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Catania, i boss mafiosi (e le mogli) col reddito di cittadinanza: revoca per cinque

La Procura etnea e i carabinieri hanno scoperto le posizioni irregolari che, dal marzo del 2020 al settembre scorso hanno permesso di incassare indebitamente quasi 50 mila euro

Di Redazione |

I Carabinieri di Paternò, nel catanese, hanno denunciato cinque persone, mafiosi o familiari di mafiosi, gravemente indiziate di aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza, utilizzando dichiarazioni mendaci e omettendo informazioni dovute. Gli investigatori hanno scovato persone che, pur essendo gravate da sentenze passate in giudicato per i reati di associazione di tipo mafioso, hanno personalmente richiesto ed ottenuto il beneficio. 

Tra queste, in particolare, P.P. attualmente detenuto, capo e organizzatore del clan Alleruzzo-Assinnata-Amantea, articolazione territoriale della famiglia Santapaola-Ercolano di Catania, tratto in arresto nell’ambito della recente operazione Sotto Scacco condotta dalla Compagnia Carabinieri di Paternò e dalla D.D.A. della Procura etnea del 4 maggio dello scorso anno con 40 ordinanze di custodia cautelare in carcere; A.R., attualmente detenuta, appartenente al clan Rapisarda, attivo nel comune di Paternò e articolazione locale della famiglia Laudani di Catania, moglie di Rapisarda Salvatore, alias Turi u porcu, reggente dell’omonimo clan, attualmente detenuto in regime speciale art.41-bis; S.S. appartenente al gruppo di Picanello della famiglia Santapaola-Ercolano di Catania, nonché altre due donne che hanno richiesto e ottenuto il beneficio, per conto dei propri coniugi, pur essendo anche quest’ultimi gravati da sentenze di condanna definitive per associazione di tipo mafioso. 

Il beneficio, concesso a richiesta dei cittadini, è subordinato ad una serie di requisiti da possedere cumulativamente all’atto della presentazione dell’istanza e per tutta la durata del beneficio. Nello specifico, colui che lo richiede e i componenti del nucleo familiare del richiedente, nei dieci anni precedenti, non devono essere stati condannati (con sentenze irrevocabili) per reati, tra gli altri, di associazione di tipo mafioso o truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. L’importo complessivo riscosso indebitamente, a vario titolo tra marzo 2020 e lo scorso settembre, è di oltre 48mila euro.

L’Inps, che ha confermato l’importo, su delega della Procura della Repubblica di Catania ha revocato immediatamente il beneficio e avviato le necessarie procedure di restituzione di quanto illecitamente percepito, evitando così che l’Erario continuasse ad elargire ai soggetti denunciati ulteriori consistenti somme non dovute nel corrente mese. Le numerose operazioni condotte in ambito provinciale dai reparti dell’Arma, anche in collaborazione con il Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Catania, hanno consentito, nell’anno 2021, di acquisire elementi indiziari sul conto di 149 persone che, a vario titolo, con false attestazioni, hanno indebitamente goduto delle somme di denaro pubblico destinate loro per un ammontare complessivo di oltre un milione di euro.  Di rilievo, in particolare, gli accertamenti che nell’aprile scorso hanno consentito, su delega della Procura Distrettuale etnea, l'esecuzione di un decreto di sequestro preventivo delle carte di reddito di cittadinanza nei confronti di 76 soggetti (tra questi anche alcuni cosiddetti uomini d’onore, indebiti percettori per aver utilizzato dichiarazioni attestanti cose non vere nonché omettendo informazioni dovute. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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