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Rivelazione segreto d’ufficio, il legale del colonnello Stingo: «Nessun inquinamento delle indagini»

Di Redazione |

L’avvocato Salvatore Pennica, legale difensore del colonnello Stingo, comandante provinciale dei Carabinieri di Agrigento, e del Capitano Petrocchi, comandante della compagnia di Licata, vuole anticipare l’udienza preliminare in cui si deve decidere il rinvio a giudizio dei due ufficiali dell’Arma. E questo «alla luce delle notizie di stampa e in relazione al ruolo e alla onorabilità dei miei assistiti».

«Il colonnello Stingo – afferma – è stato insignito della medaglia al più alto valore militare, è stato uomo d’azione in missione all’estero e ufficiale di collegamento alla Casa Bianca dopo l'Afghanistan". Nel merito delle accuse il difensore sostiene che nessun trasferimento sia stato avviato per inquinare le indagini. Emerge da un verbale in cui ad essere sentito a sommarie informazioni è il procuratore aggiunto di Palermo e coordinatore della Dda, Paolo Guido, il 20 ottobre 2022. In quell'occasione il magistrato ha riferito che nei primi mesi del 2022 è stato informato da alti militari dell’Arma "dell’opportunità di trasferire il luogotenente Antonuccio" e di aver valutato che ciò "non avrebbe pregiudicato le indagini" visto che "erano state svolte per circa un anno, periodo durante il quale non avemmo alcun sospetto su possibili fughe di notizie". 

Alla domanda dei magistrati di Agrigento, Salvatore Vella e Barbara Cifalinò, se il colonnello Stingo fosse informato dell’imminente arresto di Antonuccio prima dell’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare, il capo della Dda di Palermo risponde "non ho alcuna informazione al riguardo".

La Procura di Agrigento ha chiesto di processare per rivelazione di segreto d’ufficio il comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento, il colonnello Vittorio Stingo, il comandante della Compagnia di Licata, capitano Augusto Petrocchi, e il tenente Carmelo Caccetta, ex comandante del Nucleo radiomobile di Licata. Il Gip del Tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, dovrà decidere se rinviarli a giudizio nell’udienza del 29 marzo. 

Al centro dell'inchiesta c'è appunto il caso il luogotenente dell’Arma Gianfranco Antonuccio (in servizio al reparto Investigativo della compagnia di Licata), arrestato e posto ai domiciliari il 4 luglio scorso  nell’ambito di una indagine della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, coordinata dall’aggiunto Paolo Guido. 

Nei  confronti di Antonuccio ci sono le dichiarazioni dell’avvocato Angela Porcello, ritenuta tra i capi di Cosa nostra agrigentina, che ha parlato di un suo presunto ruolo da intermediario con boss detenuti. La donna ha dichiarato ai pm che il carabiniere avrebbe chiesto 1.500 euro al suo compagno, il capomafia Giancarlo Buggea, quando questi era ai domiciliari. 

Antonuccio, incaricato di controllare che Buggea rispettasse le prescrizioni imposte dalla misura, avrebbe in cambio chiuso un occhio sul suo comportamento. Il suo nome ricorre, inoltre, in diverse intercettazioni dalle quali emergono anche suoi presunti rapporti con una organizzazione di trafficanti di droga. 

L’avvio del trasferimento del luogotenente, secondo la Procura di Agrigento, che non sapeva ancora di essere indagato avrebbe configurato il reato di rilevazione di segreto d’ufficio contestato al colonello Vittorio Stingo, al capitano Augusto Petrocchi, e al tenente Carmelo Caccetta perché, sostiene l'accusa, l’iniziativa avrebbe messo «concretamente a rischio il buon esito dell’attività di indagine».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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