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L'OPERAZIONE

Agrigento, scoppia lo scandalo Girgenti Acque: arresti eccellenti e “colletti bianchi” indagati

Il gestore unico del servizio idrico integrato della provincia agrigentina aveva ricevuto  un'interdittiva antimafia nel novembre del 2018

Di Redazione |

Vasta operazione di Polizia giudiziaria sul territorio nazionale coordinata dalla procura di Agrigento. Militari dell’Arma dei Carabinieri e della Tutela per l'Ambiente, della Guardia di Finanza e personale della Direzione investigativa antimafia, hanno eseguito una serie di misure cautelari personali per associazione a delinquere di "colletti bianchi" finalizzata alla commissione di delitti contro la Pubblica amministrazione, frode in pubbliche forniture, furto, ricettazione, reati tributari, societari e in materia ambientale. 

I fermati sono: Marco Campione, 60 anni, ex presidente di Girgenti Acque; Pietro Arnone, 58 anni, amministratore unico di Hydortecne; Calogero Patti, 53 anni; dipendente di Girgenti Acque;Angelo Piero Cutaia, 51anni, direttore amministrativo di Girgenti Acque; Gian Domenico Ponzo, 54 anni, direttore generale Girgenti Acque; Francesco Barrovecchio, 61 anni, responsabile tecnico Hydortecne; Calogero Sala, 61 anni, direttore tecnico e progettazione Girgenti Acque; Igino Della Volpe, 63 anni, membro del consiglio di amministrazione di Girgenti Acque.

Al centro della vicenda, la società per azioni Girgenti Acque, gestore unico del servizio idrico integrato della provincia di Agrigento, destinataria di certificazione interdittiva antimafia nel novembre del 2018. Tra gli indagati figurano imprenditori, professionisti, politici di rilievo nazionale, funzionari pubblici con responsabilità di vertice e appartenenti alle forze dell’ordine. 

Sono otto i fermi di indiziato di delitto a vario titolo, emessi dalla Procura di Agrigento, nell’ambito dell’inchiesta su "Girgenti Acque". Le indagini della Procura della Repubblica di Agrigento, coordinate dal Procuratore Aggiunto Salvatore Vella e dai Sostituti Procuratori Paola Vetro, Sara Varazi e Antonella Pandolfi, sotto la direzione del Procuratore della Repubblica Luigi Patronaggio, «hanno permesso di accertare l’esistenza di una associazione a delinquere che operava in seno alla Governance della società Girgenti Acque S.p.a.».  

«Al vertice del sodalizio criminale l’imprenditore Marco Campione, già presidente del C.d.A. di Girgenti Acque e amministratore di fatto delle società del c.d. “Gruppo Campione” – dicono gli inquirenti – Le indagini condotte dalla Polizia Giudiziaria hanno coniugato classiche procedure investigative d’intercettazione, telefoniche, ambientali e di servizi di osservazioni, controllo e pedinamento, a un’attenta attività di verifica di bilanci societari e flussi finanziari».

I dettagli dell’operazione, convenzionalmente denominata ''Waterloo”, sono stati illustrati nel corso della conferenza stampa, le indagini «hanno disvelato una potente azione di lobbying e la creazione di un vasto sistema di corruttele volto ad eludere i controlli degli enti preposti». Ne sono convinti gli inquirenti. «Falsi in bilancio ed un sistema di accentramento degli appalti in capo alle imprese del presidente del consiglio di amministrazione di Girgenti Acque, Marco Campione, hanno permesso allo stesso di operare in regime di monopolio con relativi guadagni», dicono i magistrati. 

Le indagini si sono avvalse di intercettazioni telefoniche, ambientali e di servizi di osservazioni, controllo e pedinamento, ad un’attenta attività di verifica di bilanci societari e flussi finanziari. 

«A fronte di una provincia che grida sete e di una interdettiva pronunciata circa 5 anni fa, nel 2018 per la precisione, ad oggi non siamo andati oltre questa gestione commissariale. Ne prendiamo atto, ma dovevano essere date delle risposte un pò più concrete. Anche questi elementi ci hanno portato ad agire e ad accelerare i tempi di questa indagine», ha detto il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, in merito agli 8 provvedimenti di fermo. Alla base dei provvedimenti di fermo della Procura vi è la ritenuta esigenza cautelare «della possibilità di trasferire ingenti capitali all’estero». 

 «Anche per questo abbiamo effettuato i fermi – ha spiegato, durante la conferenza stampa, il procuratore capo Luigi Patronaggio – . Si tratta di soggetti che si muovono a livello internazionale, che hanno la capacità non solo di andare all’estero, ma anche di movimentare capitali su conti esteri».

«E’ stato permesso alle società facenti capo a Marco Campione di gestire in modo illegale e monopolista tutto il settore delle acque in provincia di Agrigento», ha detto ancora  Patronaggio. «La sistematica e diffusa corruzione dei soggetti preposti ai doverosi controlli di gestione, alla correttezza e imparzialità di gestione, alla corretta concorrenza fra imprese, hanno permesso agli indagati, tutti appartenenti al disciolto Cda e ai vertici della società, di arricchirsi illegalmente, costituendo – ha incalzato Patronaggio – una vera e propria associazione per delinquere. Il reticolo di connivenze e compiacenze, create dagli 8 indagati, è andato oltre a quello che in un primo momento era stato definito come "assumificio". Mi sento di parlare di una fitta rete di lobbying ai più alti livelli, una capacità di penetrare all’interno dei meccanismi di controllo impressionante». Marco Campione "é stato in grado di muoversi con grande abilità e spregiudicatezza, stringendo legami con politici, anche a livello nazionale, con amministratori pubblici, con uomini delle istituzioni , i quali, nel corso degli anni, si sono adoperati per garantire a Campione una ampia tutela e per agevolarne illegittimamente i molteplici interessi economici, ottenendone in cambio favoritismi clientelari, realizzati attraverso le numerose assunzioni alla Girgenti Acque o presso la controllata Hydrotecne, società di cui Campione costituiva il dominus". Lo scrive il gip nella misura cautelare. 

Le investigazioni dei carabinieri del Noe hanno permesso di disvelare – ha spiegato Patronaggio – la mancata o insufficiente depurazione delle acque e una truffa nelle tariffe imposte ai consumatori e agli enti pubblici. E’ noto, perché abbiamo fatto 13 sequestri di impianti, che gli indagati non hanno efficacemente depurato le acque e invece in bolletta figurava il costo della depurazione. Molte associazioni di consumatori hanno protestato e abbiamo lavorato anche in tal senso».

«Nonostante la ricchezza di acque, in questa provincia il bene non è accessibile a tutti. Ecco dove nasce l’azione investigativa dell’Arma. Da un lato, abbiamo i "signori dell’acqua" che con un’azione criminale, affiancata da una mala gestione, creano un danno erariale principalmente a carico dei cittadini che non hanno acqua potabile, non hanno acqua depurata, subiscono un danno alla salute e all’ambiente – ha spiegato il colonnello Vittorio Stingo, comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento – . Ecco, dunque che interveniamo noi, a proteggere la nostra gente, a tutelare i diritti alla salute e all’ambiente». "Dietro c'è sempre il guadagno economico. Risparmiare i costi di depurazione è una consuetudine ed è fondata – ha spiegato il tenente colonnello Pasquale Spataro, comandante del gruppo carabinieri tutela ambientale di Napoli – . Più depuro e più produco fanghi che sono un rifiuto. Una tonnellata di fango per smaltirla necessita di 120 euro. In questo caso, la procedura è stata la più semplice: si ometteva totalmente la depurazione e ciò che confluiva nei corsi d’acqua era il refluo fognario tale e quale». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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