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Il caso a Gela
Una famiglia distrutta dal sangue: uccide la madre, trent’anni fa aveva visto l’omicidio del padre
Trent’anni fa il delitto del padre davanti ai suoi occhi. Lunedì il matricidio dopo l’ennesima lite per la droga. Dieci mesi fa Filippo Tinnirello era uscito dalla comunità
Una famiglia distrutta dalle tragedie. Un figlio Filippo Tinnirello 43 anni che si arma e uccide la madre Francesca Ferrigno di 64, “colpevole” di non dargli i soldi per acquistare la droga e il padre Angelo ucciso trent’anni fa per mano criminale nell’ambito di un regolamento di conti all’interno della Stidda. Due episodi diversi che di fatto hanno segnato la famiglia Tinnirello.
Aveva assistito all’omicidio del padre, 30 anni fa
Il 13 gennaio del 1994 intorno alle 21 si è registrato l’omicidio di Angelo Tinnirello in via Benedetto Bonanno dinnanzi agli occhi impauriti del figlio Filippo e della moglie Francesca Ferrigno. Lunedì sera quel ragazzino che all’epoca aveva solo 13 anni ha impugnato un coltello per uccidere la madre. Per trent’anni quella donna minuta non si è mai fermata.Aveva quattro bambini da sfamare e, tra una difficoltà e l’altra. si è messa a lavorare. Tre figli Concetta, Valentina e Omar si sono fatti strada nel mondo del lavoro. Non è stato così per il maggiore dei figli, Filippo, 43 anni, ora accusato di omicidio volontario. Lui ha bruciato la sua vita con le sostanze stupefacenti. E lo ha fatto per un lungo periodo. Un cruccio al cuore per la donna che aveva trovato riparo alla sofferenza nella chiesa evangelica di Albani Roccella. Qui era sempre presente ai riti religiosi anche se, tra una uscita e l’altra, il suo pensiero era rivolto al figlio maggiore che gli ha dato tanti dispiaceri. Dieci mesi fa il ritorno a casa dopo un periodo trascorso in una comunità terapeutica. L’abbraccio con la madre che due anni prima lo ha denunciato per maltrattamenti, ma come il “figliol prodigo” lo ha perdonato. Quel ragazzo grande e pelato in più occasioni si è mostrato cambiato, tanto da essere ritenuto da un consulente tecnico non pericoloso e continuava ad essere in cura al Dipartimento salute mentale dove si sarebbe dovuto recare in questi giorni per la tradizionale puntura terapeutica.
Una convivenza difficile
La convivenza in via Vitali 7 con il trascorrere del tempo è diventata insopportabile, in particolare nelle ultime settimane. Continui i litigi in casa perché il 43enne è ritornato a consumare sostanze stupefacenti. Continue le richieste di denaro e lo avrebbe fatto anche lunedì sera. Una parola dopo l’altra, la madre che dice “no” all’ennesima richiesta. L’urlo per il fendente al collo e quello al ventre. Poi il silenzio. Nella casa di via Vitali la scena che si è presentata ai carabinieri è stata agghiacciante.Il matricida dopo aver ucciso la donna si è lavato e a passo lento si è presentato dalla Polizia, a pochi passi da casa. «Ho ucciso mia madre con una coltellata». E lo avrebbe ribadito durante l’interrogatorio alla caserma dei carabinieri del Reparto territoriali davanti ai pm e ai militari che indagano sul delitto. Dopo la confessione per lui sono scattate le manette e ora si trova recluso nel carcere di Balate in attesa dell’udienza di convalida. Negli occhi del fratello Omar lo smarrimento. Sguardo fisso alla finestra di casa mentre i carabinieri facevano rilievi all’interno. Una sera di sangue e disperazione con un fratello ora in carcere e una madre che per trent’anni ha fatto di tutto per accontentarlo, per fargli cancellare il dramma dell’omicidio del padre. Ma Filippo questo affetto non lo ha ricambiato, ferendo mortalmente la donna il cui corpo verrà sottoposto ad autopsia.