l'inchiesta
Priolo, il depuratore e leggerezza della Regione: «Se aspettiamo che facciano qualcosa, ci moriamo»
Le intercettazioni sulla questione degli scarichi del polo industriale
Certo: ci sono «svariati indici di oggettiva superficialità e verosimile erroneità tecnica» nel lavoro del ministero dell’Ambiente sulle Autorizzazioni integrate dei grandi utenti industriali del polo petrolchimico, secondo i magistrati di Siracusa. Ma che dire della «Regione che di questa situazione non parla proprio»?
L’INCHIESTA E IL LOBBYING ESTREMO
La Regione Siciliana: convitata di pietra di tutti i discorsi legati al depuratore Ias di Priolo Gargallo, le spetta il compito di autorizzare, oppure no, le attività dell’impianto biologico consortile.Nelle intercettazioni dell’indagine per corruzione legata alle Aia delle industrie petrolchimiche, a emergere chiaramente è la confusione attorno allo stato dell’autorizzazione per Ias, concessa dall’assessorato all’Ambiente della Regione a luglio 2022, quando già lo stabilimento era sotto sequestro.
Le prescrizioni inottemperabili
Nel documento regionale erano contenute decine di prescrizioni a cui l’amministrazione giudiziaria aveva detto, a più riprese, di non potere ottemperare. Una posizione che dà di fatto inizio a un procedimento amministrativo degno di Kafka: la Regione sospende l’Aia e avvia il procedimento di revoca. Poi sospende la revoca. Infine proroga la sospensione della revoca fino alla fine di marzo 2023. Da quella data in poi, quale sia la condizione dell’Autorizzazione ambientale di Ias non lo sa nessuno. L’ingegnera Giovanna Picone, nominata commissaria dal presidente Renato Schifani a febbraio 2024, da quel dì afferma che ci troviamo «in vigenza di sospensione». «Qui non c’è manco l’Aia», è la sintesi che fa un componente della commissione nazionale per le autorizzazioni.
Il salvagente palermitano
Per rendere più semplice il percorso delle autorizzazioni nazionali per le raffinerie, servirebbe un intervento da Palermo. Una sorta di permesso transitorio a Ias che offrisse un cappello sotto al quale permettere alle industrie petrolchimiche di costruirsi i depuratori senza ulteriori problemi amministrativi. Iniziare a «lavorare per mettere a posto tutto quanto, pezzetto dopo pezzetto… Il famoso cronoprogramma dell’Ilva, che è durato secoli…». Risate. Ma almeno a Taranto l’Aia c’era, nel caso siracusano no. «E continuerebbe a non averla. Questo effettivamente è un vulnus di tutta questa costruzione. Io do per scontato che la Regione non lo autorizzerà mai», sostiene il fisico romano Antonio Fardelli al telefono.
Su questo punto l’accordo, nel 2023, è abbastanza comune. Tant’è che a un certo punto sul tavolo arriva l’ipotesi di un’Aia statale transitoria per tre anni. Un modo tramite il quale aggirare il problema dell’inazione palermitana. Solo che servirebbe comunque un accordo Stato-Regione. Mentre il funzionario parla con un dirigente di Isab, riflette e dice: «Se aspettiamo che lo fa la Regione, ci moriamo…». Certo, in altri tempi, il ministero dell’Ambiente avrebbe fatto tutto da solo. Ma, appunto, in altri tempi. «Tra l’altro in questa situazione di temporaneità ci siamo già da due anni. Poi, alla fine, il tempo passa e nessuno si rende conto…», risponde il dirigente. E il fisico in servizio al ministero concorda: «Appunto. E allora ce ne facciamo tutti una ragione e il depuratore consortile Ias rimane così come sta. Bene!». Una cosa data quasi per scontata, all’epoca. È passato più di un altro anno e siamo ancora a quel punto. «Se la Regione era in grado di salvare qualcosa, lo avrebbe già fatto, no? […] Questa situazione – attacca Fardelli – è figlia di una mancanza totale di gestione». «Certo – replica l’alto dirigente di Isab – Totale assenteismo». Hanno voglia, poi, a farsi quei tavoli «totalmente inutili». E ha voglia pure Peppe Carta, sindaco di Melilli e presidente della commissione Ambiente all’Ars a chiedere di aspettare Palermo: «Dovrebbe, in scienza e coscienza, essere consapevole dei limiti della sua amministrazione».
E siamo al 2024
All’inizio del 2024 l’ingegnera Picone prova a prendere in mano la situazione. La prima riunione viene commentata ancora una volta al telefono e registrata dagli investigatori. Raccontano, parlando tra loro, due tecnici di Sasol: «Lei non si è letta neanche i documenti quindi era molto all’oscuro di tutto l’iter». Per questo si sarebbe sorpresa apprendendo dei cronoprogrammi del distacco delle raffinerie da Ias. «Quando l’ha capito si vedeva proprio la sua faccia stupita […] Lei stessa ha concluso: “Ma allora che li faccio a fare ‘sti investimenti?”». Che poi, comunque, non sono stati fatti.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA