Ponte, è giallo sul “no” Usa, la Nato: «E' ammissibile come spesa militare»
Frenata dell’ambasciatore Whitaker fa scoppiare la polemica. Ma fonti di Bruxelles a “La Sicilia”: «Opera compatibile»
Ponte Stretto
Il “dual use” del Ponte sullo Stretto per usi civili e militari sarebbe possibile e i costi della sua realizzazione possono essere considerati ammissibili fra le spese aggiuntive per la difesa che l’Italia si è impegnata con la Nato a realizzare entro il 2035. Checché ne dicano gli Stati Uniti, a lasciarlo intendere è la stessa Nato: lo si desume da una nota ufficiale inviataci. La nota non cita il Ponte, ma fa capire che può rientrare fra le tipologie di infrastrutture che possono essere annoverate fra le spese indicate nei criteri concordati all’Aia; sta adesso alla capacità del governo italiano dimostrare che l’infrastruttura è coerente con i piani Nato per la difesa.
La risposta dell'Alleanza
A specifica domanda posta da chi scrive, la Nato Official, il canale di comunicazione del Quartier generale dell’Alleanza atlantica a Bruxelles, ha risposto inviandoci una nota ufficiale che distingue la questione in due parti. La prima: «Al vertice dell'Aia abbiamo concordato un piano generale per destinare il 5% del Pil alla difesa e agli investimenti in difesa e sicurezza nei prossimi anni. Questo include una nuova base di riferimento per i requisiti fondamentali della difesa pari al 3,5% del Pil. Questo 3,5% si basa su quanto costerà raggiungere i nostri nuovi obiettivi di capacità e rappresenta i costi che rientrano nella definizione Nato di spesa per la difesa».
I requisiti
La seconda parte della risposta a “La Sicilia” riguarda specificamente i requisiti richiesti per l’ammissibilità delle opere quali spese che possono essere contabilizzate come investimenti per la difesa: «L'altro elemento del piano è un obiettivo dell'1,5% del Pil all'anno per investimenti in difesa e sicurezza. Questo può includere una serie di spese, tra cui quelle che promuovono l'espansione della capacità industriale della difesa e favoriscono l'innovazione, migliorano la resilienza e la preparazione civile, o consentono l'attuazione di un piano di difesa Nato o piani nazionali».
Le condizioni
In pratica, sono citati due fattori che possono fare rientrare il collegamento stabile sullo Stretto nei seguenti casi: l’espansione della capacità industriale della difesa, e questo sarà possibile qualora la Regione, nell’ambito della rimodulazione dei Fondi di coesione “raccomandata” dalla Commissione Ue a beneficio di spese per la difesa, vorrà finanziare una parziale riconversione del sito industriale di Termini Imerese per produzioni di interesse militare che poi vanno spedite rapidamente via terra, coinvolgendo i siti già esistenti dei gruppi Leonardo e Fincantieri in Sicilia e l’Etna Valley per le nuove tecnologie; e il miglioramento e la resilienza e la preparazione civile o l’attuazione di piani nazionali, il che può comprendere lo spostamento di truppe e mezzi, ma anche di colonne della Protezione civile.
La polemica
A fare rimbalzare la polemica sul Ponte a livello internazionale era stato l’ambasciatore Usa presso la Nato, Matthew Whitaker, che, in un’intervista rilasciata all’agenzia Bloomberg durante il Forum strategico di Bled in Slovenia, aveva messo in guardia i Paesi europei dall’adottare «contabilità creative» per raggiungere l’obiettivo di spesa del 5% del Pil in difesa, concordato a giugno scorso tra gli alleati Nato. Tra l’altro, Whitaker ha specificato che «non possono essere ammessi ponti che non hanno importanza militare» e, alla domanda sul Ponte sullo Stretto, ha sottolineato che «la Nato ha attivato un meccanismo di sorveglianza sugli investimenti».
In realtà questa posizione, che ha fatto esultare tutti gli oppositori al Ponte, sembrerebbe più dettata dal prioritario interesse della presidenza Trump che le spese aggiuntive siano destinate all’acquisto di armi, meglio se dagli Usa.
Il Mit ha spiegato
Il ministero delle Infrastrutture, retto da Matteo Salvini, ieri si è affrettato a precisare che «il Ponte sullo Stretto è già interamente finanziato con risorse statali e non sono previsti fondi destinati alla difesa. Al momento, l’eventuale utilizzo di risorse Nato non è all’ordine del giorno e - soprattutto - non è una necessità irrinunciabile. L’opera non è in discussione». A seguire, i capigruppo di Camera e Senato della Lega, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, hanno sostenuto, invece, che «siamo determinati affinché l’aumento delle spese militari rafforzi la sicurezza interna, con particolare riferimento al controllo di aree sensibili come le infrastrutture strategiche. Nessun soldato italiano in guerra: è invece importante assumere più donne e uomini in divisa, per presidiare le nostre strade e le nostre stazioni, e contrastare l’immigrazione clandestina e difendere i nostri confini».
Le reazioni
Dopo la “bocciatura” dell’uso militare del Ponte da parte dell’ambasciatore Withaker, hanno reagito, fra gli altri, l’eurodeputato del M5S Pasquale Tridico («La destra prende in giro gli italiani»), il deputato di AvS Angelo Bonelli («Ora arriva anche la bocciatura ufficiale della Nato all’ultima trovata del ministro Salvini: far passare i 13,5 miliardi del Ponte come spesa militare»), il capogruppo Pd in commissione Trasporti della Camera, Anthony Barbagallo («Usano il Ponte come specchietto per le allodole per mascherare le carenze dei traghetti»), il segretario Cgil, Pino Gesmundo («Sul Ponte avevamo ragione: non ha alcuna rilevanza strategica») e il vicepresidente di Iv, Davide Faraone («Il governo resta con le pezze nel sedere»).