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IL RETROSCENA

Dal Covid ai profughi ucraini, il piano siciliano per salvare gli hub (e un bacino di 9mila precari che fa gola)

Il 31 marzo addio allo stato d'emergenza, ma subentra l'accoglienza. ecco il progetto della Regione per rinnovare i contratti

Di Mario Barresi |

Ci sono, all’orizzonte, due questioni da affrontare. La prima, che Nello Musumeci minimizza, è legata al flusso dei profughi in arrivo dall’Ucraina. «Per ora la “domanda”di ospitalità  è soddisfatta dall’“offerta” delle famiglie siciliane», assicura il governatore da Casa Minutella. Aggiungendo che «il governo regionale si sta preparando: ho incontrato i nove prefetti, c’è già un ufficio speciale per l’immigrazione». Una task-force che fa capo all’assessorato alla Famiglia, in cui siede la Protezione civile regionale ma anche l’assessore alla Salute Ruggero Razza. Proprio perché, annota Musumeci, «la prima misura di accoglienza è di tipo sanitario: la presa in carico da parte delle Asp per tamponi ed eventuali vaccini».

E qui s’incrocia la seconda questione. Dal 31 marzo, con la fine dello stato d’emergenza nazionale, parte la smobilitazione della complessa (e costosa, se non utilizzata a pieno regime) macchina regionale anti-Covid. Un percorso progressivo, ma irreversibile. E in parte già avviato. A Catania il commissario Covid, Pino Liberti, ufficializza la «rimodulazione degli hub vaccinali» con «un ridimensionamento» che «sarà messo a punto e formalizzato il prossimo lunedì». A proposito: anche i contratti degli stessi commissari (di Catania, Palermo e Messina) sono in scadenza il 31 marzo.

Ma, archiviata un’emergenza, se ne apre un’altra. Adesso arrivano i profughi. Il piano del governo Musumeci si basa proprio su questo “switch”: dalla pandemia all’accoglienza. Traendo spunto da una direttiva del ministero della Salute, con oggetto «Crisi Ucraina: prime indicazioni», indirizzata agli assessori regionali, in cui «si prega di voler allertare le Aziende sanitarie locali ai fini della individuazione e della predisposizione di risorse necessarie» per tamponi e vaccini. «Le Asl dovranno, inoltre, assicurare le necessarie attività di sorveglianza, prevenzione e profilassi vaccinale – scrivono i direttori generali della Prevenzione e della Programmazione, Giovanni Rezza e Andrea Urbani – anche in relazione alle altre malattie infettive».

Un assist perfetto per Razza, che mercoledì sera ha fatto il punto con il governatore, alla presenza dell’assessore Antonio Scavone e del capo della Protezione civile, Salvo Cocina. Sul tavolo, oltre all’accoglienza dei profughi, anche l’aspetto sanitario. In cui un aspetto politicamente sensibile riguarda la sorte dei circa 9mila precari Covid, di cui oltre 6mila personale sanitario. L’ultima legge di bilancio nazionale aprirebbe degli spiragli: è possibile allungare fino a tutto il 2022 (se ci sono posti vuoti nelle piante organiche) i contratti dei medici specializzandi, ma anche assumere a tempo indeterminato camici bianchi, infermieri e operatori socio-sanitari, purché  abbiano maturato 18 mesi di servizio (6 tra gennaio e giugno 2020), ma soprattutto siano entrati con selezione pubblica.

Requisito, quest’ultimo, che quasi nessuno, in Sicilia, possiede: s’è attinto da liste di manifestazioni di disponibilità o, per  i più rapidi e fortunati, da un “click-day”. E tutti assunti con rapporti co.co.co. o contratti a partita Iva. Assai gratificanti, se un medico precario impegnato in un hub etneo è arrivato a guadagnare «fino 17mila euro al mese», come candidamente ammesso dalla titolare di un laboratorio d’analisi, madre di uno specializzando, in una recente audizione in commissione Salute all’Ars. A Catania Liberti ha però ridotto il compenso orario da 60 a 40 euro, con un tetto massimo di 200 ore e dunque “soltanto” di 8mila euro mensili.

Proprio in commissione all’Ars lo stesso Razza ha anticipato alcune delle prossime mosse: un «provvedimento organico per rinnovare i contratti nel rispetto delle norme», da portare in giunta «a metà marzo», dopo averlo «condiviso con la commissione». Nella strategia dell’assessore, col conforto dei sindacati che spingono sulla vertenza,  percorsi differenziati. Ma con un presupposto comune: per nessuno è prevista la stabilizzazione automatica. I circa 4.500 infermieri e operatori sono favoriti, anche in prospettiva di assunzione, dalla norma nazionale, oltre che da oggettivi vuoti nelle piante organiche degli ospedali siciliani.

Più arduo l’iter  per i medici: si pensa a riserve di posti nei futuri concorsi, ma il rebus  impellente è come prorogare i contratti di chi, entrato senza concorso, non ha i requisiti previsti dalla manovra nazionale. In ogni caso, per entrambe le categorie, dovrebbe tramontare l’era dei ricchi compensi libero-professionali legati all’emergenza: si passerà a contratti (a termine) di categoria.

Quasi impossibile, invece, è mantenere il personale non sanitario: amministrativi, tecnici e informatici impiegati negli hub e nelle Usca, ma soprattutto dalle strutture commissariali, call center compresi. Anche perché lo status degli oltre 2.500 precari siciliani è unico nel panorama nazionale: nessuna selezione per titoli o esami, tutti assoldati con la lotteria del “click-day”. Musumeci e Razza hanno incontrato, lunedì scorso al PalaRegione di Catania, una delegazione di questi precari, due per ogni provincia. Assicurando loro «il massimo impegno, nonostante le difficoltà oggettive».

Si tratta, compreso il personale sanitario, di un bacino elettorale che fa gola a tutti. I precari Covid sono stati invitati (e alcune centinaia erano presenti) all’ultima affollata kermesse di DiventeràBellissima alle Ciminiere di Catania. E non è un caso che la deputata leghista Marianna Caronia, subito dopo la seduta in commissione, si sia affrettata a comunicare che «si va verso la proroga dei contratti per il personale medico, sanitario e amministrativo», né che il collega autonomista, Totò Lentini, ieri declami che «la politica anche questa volta è chiamata a trovare una soluzione», riferendosi alla categoria degli oltre 2.500 non sanitari che «potrebbe essere importante in vista dell’apertura di ospedali e case di comunità» con «contratti part time con i fondi del Pnrr».

Ma la soluzione ce l’ha in tasca Razza: subito proroga (al 30 giugno o 31 dicembre) per tutti, con un futuro piano di stabilizzazione che passerebbe dal transito di una parte dei precari in Seus. In nome del «nuovo aumento della curva dei contagi», oltre che della «quinta ondata che si manifesta già ad Hong Kong, prevista da noi in autunno». Ma, bontà loro, grazie anche ai profughi ucraini. Per accogliere i quali c’è chi resta convinta che «basta la sperimentata organizzazione di terzo settore e comuni», come sostiene, «in veste di sindaco di Montevago», Margherita La Rocca Ruvolo, presidente della commissione Salute all’Ars.

Twitter: @MarioBarresi

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