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Sicilia, gole poco adatte al trekking e "onde killer" possibili ma remote

Gianluca Reale

22 Agosto 2018, 10:37

Sicilia, gole poco adatte al trekking e "onde killer" possibili ma remote

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CATANIA - Gole, canyon, escursioni in montagna, torrenti “fantasma”. Anche in Sicilia ci sono rischi da valutare nelle escursioni fai-da-te e gli esperti raccomandano sempre di affidarsi a guide esperte. Anche se «le nostre forre in genere sono lunghe tra gli 800 metri e un chilometro, non ci sono posti come Raganello profondi 17 km e ricchi di affluenti. E sono in genere molto più “tecniche”, meno da trekking, fatta eccezione per Cavagrande o Pantalica dove comunque un’onda di piena difficilmente avrebbe conseguenze tragiche quella nel Parco del Pollino». Parola di Diego Leonardi, responsabile della Squadra forre del Soccorso alpino e speleologico siciliano.

«In ogni caso - aggiunge Leonardi - è sempre bene conoscere al meglio il luogo in cui si decide di fare trekking o pratica sportiva. Perché bisogna essere in grado di valutare, se ci fosse il rischio di una pinea, anche un possibile rifugio». Dunque, stare all'erta, soprattutto in montagna. Proprio l’altro ieri sull'Etna un’altra escursione avrebbe potuto avere esisti infelici se non fosse stato per i tecnici della stazione Etna Nord della XXI zona alpina del Soccorso alpino e speleologico siciliano, intervenuti per soccorrere un gruppo di 14 turisti francesi, fra i quali diversi bambini, bloccati a quota 1.800 metri lungo il sentiero che porta alla grotta di Serracozzo. Il gruppo è stato sorpreso da un temporale che si è evoluto rapidamente con fulmini, pioggia copiosa e grandine, rendendo il percorso altamente pericoloso anche per un torrente che si è rapidamente ingrossato. I tecnici hanno raggiunto e portato tutti al rifugio più vicino. A riferire l’episodio è la delegata della XXI Zona Alpina, Rosalda Punturo.

«Quello dei “torrenti fantasma” – dice Punturo – è un fenomeno frequente sulle pendici del Vulcano: in seguito a piogge improvvise si ingrossano rapidamente e diventano pericolosi, bisogna stare attenti». Lei, che era stata proprio a Raganello, nel Parco del Pollino, pochi giorni prima della tragedia, conosce bene quel sito. «Sono rimasta molto scossa – dice – ma molti hanno definito a sproposito il tipo di escursione: li si tratta di trekking fluviale, non di canyoning o di rafting. In ogni caso – aggiunge - il contesto geografico in Sicilia orientale è molto diverso e vario: si passa dai Peloritani, monti giovani anche a rischio frane, all'Etna sino agli Iblei, più carsici. Morfologie complesse, dove sarebbe il caso di individuare le vie di fuga in caso di necessità e per agevolare interventi di soccorso. Servirebbe un censimento dei siti».

In ogni caso, il Soccorso Alpino e Speleologico «richiama tutti i frequentatori della montagna a un'attenta verifica dei bollettini meteo nella fase di pianificazione delle escursioni, dando precedenza ai siti delle Arpa regionali, più precisi rispetto ai servizi meteo commerciali».

Il “Grand Canyon” siciliano è sicuramente la riserva del Cassibile Cavagrande, che più che per le piene è noto per i distaccamenti di roccia, che ne hanno anche determinato la chiusura. Le gole più famose sono quelle dell'Alcantara, gestite dal Parco fluviale e attrezzate anche per percorsi da torrentismo. Difficile, però, essere sorpresi da una piena come quella di Raganello.

«In Sicilia solo poche gole sono percorribili senza un’attrezzatura adeguata ed è difficile che vi si vada a fare trekking», conferma Leonardo La Pica, delegato della X Zona Speleologica del Soccorso Alpino e Speleologico siciliano. «Sui Nebrodi – aggiunge - ci sono le gole del Cataolo, quella del Sirina sul lato ionico del Messinese, un territorio che morfologicamente ha profonde insenature tra le rocce, percorse dall'acqua soprattutto in alcuni periodi dell’anno. In Sicilia occidentale le gole sono in genere più secche, come la Padella sulle Madonie o Gola Secca, poco rischiose anche quando piove perché il bacino idrografico magari non riesce a convogliare grandi volumi di acqua. Una delle poche con acqua è forse quella di Gorgo del Drago, nel territorio di Corleone».

«I nostri interventi – spiega la Pica- in genere si sono sempre limitati a soccorsi su pareti o per infortuni escursionistici. Il consiglio che diamo, però, è sempre quello di affidarsi a persone esperte, guide di associazioni come il Cai. In funzione del percorso, infatti, è bene che una guida sappia valutare l’esperienza delle persone da portare in escursione». «Essere accompagnati da guide ufficiali e riconosciute, visto l’eccessivo abusivismo, è fondamentale», raccomanda anche Luca Ferlito, comandante del nucleo operativo regionale del corpo forestale che collabora con tutta la macchina del soccorso alpino, compresi i militari della Guardia di Finanza. Nei soccorsi, d’altronde, l’unione fa la forza.