il gip, nell’ordinanza, ha ricostruito il romanzo criminale. Una sera di settembre dello scorso anno i poliziotti hanno registrato un incontro tra Strano, Nino Castorina e il ragazzo (dal cognome Santapaola). Castorina ha minacciato di morte il giovane che avrebbe avuto la colpa di essersi avvicinato troppo a una donna. Strano gli avrebbe urlato contro che solo grazie al cognome che portava non sarebbero stati presi provvedimenti più duri nei suoi confronti. Ma nonostante questo, due giorni dopo, Strano ha convocato una riunione con la presenza di Cristian Paternò – referente operativo della famiglia di Cosa nostra – in un salone di un parrucchiere dove si commentava quanto accaduto. Il parente di Grazia Santapaola, infatti, dopo l’aggressione si è presentato alla Stazione «facendo valere il proprio cognome». La questione quindi sarebbe potuta degenerare in «un conflitto interno al clan».

Ma invece di placare le tensioni, Paternò ha sollecitato Strano a chiedere «l’intervento di Turi Assinnata», boss di Paternò, con il suo gruppo («cinquanta motorini») per far «fronte all’eventualità di un’azione di forza da parte di Santapaola» che avrebbe disposto di una «squadra di otto scooter».Insomma l’intenzione sarebbe stata quella di non farsi trovare impreparati a un’eventuale guerriglia. E per questo sarebbe stato necessario reperire delle armi.Strano in qualche modo si è comportato come Ponzio Pilato. E ha cercato di allontanare la responsabilità da se stesso addossando la colpa a Castorina. Ragionando meglio, Paternò ha poi invitato alla calma, considerando che la vicenda «riguardava un familiare diretto dei Santapaola».La strategia decisa è stata quella di non fare il primo passo. Ma di attendere e casomai rispondere. E sarebbero stati pronti i santapaoliani di Paternò, Lineri e Librino.Ma è subito dopo questo incontro che in via Della Concordia avviene il confronto con i Santapaola. Ed è lì che è arrivata la parola della “matrona”: «Va bene Daniele… a posto Daniele». Poche parole. Ma chiare.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA