Terremoti a Catania e a Malta correlati? «Strutture tettoniche differenti, ma...»
Per capire meglio l'entità dei due eventi sismici che nei giorni scorsi hanno spaventato molto la popolazione, chiesti lumi a Marco Neri, primo ricercatore della sezione catanese dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
Molti hanno dormito con lo zainetto con il kit d’emergenza poggiato sull’uscio della porta. La scossa di venerdì alle 14.06 ha causato qualche timore. E quando diciannove minuti dopo la mezzanotte i letti hanno ricominciato a ballare l’ansia si è trasformata in nuova paura. In pochi minuti, anche grazie a internet, si è immediatamente saputo che l’epicentro della scossa di magnitudo 5.5 era a 150 chilometri dell’isola di Malta. Quindi ben distante da Aci Castello, zona del terremoto che venerdì ha scosso la pausa pranzo dei siciliani che vivono nella parte orientale dell’isola. Ma il dubbio è nato: i due eventi sismici sono correlati. Abbiamo deciso di chiedere lumi a Marco Neri, primo ricercatore della sezione catanese dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
C'è un collegamento tra i due eventi sismici?
Non c’è un collegamento diretto. Si sono mosse due strutture tettoniche differenti: la prima, quella che ha generato il sisma di magnitudo 4.4 del 21 aprile con epicentro localizzato pochi chilometri al largo della costa di Aci Castello, è una faglia che segmenta il fondale del Mare Ionio e potrebbe essere riferibile alla struttura nota col nome di “Scarpata Ibelo-Maltese”. La seconda struttura tettonica, invece, si trova al margine orientale del Canale di Sicilia e fa parte di un sistema tettonico “orientato circa NO-SE che assottiglia la crosta terrestre permettendo occasionalmente anche la risalita di magma dal mantello terrestre. In quest’ultimo caso, inoltre, il sisma di magnitudo 5.5 a sud di Malta è avvenuto in un’area recentemente interessata da sismicità abbastanza frequente: dalla metà di gennaio del 2023 ad oggi, ha già provocato un centinaio di scosse, tra cui un sisma di magnitudo 5.6 avvenuto lo scorso 30 gennaio. Si tratta, quindi, di sistemi tettonici differenti, che però possono essere inquadrati in un contesto geodinamico assai vivace che caratterizza il Mediterraneo centrale, per cui non si può escludere, in assoluto, che faglie contigue possano influenzarsi a vicenda.
La vicinanza temporale ha creato un po' di paura tra i cittadini della Sicilia Orientale. Dobbiamo davvero preoccuparci?
Che la Sicilia orientale sia una zona altamente sismica lo sanno tutti. Quindi, più che “preoccuparci” dovremmo “occuparci” del sisma che prima o poi certamente avverrà, verificando, a esempio, se la casa in cui abitiamo è modernamente antisismica oppure no. E nel caso in cui non lo fosse, pianificandone il suo miglioramento sismico affinché sia in grado di resistere ai terremoti senza crollarci addosso.
Il tema della prevenzione antisismica però pare non entrare nel modo giusto nell'agenda politica?
La prevenzione antisismica è l’unica arma con cui possiamo difenderci dai terremoti. In caso di un sisma violento, edifici molto alti in cemento armato ma realizzati non criteri non rigorosamente antisismici rappresentano oggettivamente un problema sia per chi li abita, sia per coloro che vivono nelle immediate vicinanze. Occorrerebbe, quindi, una generale maggiore consapevolezza sul problema, stimolando la politica ad incentivare con forza la rigenerazione urbana antisismica delle nostre città. Anche perché, facendo una valutazione economica anche soltanto approssimativa, è stato già dimostrato che “mettere in sicurezza” dal punto antisismico il territorio costa assai meno che ricostruire le città colpite dai terremoti, limitando al contempo la perdita di vite umane.