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Pescatori liberati, così i libici hanno depredato i motopesca e picchiato i marittimi

Di Redazione |

Si sono seduti a turno davanti ai due carabinieri del Ros nella caserma di Mazara del Vallo. E hanno raccontato per filo e per segno, interrotti poche volte per qualche domanda più specifica, le settimane di terrore trascorse nelle galere libiche al buio, tra topi, insetti, senza mangiare, dormendo sul pavimento, ricattati, minacciati, impauriti, fino alla liberazione.

I pescatori sequestrati per 108 giorni dai libici hanno messo a verbale, per l’inchiesta sul sequestro condotta dalla procura di Roma, i momenti dell’abbordaggio e le botte prese da due di loro, Bernardo Salvo e Gaspare Giacalone, che erano sui pescherecci «Natalino» e «Anna madre» riusciti a fuggire, rimasti nelle mani dei libici.

«I carabinieri mi hanno tenuto circa un’ora e mezza. Hanno voluto sapere il racconto del sequestro, dove ci hanno portato, quanti erano i carcerieri, come si comportavano con noi» ha detto Giovanni Bonomo, 59 anni, che si trovava sull’Antartide. «Oggi mi sono rilassato un po’ – racconta – con mia moglie, i miei due figli. Ho mangiato spaghetti col sugo e pesce spada, non ricordo da quanto tempo non mangiavo la pasta è stato bellissimo».

E il comandante dell’Antartide Michele Trinca ha spiegato come all’inizio in alto mare con la motovedetta libica a poca distanza sembrava tutto tranquillo fino a quando i libici hanno buttato il gommone a mare sparando contro il motopesca. Ha ricordato i colpi sparati in aria dai militari anche dopo lo sbarco a terra quando sono stati messi a petto nudo prima che i libici «svaligiassero tutta la barca».

Stessa amara sorpresa avuta stamane dall’armatore del Medinea, Marco Marrone, che salito a bordo si è accorto che erano stati rubati strumenti per la navigazione, il pc portatile e il forno della cucina.

«Dopo 108 giorni finalmente ho dormito 9 ore di fila, sereno come un bambino – dice l’armatore – E’ la prima volta che succede dal giorno del sequestro». «Certo sul motopesca ci saranno delle riparazioni da fare – aggiunge – ma l’importante è che la vicenda si sia chiusa. Sono contento perché la sanificazione la farà gratuitamente una ditta specializzata locale che ci ha contattati dicendoci che è un regalo di Natale».

Divampa intanto la polemica politica dopo la liberazione dei pescatori soprattutto riguardo alla possibilità che il rilascio potesse essere legato a uno scambio con alcuni prigionieri libici in Italia come dicevano i carcerieri ai marittimi. Possibilità esclusa dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Dopo che Berlusconi ieri ha detto che la liberazione sarebbe frutto delle telefonate di Putin al generale Haftar il leader di Fi in Sicilia, e presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè dice: «C’è stato l’interessamento di altre Nazioni sulla liberazione dei pescatori, è un fatto certo. Il rapimento non si è verificato per l’annoso problema delle miglia, ma ha avuto un significato di altro tipo: era problema diplomatico, lo sapevamo dall’inizio ma ce lo siamo tenuti per noi. La visita fatta dal ministro degli Esteri a una parte della Libia e non ad altri aveva creato questo disagio durato fin troppo: 108 giorni». Il senatore di Fi Maurizio Gasparri dice: «Ho chiesto pubblicamente e con una interrogazione urgente che siano il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri a rispondere su quanto ha riportato il quotidiano panarabo Asharq Al-Awsat, che ha parlato di uno scambio di prigionieri con alcuni scafisti condannati in Italia». Il deputato Edmondo Cirielli (Fdi) si augura «che venga istituita una commissione parlamentare d’inchiesta, così com’è avvenuto per la morte di Giulio Regeni. E che il Governo Pd-M5S non abbia dato soldi pubblici a questi tagliagole».

Il sen Stefano Candiani (Lega) parla di «troppe zone d’ombra che il lieto fine non può farci ignorare». «I racconti dei diciotto uomini d’equipaggio dei pescatori sequestrati per più di tre mesi a Bengasi – afferma – stanno facendo emergere uno scenario di una vera e propria detenzione segnata da maltrattamenti fisici e psicologici che mal si concilia con l’atteggiamento deferente tenuto dal Premier e dal ministro degli esteri nei confronti del generale Khalifa Haftar». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA