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Venti di guerra di mafia a Catania: le intercettazioni del blitz "Leonidi"

Ecco come Seby Ercolano stava organizzando l'omicidio nei confronti di Pietro Gagliano, del clan Cappello

Laura Distefano

23 Dicembre 2023, 08:16

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Soffiava vento di guerra tra Cosa nostra e Cappello. I carabinieri però lo hanno placato. Appena in tempo. L’operazione Leonidi (il nome è ispirato da uno sciame di meteore che hanno il loro apice a novembre) ha bloccato il piano dei Santapaola-Ercolano di ammazzare Pietro Gagliano, il “puffo”, esponente dei Cappello-Carateddi e nipote del nuovo pentito Michele Vinciguerra.
Il piano di sangue era fortemente voluto da Seby Ercolano, una nuova leva della mafia catanese e con un cognome di forte lignaggio criminale. Si tratta, infatti, del figlio dell’ergastolano Mario Ercolano e nipote di Aldo, coinvolto nello storico processo Dionisio. Entrambi i fratelli, inoltre, sono cugini di Aldo Ercolano, condannato per l’omicidio - tra i tanti commessi - del giornalista Pippo Fava. Il nome del rampollo mafioso già compariva nelle carte delle indagini sui pestaggi alla Vecchia Dogana compiuti dal gruppo capitanato da un quindicenne appartenente ai Nizza.

Il diverbio e la sparatoria



L’escalation di violenza comincia a ottobre. Pietro Gagliano, legatissimo a Sebastiano Miano ‘piripicchio’, ha un diverbio con un altro rampollo dal cognome “pesante” del gruppo santapaoliano della Stazione. Lo avrebbe rimproverato di non essere in grado di «parlare» per conto del clan di cui sarebbe esponente. Attacchi che hanno provocato profonde crepe. Ma nonostante i tentativi di ritrovare la quiete il pomeriggio del 21 ottobre 2023, intorno alle 18,30, Gagliano ha sparato diversi colpi nei confronti di due santapaoliani alla presenza di Ercolano junior. La sparatoria è avvenuta in via Poulet, al Passareddu. «Si sono buttati a terra con il motorino… poi c’è tornato indietro… stava scappando… e poi c’è tornato da dietro e gli ha puntato la pistola in faccia…». La risposta però non è potuta partire la sera stessa perché «i vaddia» hanno fatto dei controlli ai due destinatari delle pallottole. «Perciò la risposta non gliela abbiamo potuta dare ieri». A parlare è sempre Seby Ercolano che per «togliere l’onta subita» dalla famiglia è deciso a vendicarsi. E a più riprese ha tentato di procurarsi un’arma (a tal proposito nel corso delle indagini è stato sequestrato un arsenale). Nel frattempo ha anche cercato di ottenere l’autorizzazione dal padre detenuto e anche l’aiuto di Turi Assinata, arrestato nel blitz.

Il sopralluogo per l'omicidio

Alla fine, dopo alcune settimane, Ercolano ha organizzato anche un sopralluogo davanti casa di Gagliano al viale Moncada. Che in alcune intercettazioni è definito come «Il nipote del pentito (Vinciguerra, ndr)». «Suo zio sta facendo arrestare mezza Catania e sono ancora sulla strada!», hanno detto a più riprese. Il piano per sparare contro Gagliano è stato studiato nei minimi particolari. Il progetto prevedeva di colpirlo quando il cappelloto sarebbe arrivato con l’auto davanti al cancello carrabile: «Nel frattempo che apre… che si apre tutto il cancello per passare lui con la macchina… loro che fanno… che sono già nelle scale? Sono quattro scalini pam pam pam, parapau». Anche se hanno ipotizzato di usare «una pistola con il silenziatore». Ercolano e i suoi picciotti hanno già escogitato come crearsi un alibi: «Noialtri eravamo a ballare… al locale».

Armi e cocaina



I carabinieri del Nucleo investigativo hanno eseguito, lo scorso 19 novembre, nove fermi emessi dalla pm Lina Trovato e dal procuratore aggiunto Francesco Puleio che poi è stato trasformato nell’ordinanza emessa dal gip Carlo Cannella ieri mattina dopo le udienze di convalida. Alla fine è stato convalidato il fermo solo per Antonino Razza (genero del capomafia Santo Battaglia), che in un primo momento è stato irreperibile e poi si è costituito nel pomeriggio dello scorso martedì, ed è stata disposta misura cautelare per Turi Assinnata, 51 anni, Giuseppe Cultraro, 43 anni, Seby Ercolano, 20 anni, Davide Enrico Finocchiaro, 38 anni, Salvatore Finocchiaro, 48 anni, Pietro Gagliano, 26 anni, Salvatore Poidomani, 52 anni, Antonino Razza, 35 anni, Samuele Romeo, 24 anni.
Le indagini hanno permesso di delineare i nuovi e attualissimi assetti mafiosi soprattutto al Villaggio Sant’Agata, storica roccaforte degli Ercolano, dopo l’arresto dell’uomo d’onore riservato Ciccio Napoli. A capo del “Villaggio” è indicata la figura di Davide Enrico Finocchiaro che ha rivendicato «l’orgoglio di essere» un appartenente a Cosa nostra e si è fatto promotore dello stile della «vecchia mafia» dei «grandi», ovvero «ergastolani e morti».
I carabinieri hanno anche scoperto un florido traffico di droga: alcuni corrieri sono stati bloccati a Canicattì, nell’agrigentino, con un chilo di cocaina.