Ustioni e schegge di bombe: salvate a Catania le due ragazzine arrivate in Sicilia dalla Striscia di Gaza
Il volo dalla Palestina, l'arrivo all'ospedale Cannizzaro, la cartella clinica in arabo, il viaggio umanitario di due sorelline gazawi
Le serviva un cellulare. Uno smartphone per comunicare con il resto del mondo che si è lasciata, per adesso, alle spalle: la striscia di Gaza. Così, quando le è stato portato, un regalo arrivato direttamente nel reparto di Chirurgia plastica dell’ospedale Cannizzaro di Catania, lei non riusciva a trattenere la contentezza. Ha 15 anni ed è ferita. Sua sorella più piccola ne ha dieci ed è in condizioni più gravi. Entrambe, accompagnate da un fratello più grande e dalla mamma, adesso sono in salvo nel capoluogo etneo.
Sono arrivate poco meno di un mese fa. Uno dei trasferimenti sanitari che permettono da mesi ai bambini e alle bambine palestinesi di salvarsi dalla guerra per essere curati negli ospedali italiani. Le due sorelline gazawi hanno ustioni e ferite da schegge dovuti alle bombe. La cartella clinica è arrivata in arabo, le esigenze della traduzione, poi quelle della burocrazia. Alla fine, con un mese di ritardo rispetto ai tempi originariamente previsti, sono potute salire sul volo che le ha portate dalla Palestina distrutta dai droni di Israele fino alla Sicilia. Per il momento, sono le uniche due pazienti palestinesi in cura nell’Isola.
Per organizzare il viaggio, si è attivata una rete complessa. Sotto l’egida della presidenza del Consiglio, si sono mossi il dipartimento nazionale di Protezione civile, i ministeri degli Esteri e quello dell’Interno, che hanno permesso l’organizzazione del trasporto. A coordinarlo è stata la Cross (Centrale remota delle operazioni di soccorso sanitario), una struttura che si occupa di centralizzare le necessità di assistenza che provengono da tutte le regioni d’Italia e dall’estero. Dalla Cross la risposta all’appello da parte della referente delle Grandi emergenze della Regione Siciliana, la direttrice del 118 di Catania, Siracusa e Ragusa Isabella Bartoli. Poi la collaborazione di tutti: la prefettura di Catania, l’Aeronautica militare di Sigonella e, naturalmente, l’azienda ospedaliera Cannizzaro, dove le piccole pazienti hanno subito diversi interventi chirurgici e sono attualmente ricoverate.
La più piccola era in condizioni più preoccupanti: ferite da esplosioni alle gambe e complicazioni infettive. La più grande, invece, una situazione piuttosto complessa a un piede. Visite, diagnosi, operazioni dell’équipe del reparto di Chirurgia plastica diretto dal professore Rosario Perrotta. Secondo quanto appreso, agli ostacoli linguistici si sono sommate non solo le differenze culturali ma anche, e soprattutto, la difficoltà di affrontare i traumi di natura psicologica dovuti all’esperienza della guerra. Fondamentali i mediatori e le mediatrici culturali della Croce rossa.
«Se non ci fossero loro sarebbe tutto più complicato», spiega padre Mario Torracca, cappellano ospedaliero del Cannizzaro. «Hanno ascoltato le loro esigenze. Ho portato dei giocattoli alla più piccola e questo smartphone alla più grande, che ne era felicissima». Adesso, per entrambe, è il momento della riabilitazione.
«È bello potere dire che abbiamo fatto un granellino della nostra parte», afferma la dottoressa Isabella Bartoli. «Il sistema che coinvolge la Cross fa sì che nessuna regione e nessun Paese si senta più davvero solo - continua - Il coordinamento è impeccabile, la dimostrazione del valore della sanità pubblica che permette a tutti di accedere alle cure di cui hanno bisogno. Lo abbiamo sperimentato con la pandemia da Covid-19; lo abbiamo fatto con l’Ucraina, dove ci è stato possibile anche mandare le nostre squadre sul campo, per constatare di persona le effettive condizioni dei pazienti e la possibilità di sostenere un viaggio aereo; e lo stiamo facendo con i bambini e le bambine palestinesi», conclude Bartoli.
In totale, in Italia, sono arrivati 133 pazienti provenienti dalla Striscia di Gaza, rimasti feriti durante i raid israeliani, e circa 270 loro accompagnatori. Tra i quali anche le due minori, la madre e il fratello adesso ospiti a Catania, di cui finora non era stata data notizia. I numeri sono stati diffusi ieri sera, in occasione dell’arrivo a Milano del piccolo Adam, undici anni, il figlio della dottoressa Alaa al-Najjar: lei era al lavoro al Nasser medical center quando un attacco di Tel Aviv ha ucciso suo marito e i suoi altri nove figli. Adam, l’unico sopravvissuto, è stato accolto insieme alla madre dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e sarà curato all’ospedale milanese di Niguarda.
Questa operazione di soccorso umanitario è la più grande finora sostenuta dall’Italia: coinvolge minori feriti e malati per un totale di 17 pazienti e 53 loro familiari accompagnatori, 70 persone in tutto.