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Denise, l’ex capo della Mobile di Trapani: «Ecco perchè le indagini partirono in ritardo»

Giuseppe Linares ha deposto come teste in Tribunale, a Marsala, nel processo che vede imputata di false informazioni alla giudice Maria Angioni. Il pm Roberto Piscitello smentisce le dichiarazioni del consulente Genchi

Di Redazione |

«Fino al 4 settembre 2004, Piera Maggio e Piero Pulizzi non dissero che Denise non era figlia di Antonino Pipitone. Solo il 4 settembre, dopo che il pm chiese la prova del Dna, Piera Maggio rivelò che la bambina era figlia di Pietro Pulizzi e che Anna Corona (ex moglie di Pulizzi, ndr) era per questo arrabbiata con lei. E ciò provocò un ritardo nelle indagini».

Lo ha rivelato Giuseppe Linares, ex capo della Squadra Mobile di Trapani e attualmente alto funzionario del ministero dell’Interno, deponendo, in Tribunale, a Marsala, nel processo che vede imputata di false informazioni al pm Maria Angioni, attualmente giudice a Sassari. Angioni, ex pm che indagò sulla scomparsa di Denise, è finita sotto inchiesta nell’ambito delle nuove indagini aperte dalla Procura sul caso nella primavera dello scorso anno. Il magistrato aveva denunciato depistaggi e inefficienze nei primi accertamenti sulla scomparsa di Denise lanciando accuse agli investigatori dell’epoca poi rivelatesi false. «Anna Corona – ha aggiunto il teste – venne ascoltata da due ufficiali dei carabinieri la stessa sera dell’1 settembre 2004, il giorno in cui sparì Denise Pipitone, ma la madre della bambina (Piera Maggio, ndr) ha eluso per due giorni ogni informazione negando la relazione sentimentale con Piero Pulizzi, che a sua volta aveva definito "dicerie" quelle voci». Corona è stata indagata nei mesi scorsi per la scomparsa della bambina, ma il gip, accogliendo la richiesta della Procura, ha archiviato l’indagine. 

«L'ex dirigente del commissariato di Mazara del Vallo Antonio Sfameni faceva benissimo il suo lavoro e non aveva avuto alcun rilievo dalla Procura di Marsala che, anzi, più volte aveva riconosciuto la sua professionalità con elogi», ha quindi aggiunto Giuseppe Linares. Oggetto del processo come ha evidenziato in aula il pm Piscitello, è la presunta «inaffidabilità o infedeltà, all’epoca, del commissariato di Mazara». Angioni ha dichiarato che da maggio 2005, proprio sulla base dei suoi dubbi sull'operato della polizia, non diede più deleghe di rilievo al commissariato di Mazara, ma si limitò a delegare soltanto adempimenti meno importanti. Oggi, invece, il pm Piscitello ha prodotto «atti da cui si evince – ha detto – la perduranza delle indagini di polizia del commissariato di Mazara anche dopo maggio 2005. Sono 49 documenti del 2005 e non si tratta di deleghe poco importanti». 

«Non è vero quanto riferito da Gioacchino Genchi, consulente della Procura di Marsala, nel processo di primo grado a Jessica Pulizzi e a Gaspare Ghaleb: e cioè che Stefania Letterato all’improvviso aveva smesso di parlare al telefono con Anna Corona. Le sue dichiarazioni sono smentite dalla lettura dei brogliacci delle intercettazioni da cui emerge che le due donne continuarono a parlare per tutto il periodo delle intercettazioni» ha detto il pm Roberto Piscitello.   Proprio dalle dichiarazioni di Angioni emerse che Stefania Letterato, amica (e poi moglie) di Antonio Sfameni, all’epoca dei fatti dirigente del commissariato di polizia di Mazara, potesse aver saputo che la Corona era sottoposta ad intercettazioni e averla avvertita. Da qui l’interruzione delle telefonate tra le due donne, smentita oggi dal pm.   Circostanza che anche Sfameni, attualmente capo della Squadra mobile di Catania, ascoltato ad inizio udienza, ha categoricamente smentito. 

 «I rapporti con la Procura di Marsala erano distesi – ha spiegato Sfamemi – C'erano anche occasioni conviviali con i vertici dei commissariati di Marsala e Mazara e i magistrati della Procura. Io indagato? Mai avuta alcuna notizia in tal senso, né formalmente né informalmente». Evidenziando, poi, tutta la sua «amarezza» per i sospetti nati a causa dei suoi rapporti con la Letterato, il funzionario di polizia ha mostrato copia dei numerosi «encomi» ed «elogi» ricevuti nel corso della sua carriera dall’ex procuratore di Marsala Antonino Silvio Sciuto, capo dell’ufficio quando sparì Denise, dal questore e persino dall’ex capo della polizia Manganelli. Elementi che smentiscono che i pm diffidavano di lui. Alla prossima udienza, il 23 giugno, verrà ascoltata Maria Angioni e due testi della difesa, rappresentata dagli avvocati Stefano e Andrea Pellegrino.   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA