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A uccidere Aldo Naro in discoteca non è stato un solo calcio alla testa: tre rinvii a giudizio per omicidio

Il provvedimento del Gup conferma la tesi della famiglia secondi cui sarebbe state diverse persone a provocare la morte del giovane

Di Redazione |

Ad uccidere Aldo Naro, il giovane medico di 24 anni morto il 14 febbraio del 2015 nella discoteca Goa di Palermo, non sarebbe stato un solo calcio alla testa, ma numerosi colpi ricevuti da più persone. Dopo nuove indagini e nuove perizie, una riesumazione del cadavere e una nuova autopsia il gup di Palermo Rosario Gioia ha rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio volontario in concorso Gabriele Citarella, Francesco Troia e Pietro Covello, tre buttafuori che lavoravano nella discoteca dello Zen in cui perse la vita il ragazzo.

Il processo a loro carico comincerà davanti alla prima sezione della Corte d’Assise il 9 giugno. Un ruolo importante nella decisione del giudice l’hanno avuto il lavoro svolto dai consulenti nominati dagli avvocati Salvatore e Antonio Falzone che difendono i familiari della vittima – i medici Giuseppe Ragazzi, Salvatore Cicero, Giuseppe Pero e Salvatore Bartolone – e la nuova autopsia eseguita dai periti nominati dal gip Pietrantonio Ricci, Umberto Sabatini e Domenico Laganà.

«Dagli accertamenti eseguiti – dice l’avvocato Antonio Falzone – emergerebbe che ad uccidere Aldo Naro non fu solo un calcio, ma diversi colpiti ripetuti ricevuti in testa. E’ stata confermata l'ipotesi più volte ripetuta dalla famiglia della vittima e cioè che Il ragazzo sarebbe stato ucciso da un gruppo di persone al culmine di una rissa».

Sulla morte di Aldo Naro oltre a questo nuovo procedimento che si aprirà a giugno, sono state svolte diverse indagini. Una che ha portato alla condanna di un minorenne accusato e condannato per omicidio a 10 anni di reclusione. Il giovane ha già scontato la pena ed ha lasciato il carcere. L’imputato aveva 17 anni quando avvenne la rissa e faceva il buttafuori. Venne arrestato quattro giorni dopo la morte di Aldo.

Successivamente sono stati celebrati altri due processi per rissa. Uno in abbreviato che ha portato alla condanna in appello di un avventore e due buttafuori: Giovanni Colombo, Pietro Covello e Mariano Russo, che hanno avuto due anni di carcere e la condanna al risarcimento dei danni per le parti civili. Assolto, invece, un quarto imputato: Francesco Meschisi. Un altro processo, ancora in corso, vede imputati due buttafuori e il gestore della discoteca. Si tratta di Francesco Troia e Antonino Basile, indagati per concorso in rissa. Mentre il gestore del locale, Massimo Barbaro, risponde dell’accusa di favoreggiamento.

«E' stata una lunga giornata piena di emozioni. Il rinvio a giudizio degli indagati è frutto della nostra caparbietà – è il commento di Rosario Naro, generale dei carabinieri, padre di Aldo -, del lavoro degli ottimi avvocati e dei consulenti. Senza la nostra ferma convinzione la morte di mio figlio sarebbe stata giudicata in un processo per rissa dove l'unico imputato era un minorenne colpevole di avere sferrato un calcio. Adesso dopo sette anni forse conosceremo la verità su quello che è successo quella sera e forse avremo giustizia». 

«Non sono stati semplici questi anni per me e la mia famiglia. Ma grazie all’appoggio di mia moglie e di mia figlia siamo arrivati a questo punto. Nessuno di noi ha creduto che mio figlio sia morto per un solo calcio. Adesso – ha concluso il padre del giovane medico – sono certo che mio figlio ci guarda dal paradiso e ci sorride». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA