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LA BUFERA SUL VOTO

Il candidato all’Ars finito in carcere e quel patto “scellerato” con i boss: 20.000€ per i voti di 4 paesi

In manette anche Piera Lo Jacono, intermediaria tra il politico e i clan che dicevano di controllare i voti di Carini, Torretta, Cinisi, Terrasini

Di Redazione |

«Piera… io posso corrispondere al momento di tre al massimo quattro paesi, e basta. E sono: Carini, Torretta, Cinisi, Terrasini». «Bravo». «Da lì io non mi sposto più perché non voglio più avanzare». E’ una delle conversazioni intercettate dai Carabinieri tra Giuseppe Lo Duca e Piera Lo Iacono, entrambi arrestati nella notte per voto di scambio politico-mafioso. con Salvatore Ferrigno, candidato del centrodestra per le elezioni regionali tra le fila di Popolari e Autonomisti di Raffaele Lombardo, lista della coalizione di centrodestra che supporta il candidato governatore Renato Schifani,. «Sicché, Lo Duca, anche in ragione della sua “amicizia” con il candidato, che sarebbe stata a quest’ultimo chiaramente evidente, allorché avrebbe ricevuto il messaggio di Lo Iacono, quantificava la propria richiesta di denaro in cinquemila euro per ognuno dei quattro comuni («non meno di cinque a paese»), scrive il gip Fabio Pilato nella misura cautelare. 

«Ora tu per qua gli dici “ascoltami…” gli dici “avendo una persona… che già ci siamo capiti pure chi è, avendo quest’amicizia… non meno di cinque a paese!…”», si legge ancora nella intercettazione. «Lo Duca, ancora, giustificava la sua richiesta con la necessità di dover corrispondere la metà della cifra richiesta a ogni “paese”, con tale termine chiaramente indicando il vertice mafioso operativo in quei comuni», dice il gip. 

«(inc.) io posso corrispondere quattro, di qua e già sono questi di qua… e questi non me li deve toccare nessuno Piè, perché ogni paese io gli devo lasciare la metà», dice Lo Duca. E la donna replica: «Certo perché sennò non ti cercano più». «Pierù, andiamo dai…». «Eh».

«Vedi che a Cinisi, gli presento cinquemila… "millecinque tu e millecinque io" … non c'è niente da fare!». «Eloquente l’ultima espressione di Lo Duca («non c'è niente da fare»): la spartizione della somma con ciascun rappresentante di Cosa nostra di ogni paese era necessaria al fine di garantire un introito economico alla articolazione mafiosa che si sarebbe dovuta mobilitare e di assicurare, analogamente a quanto avviene nel meccanismo delle «messe a posto» il dovuto rispetto e riconoscimento ai mafiosi di quei comuni», dice il gip.

«A questo punto la Loiacono chiedeva a Lo Duca se avesse certezza circa la effettiva disponibilità del denaro necessario da parte del politico destinatario della loro proposta («ma dimmi una cosa, lui ha questa possibilità?»). Lo Duca affermava di sapere che il loro interlocutore aveva le necessarie disponibilità finanziarie (''so che sta bene economicamente")».

Lo Duca, nel corso della conversazione, faceva poi un chiaro ed esplicito riferimento alla propria capacita di condizionamento del voto, quantificando per il solo comune di Carini il numero di preferenze che avrebbe fatto ottenere a Ferrigno». «…Non meno di duecento voti a paese. Dico, io ho i miei e in quarantamila quando gliene porto duecento che minchia vuole!…»). 

Secondo quanto scrive il Gip di Palermo «lo scellerato patto di scambio fra gli indagati» è «avvenuto secondo le tipiche modalità del contratto illecito concluso tramite rappresentante: Salvatore Ferrigno, candidato alle elezioni regionali del 25 settembre, ha accettato l'offerta di raccolta dei voti formulata da Piera Lo Iacono in nome e per conto del mafioso Giuseppe Lo Duca, promessa qualificata dalla contemplatio domini, dietro la promessa di erogazione di danaro, cui peraltro ha fatto seguito la materiale dazione».

L'«intermediairia» Piera Maria Loiacono, si è rivelata – secondo il Gip una «figura perfettamente trasversale tra il mondo della politica e quello mafioso».  «Una donna intrisa di una sconcertante cultura mafiosa», scrivono i pm nella richiesta di misure cautelari. Ex assessore della Giunta comunale di Campofelice di Fitalia (Palermo), nel 2017, era stata candidata, come outsider, alla Presidenza della Regione siciliana con il sostegno del movimento politico 'Libertas' e dei liberal socialisti.

Le telecamere piazzate dai carabinieri di Palermo lo scorso 17 settembre hanno ripreso la consegna di denaro da parte del candidato dei Popolari Autonomisti all’Ars Salvatore Ferrigno a Piera Loiacono, intermediaria tra il politico e il mafioso Giuseppe Lo Duca. I soldi, secondo i pm, erano destinati a Lo Duca. Sia Lo Duca che Ferrigno e la donna sono stati arrestati per scambio elettorale politico-mafioso. Ferrigno e la Loiacono si incontrano in un bar di Carini: «Alle 20:18 – scrivono i carabinieri – si aveva modo di riprendere Ferrigno nell’atto di prendere qualcosa dalla tasca dei pantaloni per poi consegnarla alla Loiacono che repentinamente riponeva tutto nella borsa».

Le cimici piazzate nell’auto della Loiacono confermano che la donna aveva ricevuto da Ferrigno mille euro con la promessa di ulteriori consegne di soldi. «E Peppe si accontenta?» chiede alla Loiacono, riferendosi a Lo Duca, l’uomo che è con lei in auto. «E se non si accontenta non posso fare più niente», risponde l'indagata. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA