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Ritrovati dopo 30 anni i “brogliacci” delle intercettazioni di “Mafia e appalti”

Riguarderebbero le infiltrazioni di Cosa Nostra nel settore imprenditoriale e, in particolare, nelle aziende già appartenenti al Gruppo Ferruzzi

Di Redazione |

Nella mattinata dello scorso 3 luglio i militari del Gico della Guardia di Finanza di Caltanissetta, su delega della locale Dda, hanno compiuto alcune attività di ricerca e acquisizione documentale alla sede di Palermo.

Nel corso delle attività è stato possibile ritrovare i brogliacci delle intercettazioni effettuate negli anni ’90 circa le infiltrazioni di Cosa Nostra nel settore imprenditoriale e, in particolare, nelle aziende già appartenenti al Gruppo Ferruzzi. I brogliacci sono stati rinvenuti in quattro buste di colore giallo ancora recanti i timbri della Guardia di Finanza apposti nel 1992, ricoperti di polvere e lasciati a terra in archivi da tempo non utilizzati.

Il ritrovamento dei brogliacci è stato ottenuto al termine di ricerche durate più di due anni e che hanno comportato la consultazione di più di 2000 faldoni con centinaia di migliaia di pagine di documenti. Il contenuto è attualmente al vaglio delle Autorità inquirenti.

La vicenda delle intercettazioni disposte dai pm di Palermo che negli anni ’90 indagavano sulle infiltrazioni mafiose nell’imprenditoria del nord è finita al centro delle nuove indagini sulla strage di via D’Amelio. I pm nisseni, che stanno cercando di accertare se ci siano stati nessi tra la vecchia inchiesta e l’eliminazione di Borsellino, mesi fa hanno iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento a Cosa nostra l’ex pm antimafia palermitano Gioacchino Natoli e l’ex procuratore Giuseppe Pignatone.

L’ipotesi formulata era che Natoli, su input di Pignatone e dell’allora capo della Procura Pietro Giammanco, avesse ordinato la distruzione delle intercettazioni e dei brogliacci dell’inchiesta sull’ imprenditore mafioso Antonino Buscemi nel tentativo di affossare gli accertamenti sul costruttore. Per i pm nisseni Natoli, esecutore del disegno altrui, avrebbe voluto dunque «occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche, avrebbe disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci». La difesa dell’ex pm dimostrò invece che in realtà quello della distruzione era un provvedimento prestampato che, all’epoca, – parliamo degli anni ’90 – veniva usato in tutti i casi di archiviazione e nei processi definiti.

La cancellazione dei nastri, dunque era una prassi – l’aveva detto lo stesso Natoli audito dalla commissione nazionale Antimafia – ed era legata all’esigenza di riutilizzare le cassette. Inoltre, una volta smagnetizzati i nastri, evidentemente ritenuti non rilevanti, conservare i brogliacci sarebbe stato inutile. E comunque nel caso in questione l’ordine di distruzione era stato disatteso.La scoperta dei brogliacci consentirà alla magistratura nissena di capire se le intercettazioni fossero irrilevanti, come ritenne la procura di Palermo, o se al contrario possano contenere elementi utili mai approfonditi.

Gioachino Natoli è stato sentito ieri dalla Procura di Caltanissetta. E’ stato lo stesso magistrato, che nei mesi scorsi aveva deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere, a chiedere di essere ascoltato. Natoli è difeso dagli avvocati Fabrizio Biondo, Ninni Reina ed Ettore Zanoni.Secondo l’accusa l’ex pm avrebbe aiutato i mafiosi Antonino Buscemi e Francesco Bonura, l’imprenditore e politico Ernesto Di Fresco e gli imprenditori Raoul Gardini, Lorenzo Panzavolta e Giovanni Bini (gli ultimi tre al vertice del Gruppo Ferruzzi) ad eludere le indagini. In particolare al magistrato viene contestato di aver svolto, nell’ambito del procedimento 3589/1991 aperto a Palermo dopo l’invio delle carte da Massa Carrara su presunte infiltrazioni mafiose nelle cave toscane, una «indagine apparente», «richiedendo, tra l’altro, l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale (inferiore ai 40 giorni per la quasi totalità dei target) e solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione, per assicurare un sufficiente livello di efficienza delle indagini” e di aver disposto, «d’intesa con l’ufficiale della Guardia di Finanza Screpanti che provvedeva in tal senso, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la ‘messa a disposizione di Di Fresco in favore di Bonura, nonché una concreta ipotesi di ‘aggiustamentò, mediante interessamento del Di Fresco stesso, del processo pendente innanzi alla Corte d’Assise di Appello di Palermo, sempre a carico di Bonura per un duplice omicidio».

In questo contesto l’ex pm avrebbe ordinato la distruzione delle bobine e dei brogliacci con e intercettazioni: accusa rivelatasi falsa perchè la cancellazione dei nastri era una prassi dell’epoca se la registrazioni erano ritenute irrilevanti. L’ordine inoltre, come dimostra il ritrovamento dei nastri e oggi delle trascrizioni non è mai stato eseguito.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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