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Dal granaio d’Europa al granaio di Sicilia: ma negli ultimi 15 anni addio a migliaia di ettari

Effetti della guerra sul nostro territorio. Il conflitto fa impazzire i prezzi dei cereali e Coldiretti provinciale lancia un appello affinché venga esportata e valorizzata la materia prima locale 

Di William Savoca |

Le speranze riposte sul «granaio di Sicilia» Effetti della guerra sul nostro territorio. Il conflitto in Ucraina fa impazzire i prezzi del grano e dei trasporti e Coldiretti provinciale lancia un appello affinché venga esportata e valorizzata la materia prima locale  L'inflazione e la guerra in corso, seppur da noi distante migliaia di chilometri, stanno seriamente condizionando l'economia italiana con una serie di rincari a cui in questi giorni, ai già ben noti carburante ed energia, si è unito il prezzo del grano. Dal “granaio d'Europa”, qual è conosciuta l'Ucraina, al granaio di Sicilia, com'è storicamente rinomata Enna, la situazione è di forte apprensione sul fronte economico. Ed è anche paradossale perché pur avendo la materia prima dentro i propri confini, l'Italia guarda spesso fuori.

A parlare con «La Sicilia» di come il settore agricolo della provincia di Enna sta vivendo questo momento è la presidente di Coldiretti Giusy Fiumefreddo che inizia subito con il dire che «sicuramente tutti gli aumenti che ci sono stati incidono perché comunque il caro benzina e le materie prime hanno incidenza sul nostro lavoro ed è normale che creino quello che possiamo chiamare un disagio nel settore».

Sentir parlare nell'entroterra siciliano di aumenti del grano legati ai venti di guerra provoca certamente una sensazione strana.

«Siamo in una regione ed in un territorio dove la produzione del grano è tra le più ricche e fiorenti e questa situazione ci sta creando dei paradossi ai quali non eravamo abituati e non ci siamo ancora abituati» riconosce Fiumefreddo secondo cui «per prendere in mano la situazione che si è prospettata molto rapidamente e per trovare gli strumenti per gestirla al meglio, c'è bisogno di tempo, anche perché non riguarda noi. Servirà un lavoro più di precisione, bisogna agire in maniera diretta nel settore e in modo che l'azione possa produrre, anche se non nell'immediato, una gestione più equilibrata e più fattibile dell'intero comparto». Al momento, confessa, «la situazione è particolare ma non drammatica, ma se non si riesce a trovare una gestione oculata potrebbe trasformarsi in qualcosa di più difficile da affrontare».

Appena tre settimane fa Enna è stata tra le sedi regionali dove la Coldiretti ha protestato contro l'aumento dei prezzi di energia e carburante appellandosi alle autorità regionali e nazionali dai quali si attendono risposte che, riconosce Fiumefreddo, «necessitano di tempo».

Dalla presidente provinciale di Coldiretti infine un auspicio: «Spesso paradossalmente nelle situazioni più estreme accadono le cose che in una situazione di tranquillità e di normalità solitamente non avvengono. Le situazioni estreme aiutano ad avere reazioni forti nel senso positivo, spero quindi che si possa trarre il meglio, per ora e per il futuro».

La speranza delle aziende ennesi e di tutti i suoi occupati è che si possa rilanciare il made in Sicilia ed in particolare quello prodotto in provincia di Enna dove sono tante le aziende che producono prodotti di eccellenza pronti ad arrivare sulle tavole italiane ed aiutare così l'economia locale. 

Il problema però è che – come sottolineato da Coldiretti Sicilia – negli ultimi vent'anni il prezzo del grano è stato talmente irrisorio che molti agricoltori hanno anche smesso di produrlo. Rispetto al 2020 non si è seminato in centinaia di ettari e negli ultimi 15 anni sono migliaia quelli non più coltivati a cereali. Tanto che nel primo trimestre del 2021 la Sicilia ha importato cereali dall’Ucraina per oltre 1,8 milioni di euro. Il dato Istat, elaborato da Coldiretti Sicilia, fotografa una situazione in cui anche nell’Isola arriva quanto prodotto dal Paese invaso dalla Russia. Le importazioni riguardano soprattutto il grano tenero e mais ma con quella che si prevede un’annata difficile per il grano siciliano, si ridurranno le scorte. Nella nostre Regione – sottolinea Coldiretti Sicilia – l’anno scorso su circa 265 mila ettari sono stati prodotti oltre 7 milioni di quintali di grano duro.

Il nostro grano – prosegue Coldiretti Sicilia – va in altre Regioni perché manca il segmento della trasformazione: mandiamo grano, torna la pasta e la paghiamo di più. Questo è un anno difficile per i cerealicoltori – aggiunge -. Il maltempo dei mesi scorsi ha provocato il ritardo della semina per via dei nei campi allagati. L’annata sta continuando peggio  a causa degli altissimi costi di produzione già moltiplicati soprattutto quelli dei concimi e del carburante. In molte zone poi la siccità sta rallentando molto la crescita. Il grano duro italiano poi è pagato agli agricoltori nazionali meno di quello proveniente dall’estero da Paesi come il Canada dove è coltivato peraltro con l’uso del diserbante chimico glifosato in preraccolta, vietato in Italia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA