LA SENTENZA
Processo Malupassu, le condanne in Appello per boss ed “esattori” del clan Santapaola
L'inchiesta dei carabinieri aveva inferto un duro colpo al gruppo mafioso che imponeva la sua “legge” tra Mascalucia e Lineri
Si scrive il “The End” sul processo d’appello figlio dell’inchiesta Malupassu che ha picconato il gruppo mafioso dei Santapaola-Ercolano che ha governato tra Mascalucia e Lineri, frazione di Misterbianco. Furono mappate una decine di estorsioni e cristallizzati gli affari lucrosi della droga. Già dal nome delle indagini, che furono condotte dai carabinieri, si ben comprende che la cellula criminale era composta da coloro che provenivano dal clan del “Malpassotu” Giuseppe Pulvirenti, defunto da un po’ di tempo. E non a caso infatti a capo di questo sodalizio c’erano il genero di boss scomparso Pietro Puglisi e i suoi figli Giuseppe e Salvatore. Il blitz ha provocato all’ergastolano il ritorno al 41bis, visto che la carcerazione non ha fermato la sua capacità direttiva.
Erano le 18,02 quando ieri la presidente Rosa Anna Castagnola della Corte d’Appello di Catania ha letto il dispositivo di sentenza. Nei fatti sono state accolte totalmente le richieste del pg Angelo Busacca, anche per i concordati.
Gli anni di carcere
Ecco le pene: Fabio Cantone 9 anni e 4 mesi e 2.667 euro di multa (riconosciute attenuanti equivalenti alle aggravanti e ritenuta la continuazione), Rosario Cantone 6 anni e 6 mesi e 5mila euro di multa (continuazione con altre sentenze), Alfio Carciotto 17 anni 2 mesi e 20 giorni (ritenuta la continuazione), Antonio Carciotto 11 anni 4 mesi e 6mila euro di multa, David Giarrusso 2 anni 2 mesi e 20 giorni e 600 euro di multa (riconosciute le attenuanti), Giuseppe Iudica 2 anni 10 mesi 20 giorni e 700 euro di multa (riconosciute le attenuanti), Giuseppe Puglisi 10 anni e 2.500 euro di multa (attenuanti equivalenti alle generiche), Salvatore Puglisi 15 anni e 4 mesi (attenuanti equivalenti alle generiche), Salvatore Tiralongo 4 anni e 6 mesi e 3.700 euro di multa, Michael Abate 1 anno 4 mesi e 3.334 euro di multa. Confermata la condanna a Mirko Pompeo Casesa 8 anni, 2 mesi e 20 giorni, Alfio Currao 6 anni 2 mesi e 20 giorni, Pietro Puglisi 16 anni e 8 mesi, Salvatore Rannesi 6 anni, 2 mesi e 20 giorni.
Gli imputati, tranne Iudica e Abate, sono stati condannati a rifondere le spese processuali affrontate dall’Associazione Alfredo Agosta che si è costituita parte civile nel procedimento. Le motivazioni saranno depositate tra 90 giorni. Il collegio difensivo, composto dagli avvocati Leda Puleo, Maria Caterina Caltabiano, Salvo Pace, Maria Lucia D’Anna, Giuseppe Rapisarda, Tommaso Manduca, Michela Trovato, Giovanna Roberta Costa, Michele Ragonese, Grazia Ammendolia, Alessandro Gualtieri, Giuseppe Ragazzo e Desirée Platania, potrà valutare se ricorrere per Cassazione.
L’inchiesta
Ma torniamo all’inchiesta che partì grazie alla prova coraggiosa di una potenziale vittima. Quando arrivò la chiamata di rivolgersi all’amico buono la scelta fu quella invece di telefonare ai carabinieri. Il resto lo fecero le intercettazioni e le dichiarazioni di alcuni collaboratori. Cimici e trojan negli smartphone diedero accesso a dialoghi e conversazioni che inchiodarono il gruppo criminale. Ogni pezzetto di indagine fu incrociata e riscontrata. A blindare ogni contestazioni arrivarono le dichiarazioni del killer Carmelo Aldo Navarria, i fratelli Gianluca e Mirko Presti e l’esattore del pizzo Salvatore Bonanno.
I pentiti furono tutti concordi nell’affermare che a Mascalucia, nonostante la detenzione, comandasse Puglisi. All’epoca il capomafia non era in regime di carcere duro e quindi avrebbe avuto più possibilità di manovra. Ma comunque sarebbe servito sempre un uomo a piede libero per poter mettere in pratica gli ordini e le strategie criminali. Per un periodo sarebbe stato Alfio Carciotto il suo uomo all’esterno, poi dopo la scarcerazione del figlio Giuseppe, il timone lo avrebbe preso lui. Un ruolo per diritto di sangue.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA