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L'INDAGINE DI CALTANISSETTA

Tra le colline di Verona il “segreto di Stato” dell’agenda rossa di Borsellino

La moglie e la figlia di Arnaldo La Barbera indagate per ricettazione con l’aggravante di aver favorito Cosa nostra

Di Laura Mendola |

«Se La Barbera fosse ancora vivo, ci sareste arrivati o vi sareste fermati un gradino prima di La Barbera?». Le parole del defunto boss Matteo Messina Denaro interrogato poco prima della sua morte dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Giudi rimbombano negli uffici giudiziari di via della Libertà a Caltanissetta. Il boss di Castelvetrano, arrestato dopo trent’anni di latitanza, torna a fare il nome del funzionario della Polizia di Stato che con la sua morte, nel 2002, ha portato con sé i «segreti», forse di Stato, dell’attentato di via D’Amelio avvenuto il 19 luglio del 1992 in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino con gli agenti di scorta. Gli stessi segreti, forse, che Giovanni Tinebra – nel ‘92 alla guida della procura nissena – ha tenuto per sé fino alla fine.

Attorno all’eccidio del giudice palermitano anche il mistero della scomparsa dell’agenda rossa in cui il magistrato annotava gli appunti investigativi, in particolare dopo la strage di Capaci in cui furono uccisi i giudici Giovanni Falcone e alcuni agenti della scorta. Due stragi nel giro di 58 giorni in Sicilia, lontano dai palazzi del potere di Roma.

Ruolo fondamentale

La Barbera, il super poliziotto chiamato a Palermo per seguire le indagini sulla mafia stragi, secondo quanto accertato dal punto di vista giudiziario, ebbe «ruolo fondamentale nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia ed è stato altresì intensamente coinvolto nella sparizione dell’agenda rossa», così ha sancito la Corte d’Assise di Caltanissetta nel cosiddetto processo Borsellino quater.

Ora su quell’agenda c’è il filone di indagine per ricettazione con l’aggravante di aver favorito Cosa nostra. Nel registro degli indagati ci sono i nomi di Serena La Barbera, figlia dell’ex Prefetto, e della madre Angiola che sono difesi dall’avvocato Giuseppe Panepinto lo stesso legale nominato da due poliziotti del gruppo “Falcone – Borsellino” che sono sotto processo dinnanzi la Corte d’Appello di Caltanissetta per calunnia con l’aggravante di aver gevolato Cosa nostra. Dibattimento in primo grado concluso con l’aggravante venuta meno, la prescrizione per due imputati e l’assoluzione con formula piena per un terzo.

Le verità mancanti

La strage di via D’Amelio, quindi, continua ad essere un grattacapo investigativo per la Procura di Caltanissetta perché ancora oggi – dopo 31 anni da quell’episodio – manca nella ricostruzione la fase esecutiva dell’attentato, non si conosce il nome di chi ha premuto il telecomando per far saltare la Fiat 126 carica di tritolo quel pomeriggio di luglio. Dell’agenda rossa ancora non c’è traccia, non si sa a questo punto a chi i familiari del superpoliziotto – che si è ritirato tra le colline di Avesa, una frazione di Verona, nel momento in cui è stato lambito dai primi sospetti – abbiano consegnato quell documento che avrebbero voluto affidare all’amico il quale si sarebbe rifiutato di tenerlo. Tutto questo si sarebbe registrato nel 2018 e cinque anni dopo quella discussione lo stesso testimone ha voluto raccontare la sua verità ai magistrati Nisseni. E lo ha fatto nel mese di maggio quando in Sicilia ci sono le commemorazioni per la morte di Giovanni Falcone.

Personaggio controverso

Un superpoliziotto controverso Arnaldo La Barbera che ha guidato le questure non solo di Palermo ma anche di Napoli e Roma fino a diventare prefetto a Genova quando si registrarono gli scontri del G8 con il famoso blitz alla scuola Diaz. A Palermo avrebbe lavorato «alla eventuale finalità di occultamento della responsabilità di altri soggetti per la strage, nel quadro di una convergenza di interessi tra “Cosa Nostra” e altri centri di potere che percepivano come un pericolo l’opera del Magistrato» tanto da ipotizzare «un collegamento tra il depistaggio e l’occultamento dell’agenda rossa di Paolo Borsellino». Quell’agenda nascosta chissà dove.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA