Brutale. Efferato. Terrificante. Lorena Cultraro fu violentata, seviziata e poi strangolata da tre minorenni. L’orrore si consumò il 30 aprile 2008 a Niscemi, paese in provincia di Caltanissetta diventato famoso per il delitto e per il Muos. La quattordicenne senza vita poi fu legata a un masso e gettata in un pozzo profondo cinquanta metri. I genitori, all’inizio, non pensarono alla tragedia: pensarono che la figlia avesse fatto la “fuitina”. Così misero nero su bianco sulla denuncia presentata ai carabinieri. Bastarono poche ore agli investigatori per capire che dietro la scomparsa si nascondesse qualcosa di terribile. Tredici giorni la macabra scoperta del cadavere da parte del proprietario di un fondo. Non ci volle molto per arrivare a identificare i tre baby assassini. Che intercettati durante la detenzione all’Ipm svelarono i dettagli più turpi del delitto. Lorena era stata violentata, picchiata e poi ammazzata senza pietà. I tre ragazzi furono condannati in via definitiva dalla Cassazione nel 2010.
I familiari, visto che il processo fu a carico di minorenni, non si poterono costituire parte civile. Ma questo non ha fermato la loro fame di giustizia. Un percorso lungo e difficoltoso: alla lecita richiesta di applicazione di normative, anche europee, alcune volte sono arrivate anche porte sbattute in faccia. Ma la famiglia non si è arresa: tenendo in mano la foto di Lorena hanno affrontato giudici e varcato la soglia di molte aule di Tribunale. A distanza di 18 anni (quasi quanto gli anni comminati ai responsabili) è arrivata una sentenza che potrà portare giustizia ad altri familiari vittime di reati violenti. La Corte d’Appello di Caltanissetta, sezione civile, ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento di un indennizzo a favore del padre e del fratello di Lorena, Giuseppe e Giacomo Cultraro, che sono stati assistiti dall’avvocato Vincenzo Ragazzi, in riforma dell’ordinanza del tribunale nisseno del 2021 . «In questa sede è necessario colmare il vuoto di tutela – scrivono i giudici di secondo grado – causata dall’esclusione dell’indennizzo come corretta applicazione della Direttiva 2004/80/CE» che è volta a garantire «un indennizzo che ha natura giuridica differente dal risarcimento».
«È necessario che il Governo e il Parlamento intervengano per modificare la legge e dare completa attuazione alla direttiva comunitaria. In uno Stato di diritto – commenta l’avvocato Ragazzi – degno di questo nome le vittime e i loro familiari non dovrebbero essere costretti ad affrontare una lunga causa civile contro lo Stato, dopo aver dovuto subire le indicibili sofferenze causate dai reati. Lo Stato dovrebbe essere al loro fianco e sostenerli, non opporsi alle loro legittime istanze. La storia di Lorena deve essere ricordata affinché ciò che è accaduto a lei non accada a nessun’altra ragazza».