CATANIA
Pasticciere ucciso, il titolare del bar Quaranta: «L’assassino aveva il foglio di via e doveva essere espulso, invece ha ammazzato Santo»
Il dolore per la scomparsa del dipendente e cognato: «Dalle visite dei parenti per la bambina siamo passati alle condoglianze»
«Non è stato ammazzato solo un mio dipendente, Santo era mio cognato». Ha la voce spezzata Salvatore Fabio Quaranta, titolare della pasticceria dove lavorava il trentenne accoltellato e ucciso venerdì pomeriggio a Catania da un parcheggiatore abusivo di 37 anni dello Zinbabwe, che tra i vari alias usava quello di John Obama.
La nostra «famiglia è a pezzi» dice mentre la sorella e altri dipendenti sono seduti sul muretto di piazza Mancini Battaglia, sulla strada che conduce al porticciolo di Ognina, dove sono stati messi dei fiori e sono ancora visibili le tracce della tragedia. Il posteggiatore abusivo e senza permesso di soggiorno ha sferrato almeno tre colpi con un grosso coltello da cucina. Santo Re non ha avuto scampo.
È morto davanti agli occhi dei colleghi della pasticceria dove si è rifugiato dopo aver ricevuto le coltellate. Una furia omicida totalmente inaspettata. Sei mesi prima lo straniero era stato arrestato dai poliziotti ma poi rilasciato. «Noi non sapevamo che quell’uomo era pericoloso, non lo potevamo sapere – commenta Quaranta – doveva saperlo chi di dovere. Così come quando è stato arrestato doveva essere accompagnato direttamente fuori. Mi hanno detto che aveva un foglio di espulsione in tasca, ma averlo in tasca secondo me – aggiunge il titolare della pasticceria – non serve a niente. Queste persone che sono senza permesso di soggiorno dopo che escono dalla camera di sicurezza devono essere rispediti al loro Paese. Questa è l’unica soluzione». E Salvatore Quaranta non ne fa una questione di razzismo, perché nel suo locale ha assunto molti stranieri che lavorano con impegno e dedizione. Solo una questione di rispetto della legge e delle norme.
Santo era diventato papà da pochissimo. Ginevra ha compiuto due mesi il 21 maggio. «Ieri i poliziotti sono venuti a casa per portare gli atti dell’indagine e hanno trovato i confetti messi all’ingresso per accogliere i parenti che vengono a visitare la bambina. Oggi invece vengono a fare le condoglianze».
Il pasticciere trentenne venerdì pomeriggio era andato a lavorare in cucina: c’erano dei banchetti da preparare. Cucinava a fianco al fianco con il papà. Quel pomeriggio si era portato via delle granite e due brioche da consumare a casa. E «non è stato questo il motivo della lite – spiega Quaranta – come ho letto su qualche giornale. Lo ha aspettato e non so perché lo ha accoltellato. È davvero inaspettato, Obama veniva anche a comprare l’arancino con i soldi che le persone gli davano per il parcheggio. Santo gli aveva dato anche delle scarpe e delle magliette, perché avevano più o meno la stessa altezza».
Il sit-in mancato
Stamattina doveva esserci un sit-in. Luisa Caruso, la promotrice della protesta pacifica, aveva fatto sabato il giro dei commercianti e aveva lanciato un appello sui social e anche su La Sicilia. Ma stamattina non si è presentato nessuno. «Siamo tutti dispiaciuti per questo ragazzo, ma alla fine qua non c’è nessuno. La piazza – dice Luisa – è solo piena di macchine piene di persone che vanno e vengono per andare a mare e mangiare fuori. Nessuno si è ricordato di questo ragazzo che doveva essere un simbolo per dire che siamo tutti stanchi nonne, mamme, donne, uomini, catanesi e siciliani. Perché se c’è la regola che per stare in Italia serve il permesso di soggiorno, se non hai i documenti devi tornare al tuo Paese. Non puoi stare qui. E tengo a specificare – chiosa Luisa – che non è una questione di razzismo».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA