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«Le pagliacciate!» da Premio Nobel che fanno ancora discutere dopo 87 anni

Luigi Pirandello il 10 dicembre del 1934 riceveva il prestigioso riconoscimento. Quelle parole ancora oggetto di studio. Lo studioso: «Ce l’aveva solo coi fotografi e non con l'Accademia di Svezia»

Fabio Russello

10 Dicembre 2021, 08:18

Ad Agrigento c’è un motto molto popolare che è un po’ il manifesto del disincanto dei giurgintani, delle “maschere” e delle “code pazze”: «Se Luigi Pirandello fosse nato altrove probabilmente avrebbe fatto un altro mestiere». 
Nessuna sa se le cose sarebbero andate davvero così se Pirandello fosse nato altrove, ma di certo maschere e corde pazze si rincorrono sin da quel 8 novembre 1934 quando l’Accademia di Svezia decise di conferirgli il Premio Nobel per la Letteratura, consegnato a Stoccolma il 10 dicembre successivo. 

 


Sono passati 87 anni e ormai su quelle dinamiche (ci furono pressioni del Fascismo al quale Pirandello aveva aderito non del tutto controvoglia?) ci sono pochi aspetti controversi. Ne resta solo uno, su cui gli studiosi ancora dibattono e che è riferito al 9 novembre del 1934. Pirandello riceve il telegramma dagli accademici svedesi e dunque nella sua casa romana al Nomentano c’è un via vai di giornalisti per una conferenza stampa che deve celebrare il prestigioso premio – il più importante che c’è – ad uno scrittore che aveva firmato nove anni prima il manifesto degli intellettuali fascisti. Pirandello è già al culmine della fama, il suo romanzo «Il Fu Mattia Pascal» o la sua opera teatrale «Sei personaggi in cerca d’autore» “rivoluzionarono” i canoni fino ad allora in voga nella letteratura e nel teatro. Un genio che l’Accademia di Svezia premiò «Per il suo coraggio e l’ingegnosa ripresentazione dell’arte drammatica e teatrale». Dunque il 9 novembre, il giorno dopo il conferimento del Premio, a casa Pirandello c’è molto movimento. I giornalisti gli fanno domande che lui ritiene probabilmente banali («Che cosa prova ad aver vinto il Nobel?») e i fotografi gli chiedono di sedersi davanti la macchina da scrivere e far finta di scrivere. E lui invece di far finta scrive per davvero: mezzo foglio di carta dove si legge per 27 volte e mezzo “pagliacciate!”, tutte con l’inchiostro nero escluse due con quello rosso. Un foglio che è arrivato fino a noi perché è il figlio Stefano ad averlo conservato tra le sue carte. C’è chi sostiene che Luigi Pirandello si riferisse proprio al Nobel ritenendolo una “pagliacciata”. Ma è una idea che il prof. Stefano Milioto, presidente del centro nazionale di studi pirandelliani, si sente di escludere: «Pirandello scrive mentre i fotografi e cineoperatori lo riprendevano. Perché scrive “pagliacciate!”? Non credo si riferisse al Nobel ma alla confusione che c’era in quel momento a casa sua». 

«Piradello – ha aggiunto Milioto – teneva moltissimo a diventare famoso e anche a guadagnare tanti soldi. In una lettera a Marta Abba disse a chiare lettere che col cinema “faremo tanti soldi”. Quindi lui che badava alla forma e alle maschere si riferiva sicuramente a quel rumore che c’era attorno a lui. Forse si è lasciato andare scrivendo quelle parole per l’insistenza dei fotografi e ai giornalisti che chiudevano chissà cosa. Non credo proprio si riferisse al Nobel. Alcuni rifiutarono il Nobel come Jean Paul Sartre, che inviò una lettera (arrivata però in ritardo...) dove disse di non volerlo, George Bernard Shaw voleva rifiutarlo ma la moglie lo convinse ad accettarlo, ma Pirandello era solo scocciato da domande e riprese».
Che poi il prof. Milioto chiarisce anche una volta per tutte le date del Nobel allo scrittore agrigentino: «L’8 novembre del 1934 viene conferito, e infatti sulla pergamena conservata nell’Istituto di studi pirandelliani di Roma la data riportata è quella. Il 9 novembre arriva il telegramma che glielo comunica. Il 10 dicembre c’è la cerimonia di consegna».
E’ – dovrebbe essere – un anniversario importante che però Agrigento sembra vivere con indifferenza, soprattutto da parte delle Istituzioni. Ad esempio il convegno di studi pirandelliani, appuntamento storico per Agrigento – con un indotto turistico non indifferente – che si sarebbe dovuto svolgere in questi giorni è stato rinviato a marzo, e non per il covid. Mancano i soldi. 
«Mettiamo il dito nella piaga – dice amaramente il prof. Stefano Milioto – . Il Centro studi pirandelliani fondato nel 1967 dal prof. Enzo Lauretta, ha al suo attivo 58 convegni e un’ottantina di pubblicazioni. Il centro studi di Agrigento è un punto di riferimento per gli studiosi di Pirandello di tutto il mondo. Un organismo così dovrebbe essere sorretto, sostenuto e stimolato. Lavoriamo sempre e soprattutto con le scuole con le giornate pirandelliane coinvolgendo studenti di tutta Italia. “Seminiamo” nelle scuole per suscitare interesse su Pirandello ma...».
Ecco: c’è un “ma” grande quanto una casa perché le Istituzioni sembrano del tutto sorde o quasi: «Abbiamo prodotto istanze per avere i contributi, non abbiamo avuto risposte né dal Comune di Agrigento né dal Parco della Valle dei Templi. Il Convegno aveva per tema “I sei personaggi in cerca d’autore” a cento anni dalla sua prima rappresentazione. Il Parco su un budget di 34 mila euro ci ha dato solo 17 mila euro. Dal Comune solo silenzi. Noi vogliamo restare ad Agrigento ma sembra che le Istituzioni non ci vogliano. Se ne riparla a marzo e nel caso lo facciamo a Palermo...».
Stefano Milioto, del Centro nazionale di studi pirandelliani prova a interpretare quelle parole e denuncia: «Istituzioni locali non ci sostengono»