Valentina Salamone non si è impiccata ma fu uccisa: accusato il suo ex amante

Di Orazio Provini / 12 Luglio 2016

Una storia terribile quella di Valentina Salamone, la giovane diciannovenne di Biancavilla trovata impiccata all’albero di una villetta di Adrano il 24 luglio del 2010. Sono trascorsi quasi sei anni da quel drammatico giorno, sessanta mesi scanditi da quelle che sembravano iniziali certezze, trasformatesi prima in ragionevoli dubbi e poi in una nuova verità, non senza, strada facendo, qualche colpo a sorpresa. Quello che inizialmente era stato “bollato” come un suicidio, tanto che la Procura ne chiese l’archiviazione, è poi diventato un possibile omicidio, camuffato da un’abile, quanto probabilmente inutile messa in scena, incapace di convincere i familiari della ragazza, mai certi di quella lettura che fu data all’episodio che costò la vita della figlia e successivamente neanche gli stessi inquirenti.

Valentina non si sarebbe suicidata e non lo avrebbe neanche voluto; nonostante all’inizio e per ben due anni tutto avesse fatto credere il contrario. Troppi i dubbi e le incertezze legati alla dinamica di quello che invece è considerato un finto suicidio. Accuse, smentite e contro smentite che portarono a individuare quello che è invece ritenuto l’autore del delitto (forse aiutato da un complice) e il movente che lo avrebbe sancito. Tutto sarebbe stato mosso da una controversa e tormentata relazione sentimentale tra la giovane donna e quell’uomo sposato con tre figli.

Nicola Mancuso, disoccupato, all’epoca trentenne, fu identificato, sospettato e accusato successivamente dai magistrati della Procura generale, che avocarono l’inchiesta due anni dopo, per quello che non sarebbe stato un suicidio ma un omicidio. Lo fece l’allora avvocato generale (oggi procuratore generale) Salvatore Scalia (insieme alla collega dell’ufficio Sabrina Gambino) che riaprì le indagini puntando l’indice contro l’uomo.

Mancuso venne arrestato e detenuto fino a quando la Cassazione, nel settembre del 2013, annullò l’arresto rimandando tutto a un nuovo collegio giudicante. Nicola Mancuso lasciò il carcere dopo otto mesi di detenzione per decisione del tribunale del Riesame di Catania. Su di lui intanto piombarono altre accuse legate alla droga, che gli costarono un paio di condanne, una delle quali a diciotto anni di carcere.

Per la morte di Valentina ci furono nuove prove e tra queste la certezza che alcune tracce di sangue ritrovate sulla maglietta della vittima appartenevano proprio a lui. Un elemento questo che sarebbe stato invece inizialmente escluso. Caso riaperto dunque, o mai chiuso se preferite, fino all’attuale richiesta di  rinvio a giudizio con l’accusa di omicidio pluriaggravato. A firmarla lo stesso procuratore generale Scalia e il sostituto Gambino. L’udienza preliminare per decidere se processare o no Nicola Mancuso è stata fissata per il 18 ottobre. A decidere sarà il Gip Marina Rizza.

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