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IL CASO

Processo Montante, l’infinito “gioco dell’oca”: un ricorso rischia di mescolare tutto

La procura di Catania si prepara a ricevere il testimone da Caltanissetta ma c'è lo spettro di un reclamo

Di Mario Barresi |

Ancora il maxi-processo Montante non ha formalmente traslocato a Catania. Ma, dopo la nomina di Nicolò Marino (parte offesa nel procedimento) a procuratore aggiunto di Caltanissetta, il trasferimento dal tribunale nisseno a quello etneo è scontato ai sensi dell’articolo 11 del Codice di procedura penale. La questione, sollevata nell’ultima udienza del 17 novembre, verrà affrontata il prossimo 19 dicembre. Quando, però, la nomina di Marino, contrariamente a quanto emerso in aula, non sarà ancora stata pubblicata nel Bollettino ufficiale del ministero della Giustizia: non in quello del prossimo 30 novembre, né il 14 dicembre, la data più plausibile sembra il 31 dicembre. Qualche giorno dopo, dunque, la scontata decisione del Tribunale di Caltanissetta.

Ma sotto il Vulcano ci si prepara a ricevere il testimone di uno dei processi siciliani più importanti e delicati, che vede imputati, oltre all’ex leader di Confindustria Sicilia (già condannato a otto anni nell’appello dell’abbreviato),  fra gli altri, l’attuale governatore Renato Schifani e l’ex Rosario Crocetta con ex assessori, vertici nazionali di servizi segreti e forze dell’ordine, big confindustriali, imprenditori. In attesa dell’ufficialità,  la Procura di Catania ha mosso i primi passi di organizzazione interna. Una scelta lungimirante, anche in considerazione dei ritardi accumulati dal procedimento (che unifica il rito ordinario della prima tranche con la seconda parte dell’inchiesta), col rischio di prescrizione per alcune ipotesi di reato, denunciato in un’inchiesta su La Sicilia.

Dunque, con atto firmato ieri, il procuratore Carmelo Zuccaro, viste anche «la notevole mole degli atti del procedimento e la complessità delle questioni giuridiche e di fatto da trattare» designa «un numero congruo di magistrati di adeguata esperienza professionale» e che «si trovino nella condizioni di incominciare a esaminare gli atti processuali senza arrecare pregiudizio al normale svolgimento della loro attività».

A  guidare l’accusa sarà l’aggiunta Agata Santonocito, capo del pool dei reati contro la pubblica amministrazione, «il nucleo più importante oggetto del processo in questione». Designazione «assai opportuna» di una magistrata che «per la sua pregressa esperienza professionale nella trattazione di processi assai delicati assicura la migliore efficienza» nel processo Montante.

Santonocito sarà affiancata da due giovani pm: dal “gruppo 3” (reati contro il patrimonio), arriva Valentina Margio, anche «per la sua pregressa esperienza professionale» alla Procura di Roma; dal “gruppo 2” (reati ambientali, prostituzione e immigrazione clandestina) scelto Luca Volino, che «nonostante la sua minore esperienza professionale ha dato ampia prova di capacità di approfondimento delle questioni di carattere giuridico di diritto penale e processuale».

Anche il presidente del Tribunale di Catania, Francesco Mannino, dovrà fare le sue mosse di qui a poco. A partire dalla scelta del collegio giudicante. Ma dietro l’angolo potrebbe esserci un ulteriore colpo di scena. Il ricorso, che in ambienti giudiziari nisseni viene dato per «probabile», da parte di Pasquale Pacifico contro la nomina di Marino. L’attuale sostituto, battuto 13-9 dall’ex assessore regionale ai Rifiuti nel voto del plenum del Csm. Nel riserbo del pm, un indizio del potenziale oggetto del ricorso è in una lunga nota di Area, la corrente che ha sostenuto la nomina di Pacifico (vicino a Unicost), in cui si fa riferimento, oltre al «percorso di merito ed attitudinale di grande spessore» del magistrato sconfitto, a una questione «assolutamente dirimente» nella comparazione fra i due candidati.

Il riferimento è a un precedente disciplinare di Marino (di Mi, sostenuto anche da A&I), conclusosi con la censura, per «condotta omissiva», risalente al dicembre 2012. Una circostanza considerata «con conseguenze di regola ostative al conferimento dell’incarico», scrive Area, nella delibera del Csm sul posto di aggiunto a Catania (vinto da Fabio Scavone contro lo stesso Marino), ma non in quella in cui l’ex assessore prevale su Pacifico, nella quale il fatto viene collocato «nel 2009 (quando la condotta omissiva ha inizio),  dunque oltre il termine decennale», e comunque  ritenuto «non di gravità tale da precludere il conferimento dell’incarico». Per la corrente dei magistrati di sinistra «un caso evidente di valutazione antitetica dello stesso fatto in due delibere diverse che inficia gravemente la legittimità della decisione».

Il futuro procuratore aggiunto di Caltanissetta è forte di 13 anni di anzianità di servizio (e due valutazioni) in più del collega. Ma se Pacifico – pure lui sottoposto a procedimenti disciplinari da pm a Catania, «conclusi tutti con piena assoluzione» – dovesse fare propria questa tesi, il ricorso sarebbe conseguenziale. Magari i tempi saranno più lunghi e il processo Montante sarà già “emigrato” sotto l’Etna, al netto di un’eventuale richiesta di sospensiva che potrebbe rimescolare le carte. E far aleggiare l’incubo di un risiko infinito su un processo che si trascina già a ritmo di lumaca dal 2018.

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