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L'inchiesta

Turismo, i veleni degli artisti arrestati: «Dagli un cinquantino a quelli di FdI»

Indagine delicata. Processo spostato a Pescara: l’sms incriminato partì da casa di Rendine. E ora a Palermo c’è un fascicolo sulla fuga di notizie

Di Mario Barresi |

«Ma vedrai che con la donazione di un cinquantino saranno invogliati a investire, anche perché Fratelli d’Italia, in Sicilia, naviga in cattive acque». C’è anche questa frase, in Procura a Palermo, in un voluminoso fascicolo. L’indagine è arcinota: quella sugli arresti (ai domiciliari) del compositore abruzzese Sergio Rendine e della trombettista palermitana Marianna Musotto, accusati di aver proposto una tangente di 50mila euro a Raoul Russo (all’epoca capo della segreteria particolare dell’allora assessore regionale al Turismo, Manlio Messina) come «plus per voi» per organizzare il tour musicale “Morricone suona Morricone”.

Nove tappe in Sicilia al costo di 463mila euro, a cura della Roma Sinfonietta, orchestra presieduta da Luigi Lanzillotta (anche lui indagato) e diretta da Andrea Morricone, figlio del celebre maestro Ennio, questi ultimi due non coinvolti. Russo, oggi senatore di FdI, denunciò tutto, mostrando la chat di Telegram in cui aveva ricevuto la “proposta indecente”, e fece scattare il blitz dei carabinieri.Ma gli accusati – in memorie e interrogatori, oltre che in intercettazioni agli atti del processo – si difendono contrattaccando. E, con versioni che alla fine non collimano, tirano in ballo «ambienti romani» di Fratelli d’Italia. Sparano in alto – forse sin troppo, per essere credibili – senza alcuna prova del coinvolgimento diretto del partito della premier Giorgia Meloni. Che viene più volte citata nelle carte, pur essendo totalmente estranea alla vicenda.

La chat agli atti dell’inchiesta

La prima a tirare fuori la tesi è la stessa Musotto, in arte “Marianne Li”, al momento degli arresti domiciliari, il 12 marzo 2022. In un’annotazione dei carabinieri di Palermo, la musicista «in evidente stato di agitazione», dichiara che «in tutto questo io non c’entro… sono stata messa in mezzo… si tratta di una persona importante… mi è stato detto di non fare mai il suo nome… non posso dirlo… (…) è un politico di Roma».

La “teoria” viene esplicitata poco dopo. Nelle memorie che i due artisti, poco prima di essere interrogati, presentano ai due pm titolari dell’indagine, Claudia Ferrari e Andrea Zoppi. Musotto scrive che «la frase esatta che mi è stata riportata e che era stata detta a Rendine, nella chiamata da lui riferita, è la seguente: “Vedrai che, se ci metti un cinquantino, te lo fanno fare, Fratelli d’Italia naviga in brutte acque in Sicilia”. Ancor più esplicito il racconto del maestro. Che, citando come fonte «un personaggio che godeva della mia stima, ma che non ha rapporti con questa vicenda», in «un discorso informale», scrive la stessa frase più o meno con le stesse parole: «Ma vedrai che con una donazione di un cinquantino, saranno invogliati a investire anche perché Fratelli d’Italia, in Sicilia, naviga in cattive acque».

Fin qui le versioni di Musotto e Rendine sono identiche. Del resto i due artisti sono legati da una relazione sentimentale. Proseguita anche dopo l’invio dei messaggi in chat a Russo, che la trombettista dichiara essere stati dettati dal maestro sotto «costrizione psicologica», circostanza che lo stesso compositore abruzzese ammette ai magistrati. Ma al momento dell’interrogatorio le versioni sul «cinquantino» si divaricano. La trombettista palermitana, sentita il 14 marzo 2022, ribadisce i «contatti con l’entourage» romano, ma non riesce ad aggiungere altri elementi utili. Parla di una telefonata, riferitale da Rendine («Lui mi ha detto: “Mi hanno chiamato, mi hanno chiamato con un numero privato”, senza dirmi esattamente chi lo aveva chiamato di queste persone»), ma resta sul vago. Rendine, invece, davanti ai pm cambia completamente versione. E il 12 maggio 2022 rinnega la frase messa nero su bianco nella memoria depositata a fine febbraio. Il «cinquantino»? «Questa frase non corrisponde alla verità dei fatti perché mi sentivo a disagio nel riferire i fatti realmente accaduti».

I magistrati cercano di approfondire le ragioni del dietrofront. E Rendine cita loro un altro episodio. Una videochiamata, che gli inquirenti hanno ricostruito essere avvenuta il 3 febbraio 2021. I partecipanti, oltre agli artisti, sono altri tre: l’assessore Messina (è l’unica occasione, a eccezione di qualche sms di pressing ricevuto, in cui ha un contatto con gli indagati), il suo segretario particolare e Maurizio Miceli, coordinatore provinciale di Fdi a Trapani. Tutti, ovviamente, estranei alle accuse contestate ai musicisti, rispetto alle quali anzi Russo è ritenuto parte lesa. Miceli è il tramite che mette in contatto i musicisti con l’assessorato allo Spettacolo. «Un mio conoscente, Terenzio Rucci, segretario del presidente della Regione Abruzzo (il meloniano Marco Marsilio, ndr) mi fornì il numero di Miceli – racconta il compositore – assicurandomi che avrebbe preannunciato la mia chiamata».

L’origine del rapporto viene confermata ai pm da Musotto, ma anche dallo stesso Miceli, oggi candidato sindaco del centrodestra a Trapani, sentito l’11 aprile 2022 come persona informata sui fatti, definendo Rucci, braccio destro del governatore, «un mio amico universitario che come me lavora in politica». Senza citare il ruolo con Marsilio.

A dire il vero c’è un altro rapporto pregresso rispetto alla videochat. Quello fra Russo e Musotto, riferito con correttezza già in sede di denuncia: «La conoscevo in quanto figlia di un mio ex collega in consiglio comunale, Francesco Musotto (omonimo e lontano parente dell’ex presidente della Provincia di Palermo, ndr) e l’avevo già incontrata altre volte, anche insieme al padre». Lei spingeva per «aver valorizzata la sua professionalità artistica» e il padre provava a raccomandarla, manifestando, scrive Russo, «un suo interesse ad incontrarci anche per parlare di politica, dichiarandosi estimatore di Giorgia Meloni».

Ma il futuro senatore non dà «particolare attenzione» alla cosa, «conoscendo i trascorsi di imprudenza del Musotto». Il possibile riferimento si trova in un’informativa dei carabinieri allegata al fascicolo: Musotto padre, a Palazzo delle Aquile dal 2001 al 2007, fu «coinvolto in un’inchiesta sul racket degli alloggi popolari, nata in parallelo con l’indagine antimafia che ha svelato l’interesse di Cosa nostra al governo dei bisogni dei senzatetto: la sua figura emergeva, in particolare, nel corso di un’intercettazione con il boss di Borgo Vecchio, Antonino Abbate». Da quella vicenda Musotto, però, uscì pulito.

Ma di cosa discusse nella videocall a cinque «organizzata da Miceli»? Della proposta dei due musicisti, precedente al tour: dei video che “Marianne Li” voleva fare per la Regione. «Nella videochiamata – riferisce Rendine – abbiamo parlato io e Messina che ci concesse, rispetto ai 24mila euro richiesti, un finanziamento di 12mila e rimandò tutto al suo segretario Russo». L’attuale senatore di FdI, sentito come persona informata dei fatti l’11 aprile 2022, chiarisce sul progetto dei videoclip: «La informai (Musotto, ndr) che la Regione si stava orientando su progetti diversi da quello da lei patrocinato e le suggerii eventualmente di seguire un’altra strada».

Nulla da fare. Ma è a questo punto che emerge l’iniziativa, ben più onerosa (quasi mezzo milione), del tour dell’orchestra di Morricone. L’idea, racconta Miceli, spunta in un incontro con Musotto «nel mio studio a Roma» il 29 marzo 2021: lei gli propone d’incontrare Lanzillotta. E lui, «constatata anche la vicinanza della sede dell’Orchestra Roma Sinfonietta rispetto al mio studio», l’indomani va a trovare il presidente dell’ente musicale. Che presenta all’avvocato «una prima stima dei costi». È lo stesso Lanzillotta, accompagnato da Miceli, a incontrare – sempre a Roma, il 7 aprile – un altro big di FdI: Sandro Pappalardo, ex assessore regionale al Turismo, ora nel cda dell’Enit. Pappalardo, anch’esso estraneo all’indagine, ipotizza, a detta di Miceli, «un patrocinio dell’iniziativa» da parte dell’Ente nazionale del turismo. Lanzillotta riferisce che Miceli «disse a Pappalardo che il progetto stava molto a cuore all’assessore Messina».

E anche al predecessore sarà piaciuto, visto che il consigliere Enit consiglia al presidente di Roma Sinfonietta di discutere dell’iniziativa anche con l’assessore regionale della Liguria, all’epoca Gianni Berrino, poi eletto senatore di Fratelli d’Italia e in ballo per un posto da sottosegretario (sempre al Turismo), poi sfumato, nel governo Meloni.

Da qui in poi gli accusati cominciano a parlare di «progetto piccolo» e «progetto grande», sottintendendo nel secondo l’aggiunta del “bonus”. Ma gli accusatori sostengono di non saperne nulla. Musotto racconta di aver consegnato entrambe le proposte al leader trapanese di FdI, riferendogli il “consiglio” di Rendine: «Spiego la cosa a Miceli e, prendendo i due progetti, uno ridotto all’osso e un secondo maggiorato di 50mila euro, aggiunge: “Noi non facciamo queste cose, ma tu dammeli (i progetti, ndr), ne parlo con l’assessore e poi si vede”». Miceli, sulla circostanza che nell’incontro con la musicista si fosse discusso della «questione dei costi», ai pm risponde: «No, non ricordo». E smentisce di aver riferito a Russo l’esito dei suoi incontri con Musotto e Lanzillotta, «anche perché la risposta definitiva sulla fattibilità del progetto l’avrebbe dovuta sempre e comunque dare l’assessorato, all’interno del quale io non avevo alcun ruolo».

Nelle carte sono tracciate decine di contatti fra i vari protagonisti della vicenda. Legati da un idem sentire politico, ma soprattutto dal progetto del tour di Morricone. Tutto, però, si rompe quando Russo riceve (e rifiuta) l’offerta di tangente nella chat con la trombettista. Tutto o quasi. Visto che Miceli mette a verbale: «Escludo che la Musotto mi abbia telefonato dopo il 21 aprile». Ma i tabulati acquisiti dai carabinieri dicono il contrario: c’è una chiamata, il 22 aprile 2021 alle 17,41, ed è il leader trapanese di FdI a contattare la musicista. I due parlano per 10 minuti e 27 secondi.

Ciò, di per sé, non significa nulla. Ed è arduo decriptare le frasi di Musotto, intercettata mentre parla con la madre: «… il pm si è squarato che loro hanno fatto una cricca (…) perché Miceli… lo sapeva dei progetti… non è che non lo sapeva… e li avrà avvertiti… e si sono messi d’accordo per non prendersi la patata bollente e farla scontare a me…». Rendine, in un’altra conversazione con la madre della musicista, sembra avere una chiave di lettura: «Era stato l’assessore a prendere posizione». Aggiungendo, in tono fra il sarcastico e il minaccioso: «Eh… l’assessore deve stare attento…».

Resta da capire perché Rendine abbia prima raccontato del «cinquantino» e poi ritrattato clamorosamente. A spiegarlo è lo stesso maestro, che fu direttore artistico dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, nell’interrogatorio. Tornando sulla videochat di febbraio 2021: «Nell’occasione l’assessore terminò – si legge nel verbale di Rendine- con parole verosimilmente di questo tenore: “Vedrà che faremo magnifiche cose per la Sicilia, la Regione e il partito”». Questo, a Rendine, è sembrato «un invito in traslato a fare qualcosa che potesse aiutare il partito in Sicilia, che sapevo avere difficoltà economiche. Perciò – spiega ai magistrati – la mia interpretazione della frase da me pronunciata (quella sul «cinquantino», ndr) è stata originata dalle parole dell’assessore».

Avrà capito male: il «plus di regalo» è stato nettamente rifiutato da Russo, che ha denunciato tutto. I fatti sono chiari. Dopo questa vicenda, le «magnifiche cose» sono accadute soltanto all’assessore regionale e al suo segretario, diventati rispettivamente vicecapogruppo alla Camera e senatore di FdI. Mentre Rendine, Musotto e Lanzillotta dovranno affrontare il processo per istigazione alla corruzione.

Non più a Palermo, dove c’era stata la richiesta di rinvio a giudizio della Procura, perché il gip – accogliendo l’istanza del difensore di Rendine, Paolo Sardini, a cui si sono associati gli avvocati di Musotto, Fernando Rucci e Giorgio Zanasi – ha disposto il trasferimento degli atti al Tribunale di Pescara. Perché è dall’abitazione del compositore, a Collecorvino, che è partito il messaggio su Telegram in cui si offre la tangente. Sarà un altro tribunale a dover dipanare la matassa, decidendo se approfondire le indagini preliminari o andare direttamente a udienza preliminare (Lanzillotta chiede il patteggiamento), attestando la linea dei pm siciliani.

Ma a un’inchiesta che lascia Palermo ne corrisponde un’altra che si apre. Un fascicolo, per ora contro ignoti, sull’ipotesi di rivelazione di atti coperti da segreto istruttorio. La storia della tangente, infatti, fu anticipata da un tam-tam (anzi: da un tic-toc) mediatico su siti e tv. diversi mesi prima del blitz dei carabinieri. «La nostra assistita – riferiscono i legali della musicista – è stata già sentita sulla vicenda oggetto di un nostro esposto. Ed è stata molto chiara e dettagliata nella sua ricostruzione dei fatti».

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