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Mafia ad Adrano: 11 anni per Salvatore Calcagno, il nipote del boss Scarvaglieri

Il processo Follow The Money sugli affari imprenditoriali degli Scalisi di Adrano 

Di Laura Distefano |

Salvatore Calcagno, il nipote del capomafia Giuseppe Scarvaglieri, è stato condannato a 11 anni e 4 mesi dalla gup Daniela Monaco Crea. È arrivata la sentenza del processo abbreviato dell’inchiesta delle Fiamme Gialle “Follow the money” che ha documentato gli affari imprenditoriali dello zio boss, nonché vertice indiscusso degli Scalisi di Adrano.

La gip ha condannato Scarvaglieri a 3 e 8 mesi, assolvendolo da una serie di contestazioni “per non averle commesse”. Le altre pene comminate dalla gup sono: Antonino Calcagno 6 anni e 8 mesi di reclusione, Salvatore Giarrizzo (collaboratore di giustizia) a 5 anni e 2 mesi, Agatina La Mela 1 anno e 4 mesi, Cristopher Cardillo, 1 anno e 8 mesi, Marco Cariola, 1 anno e 8 mesi, Antonio Graziano Pirrello 1 anno 8 mesi e 800 euro di multa. Per Cardillo e Cariola disposta la sospensione della pena per cinque anni. La gup ha assolto Carmela Stancampiano, Giuseppe Meci, Fabrizio Gnocchi, Alfio Aldo Mesi, Salvatore Palermo, Angelo Laudani, Ivan Santoro, Angelo Pulvirenti e Anna Faraci. Disposta inoltre la confisca di un’impresa individuale ad Adrano, di denaro, di auto e di immobili a Giardini Naxos. 

Salvatore Calcagno, quindi, avrebbe aiutato lo "zio" non solo negli affari di mafia ma anche ad accrescere gli investimenti imprenditoriali illeciti. Anche se il braccio finanziario del clan adranita sarebbe composto dai Siverino (Antonio e figlio, che stanno affrontando il processo ordinario) con le aziende di logistica sparse fino al Veneto. Società che per gli investigatori sarebbero una sorta di “cassaforte” dei referenti dei Laudani.

Il Gico della Guardia di Finanza ha documentato “l’ascesa economica” incontrollata dei Siverino ed esaminato le conversazioni intercettate durante i colloqui in carcere con il capomafia adranita al 41bis. Per i pm, quelle conversazioni sarebbe la prova schiacciante. «L’evidenza arriva dai colloqui carcerari sia verbali che comunicativi», hanno detto in requisitoria i magistrati. Scarvaglieri sarebbe stato chiaro nell’approccio con Calcagno: «Adesso sei un imprenditore devi sapere che io sono qua». Alcuni input investigativi – che poi sono entrati nel fascicolo del processo –  sono arrivati dai collaboratori di giustizia che in questi ultimi anni hanno vuotato il sacco ai magistrati raccontando i segreti della mafia nei comuni del triangolo della morte. E tra i segreti svelati ci sono anche gli affari economici del capomafia di Adrano, che nonostante il carcere sarebbe stato capace di dire la sua nella gestione del clan. Giovanni La Rosa addirittura ha fornito la spiegazione sulle varie operazioni economiche, l’uso dei prestanome e anche di trasferimento al nord Italia: “per evitare sequestri”. Parole a cui si sono aggiunte quelle dell’imputato – pentito Salvatore Giarrizzo, che sarebbe stato nominato vertice operativo del clan adranita – almeno per sua ammissione – da Salvatore Calcagno in persona.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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