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«Nella lotta Raffaele era una forza ma il cuore lo costrinse a fermarsi»

Di Maria Elena Quaiotti |

«Era un talento di spessore, una vera forza della natura»: Salvatore Campanella, presidente e tecnico del Lotta Club Jonio di Catania, descrive così uno dei suoi atleti di punta. L’atleta è Raffaele Barresi, il 16enne morto improvvisamente venerdì scorso per un arresto cardiaco mentre si trovava a scuola, lasciando un vuoto incolmabile anche nei suoi compagni di squadra. Parole d’orgoglio e rispetto, lo stesso mostrato proprio dal Club nel quale Raffaele aveva militato fin da bambino e che ha scelto di non partecipare ai Campionati regionali che si sono disputati ieri a Termini Imerese, dove l’atleta catanese è stato ricordato con un minuto di silenzio.

Resta, pesante come un macigno, il dolore della famiglia Barresi. Era stata proprio la famiglia a spronare Raffaele a intraprendere uno sport non convenzionale, «ma che dagli anni ’50 agli anni ’90 era considerato quasi lo sport nazionale in città», spiega ancora scosso Campanella, che con il suo Club di stanza alla Plaia ha avvicinato molti giovanissimi ad uno sport nobile e dove si alternano tecnici dal passato glorioso (lui stesso è un ex olimpionico), che insegnano gratuitamente a tanti atleti, alcuni dei quali si sono rivelati vere promesse, come Raffaele. E sempre la famiglia era stata accanto a Raffaele nella difficile scelta di abbandonare l’attività agonistica a causa di una patologia cardiaca genetica accertata dopo esami specifici, un’assunzione di responsabilità accettata e superata grazie ai genitori e ai maestri, che non lo hanno mai abbandonato.

«Raffaele ha praticato lotta greco romana dai 9 ai 14 anni – ricorda Campanella – ottenendo risultati di altissimo livello. Nel 2016, prima di abbandonare l’agonismo, aveva battuto in soli 38 secondi Andrea Setti dell’Asd Lotta Rovereto, vincendo il titolo nazionale under 14 di categoria. Sono stati anni nei quali abbiamo vissuto con lui e gli altri allievi gioie, dolori, vittorie, sconfitte. Loro crescono con noi e noi cresciamo con loro, nonostante le esperienze a livelli internazionali vissute. Sono stati anni intensi di partenze, gare, fatica e accrescimento. Certo Raffaele non aveva preso bene l’idea di dover abbandonare l’agonismo, ma sarebbe stato scorretto farlo proseguire mettendo a rischio la sua salute. Avevamo perso un talento, ma era vivo e ce ne eravamo fatti una ragione».

«La sua patologia non sarebbe stata rilevata da una normale visita – precisa Campanella – qualsiasi medico sportivo non se ne sarebbe accorto, ma essendone consapevoli e in qualità di insegnanti si di uno sport ma anche di modelli di vita, ce ne siamo fatti una ragione e anche lui. Raffaele sarà sempre con noi e con lui la consapevolezza che qualcosa deve cambiare: sarebbe potuto succedere a chiunque, si deve capire che gli atleti e soprattutto quelli in giovanissima età devono essere seguiti da professionisti della medicina dello sport. Professionisti che ci sono e vanno messi a supporto non solo delle Federazioni. Non si scherza con la salute. Così come pretendiamo che si attivino più controlli nelle palestre e ovunque si svolga attività sportiva anche non agonistica, quindi scuole ma anche Grest, che sia presente personale qualificato e consapevole della sue responsabilità».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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