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il femminicidio

L’ossessione di Giovanni per Alessandra: spiava chat e email e pretendeva video ogni 10 minuti

L'autopsia ha confermato che la donna è morta a causa dello sfondamento del cranio. Il racconto di quel rapporto nella denuncia presentata dalla vittima ai carabinieri lo scorso 29 luglio, 25 giorni prima  di essere uccisa

Di Redazione |

Martellate al cranio ma anche altre lesioni rilevate a livello del torace. È quanto sarebbe emerso dall’autopsia di Alessandra Matteuzzi, la donna di 56enne uccisa a martellate la sera del 23 agosto scorso sotto casa a Bologna dall’ex compagno Giovanni Padovani, il calciatore della Sancataldese arrestato dalla Polizia. Alessandra è morta – secondo il medico legale Guido Pelletti – a causa di un’emorragia dovuta allo sfondamento del cranio. La donna era stata trasportata in ospedale in condizioni disperate ma è morta due ore dopo l’arrivo al pronto soccorso.

Un femminicidio che si poteva evitare? A questa domanda risponderanno gli accertamenti disposti dal ministro della Giustizia Marta Cartabia. Ma intanto emerge il racconto dell’incubo e gli allarmi inascoltati di Alessandra nella sua denuncia presentata lo scorso 29 luglio ai carabinieri nella quale segnalava il comportamento ossessivo di Padovani.

«Tutte le volte in cui io ho accondisceso alle richieste di Padovani è stato per paura di scatenare la sua rabbia» ha raccontato Alessandria ai militari che raccoglievano la sua querela. «Alla luce di tutte le occasioni in cui è riuscito ad accedere al condominio dove abito, ho sempre timore di ritrovarmelo davanti ogni volta che torno a casa, o quando apro le finestre» ha denunciato la donna meno di un mese prima di essere uccisa. Alessandra ha anche denunciato di essere controllata costantemente sui social dal compagno. Oltre alle richieste continue di inviargli foto e video per dimostrare dove si trovava, Padovani avrebbe modificato le password dei profili social: «Ho potuto constatare – raccontava – che erano state modificate sia le email che le password abbinate ai miei profili, sostituite con indirizzi di posta elettronica e password riconducibili a Padovani».

Inoltre «ho rilevato anche che il mio profilo Whatsapp era collegato a un servizio che consente di visualizzare da un altro dispositivo tutti i messaggi da me inviati. Ne ho quindi dedotto che nei giorni in cui era stato da me ospitato era riuscito a reperire tutte le mie email e le mie password che avevo memorizzato nel telefono».

«Il nostro rapporto si basava sempre sull'invio da parte mia dei video che lui mi aveva chiesto e di videochiamate, ma questo non è bastato a frenare la sua gelosia, perché i dubbi sulla mia fedeltà non sono mai passati. Anche una semplice foto da me postata sui social e che inquadrava le mie scarpe appoggiate sul cruscotto dell’auto al rientro da una trasferta di lavoro era stata motivo di una sua scenata» ha raccontato ai carabinieri Alessandra Matteuzzi, Nella denuncia Matteuzzi ha riferito dei controlli a cui era sottoposta, delle volte in cui lui si è presentato sotto casa. Giovanni Padovani non era mai stato aggressivo, a parte una volta, in Sicilia, in cui l’aveva spintonata facendola cadere su un letto, non c'erano state mai aggressioni fisiche. Anche a metà luglio, quando i due avevano avuto un riavvicinamento dopo un periodo di crisi: tra il 14 e il 22, come ha raccontato Alessandra, «è stato più volte aggressivo nei miei confronti, ma non ha mai usato violenza fisica, sfogando la sua rabbia, sempre dovuta alla gelosia, con pugni sulla porta».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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