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LE INDAGINI

Messina Denaro, perquisizioni a tappeto a Campobello di Mazara: controllata anche la casa di un avvocato

La convinzione è che possano esserci altri rifugi: soprattutto si cercano i soldi di cui aveva grande disponibilità ed incartamenti e documenti

Di Redazione |

Perquisizioni a tappeto a Campobello di Mazara e non solo da parte delle forze dell’ordine, nell’ambito delle indagini sull'arresto del boss Matteo Messina Denaro. Stamane sono stati controllati l'abitazione di un legale, l’avvocato Antonio Messina, 77 anni, che si trova in via Selinunte, di fronte la casa di Salvatore Messina Denaro, fratello del boss, già perquisita lunedì scorso. L'abitazione estiva del legale a Torretta Granitola, sul litorale di Mazara del Vallo, nei pressi della sede dello Ias Cnr e un altro immobile in via Galileo Galileri a Campobello di Mazara.

Antonio Messina, un anziano avvocato massone radiato dall'albo,  è un personaggio noto alle cronache giudiziarie. Fu condannato per traffico di droga negli anni Novanta. Assieme a lui erano imputati l’ex sindaco del Comune di Castelvetrano Antonio Vaccarino, che per conto dei servizi segreti intavolò una corrispondenza con Messina Denaro con il nome di Svetonio, e gli uomini d’onore Nunzio Spezia e Franco Luppino. Messina fu indicato anche come mandante dell’uccisione del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto dai collaboratori di giustizia Rosario Spatola e Vincenzo Calcara, ma è stato scagionato da questa accusa. Per il delitto sono stati condannati Totò Riina e Mariano Agate. 

Gli investigatori intercettarono Messina mentre parlava con Giuseppe Fidanzati, solo indagato nell’inchiesta, uno dei figli di Gaetano Fidanzati, boss dell’Acquasanta oggi deceduto. I due facevano riferimento ad un «ragazzo» di Castelvetrano, identificato in Francesco Guttadauro, nipote di Matteo Messina Denaro, che era stato arrestato. In particolare Fidanzati ricordava un incontro avvenuto alla stazione di Trapani con «Iddu» che si era fatto accompagnare a bordo di una Mercedes da un certo «Mimmu». Non è mai stato chiarito se «Iddu» fosse riferito a Guttadauro o, come invece sospettano gli investigatori, all’allora super latitante Messina Denaro. 

L’ultima grana giudiziaria per l’avvocato Messina, frattanto radiato dall’ordine professionale, risale al giugno di due anni fa quando fu assolto dall’accusa di traffico internazionale di stupefacenti nell’ambito dell’inchiesta «Eden 3» con 19 indagati. Un maxi traffico di hashish sulla rotta Marocco-Spagna-Italia che sarebbe stato gestito proprio da Matteo Messina Denaro.  

In corso accertamenti dei Ris anche casa della madre di Andrea Bonafede, prestanome del boss Matteo Messina Denaro. I carabinieri del nucleo speciale sono tornati, stamane, nell’abitazione di Campobello di Mazara, nel trapanese. Gli investigatori non intendono lasciare nulla al caso e scandagliano metro per metro.

La convinzione è che possano esserci altri rifugi in cui l’ex superlatitante abbia potuto nascondersi. Soprattutto si cercano i soldi di cui aveva grande disponibilità ed incartamenti e documenti. In particolare quel famoso tesoretto fatto di documenti scottanti portati via dall’abitazione di via Bernini, a Palermo, dove abitò nell’ultimo periodo della latitanza Totò Riina, e che diversi pentiti dicono sia stato affidato a Messina Denaro.

 Al momento sono tre i covi di Matteo Messino Denaro, individuati a pochi chilometri di distanza. Il primo, in vicolo San Vito (ex via CB 31), un appartamento che il boss avrebbe utilizzato negli ultimi sei mesi. Nella casa intestata ad Andrea Bonafede, all’ingresso di Campobello di Mazara, i Carabinieri del Ros hanno rinvenuto profumi costosi, scarpe di marca, vestiti di lusso, un frigo pieno di vivande e tante ricevute e scontrini. Insieme ai diversi oggetti, c'erano anche cartelle cliniche, referti medici e un’agenda in cui appuntava date, pensieri e riflessioni indirizzate alla figlia Lorenza. Tra gli oggetti ritrovati anche un libro mastro contenente numeri con entrate e uscite, ma anche con sigle tutte da decifrare.

Il secondo covo, in via Maggiore Toselli 34, a 300 metri dal primo è di proprietà di Errico Risalvato e sarebbe stato utilizzato dal Boss poco prima di trasferirsi in vicolo San Vito. Si tratta di una stanza blindata ben nascosta. Il terzo covo è stato rinvenuto in via San Giovanni 260, a circa 300 metri dalla prima abitazione. L’appartamento, in vendita, era vuoto.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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