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L'intervista
Marina Valensise e la “sua” Inda: «Con la cultura si puo’ anche mangiare»
La giornalista, scrittrice e consigliere delegato della Fondazione: «Alzare la qualità della produzione e portare a Siracusa grandi registi in grado di reggere la sfida di un teatro antico all'aperto»
Marina Valensise, consigliere delegato della Fondazione Inda di Siracusa, è una signora garbata e parecchio ottimista. E «l’ottimista – diceva sir Winston Churchill – vede opportunità in ogni pericolo». Ecco perché questa donna è riuscita in pochi anni a fare della “sua” Inda un’isola felice. Perché il suo rigore, il suo coraggio, la sua visione, le fanno dimenticare i “pericoli” facendo sì che uno dei nostri più bei teatri di pietra, sia diventato punto di riferimento internazionale di registi, attori, scenografi, coreografi e studiosi di massimo livello mondiale.
Dottoressa Valensise, com’è la Sicilia secondo lei?«Beh, questo è un tema arduo, posso dire che è una delle terre più belle del mondo! Rimanendo, però, nell’ambito ristretto delle mie competenze le invio innanzitutto il file di un libro che ho scritto: “La cultura è come la marmellata”. È lì che troverà le mie idee sull’industria della cultura».
Lei ha scritto «con la cultura si può anche mangiare».«Esattamente e nel libro, nato dopo la mia esperienza di quattro anni come direttore dell’Istituto italiano di cultura a Parigi, racconto tutto quello che ho fatto in Francia. La mia tesi è che non è vero che con la cultura non si mangia, la cultura è il vettore primario per la promozione del territorio, per il suo benessere e per la valorizzazione dell’export italiano. Guardi sono tutti aspetti importanti e da non sottovalutare».
Ci ha colpito quando afferma che il territorio «si può promuovere se c’è una visione e per avere una visione non basta la competenza, ma serve passione e rigore». Ecco, cos’è il rigore secondo lei?«Parlerò facendo degli esempi, sono una persona molto pragmatica. Quando mi chiedono, come hai fatto ad aumentare la frequentazione degli spettacoli classici che quest’anno ha toccato il record storico in 109 anni di storia con 170.000 biglietti venduti? Lo spiego molto semplicemente, noi dell’Inda produciamo degli spettacoli – quest’anno ne abbiamo prodotti quattro in scena per 45 giorni al Teatro greco di Siracusa – e i ricavi dell’Inda sono superiori a 5 milioni di euro, ma per ogni euro che incassiamo c’è un ritorno considerato tra il 7 e il 9 per cento per tutto il territorio. L’indotto dunque, facendo una moltiplicazione, riceve circa 35 milioni di euro. E non lo diciamo noi, ma gli albergatori di Siracusa».

Potremmo dire che se la Sicilia facesse di più per la cultura, potrebbe risollevare più facilmente il Pil dell’intera regione?«Quello che noi diciamo è che la vendita di questi biglietti ha avuto un record storico di incassi. Quando mi domandano: come hai fatto ad aumentare il valore della produzione, hai forse ridotto il costo dei biglietti? Io dico no, ho alzato la qualità della produzione. Questo vuol dire che vengono a Siracusa grandi registi in grado di reggere questa cosa misteriosa che è un teatro antico all’aperto dove devi controllare non solo le capacità fisiche e atletiche degli attori, ma devi avere contezza dei movimenti di scena di centinaia di persone e controllare la simultaneità delle parti. Vede, la tragedia antica non è prosa, è musica, danza, versi, poesia, architettura e ritmica, tutte cose che depongono all’insegna del rigore»
E torniamo al rigore, dunque è questa la formula del successo?«Semplicemente noi ci fondiamo non su questioni che riguardano rapporti personali o scorciatoie di tipo politico, stiamo facendo uno sforzo per cui a Siracusa dobbiamo attrarre grandi registi, per affidare la traduzione a grandissimi studiosi che riscrivono questi capolavori nella lingua italiana di oggi, per avvalerci di grandi gli interpreti e tutti loro, poi, scelgono il tecnico che disegna le luci, lo scenografo, il costumista, il musicista e hanno la nostra massima fiducia».

Un lavoro collettivo che esprime eccellenza…«L’Inda è stata, dall’inizio, un organismo collettivo fondato da un gruppo di mecenati siracusani che hanno raccolto intorno a loro entusiasmo e una serie di notabili – i fratelli Gargallo – e sono partiti autotassandosi per mettere in scena gli spettacoli».
Concentriamoci sulla nostra Isola, in generale, l’Inda è anche un’industria che produce utili, che produce spettacoli di grande qualità, cultura. Ma non crede che questa parola “cultura” sia spesso interpretata da noi siciliani come qualcosa di estremamente etereo?«La Siracusa che lei descrive, con la sua Fondazione, è un’isola nell’isola, ma è soprattutto un unicum al mondo, perché è una città che ha uno dei massimi monumenti dell’antico e che ha, da cento anni, la visione di trasformare l’antico in qualcosa di contemporaneo. Dunque, la lungimiranza dei fondatori forse è già nel nostro dna, fa parte della nostra identità. Noi ci siamo dati l’obiettivo di non fare degli spettacoli museali o folkloristici, ma di proporre degli spettacoli che parlino al cuore e alla mente dell’uomo contemporaneo».
Lei ha scritto “Sul baratro, città, artisti e scrittori d’Europa alla vigilia della seconda guerra mondiale”. Crede che, attualmente, esista una crisi degli intellettuali che è poi la ragione della crisi della nostra società?«La crisi degli intellettuali è uno degli aspetti della difficoltà del mondo contemporaneo ma non è la causa, la vera ragione è che la società è una società che ha perso il punto di vista dell’interesse comune e del bene generale. Oggi i diritti di tutti si declinano in base ai diritti individuali della persona, questo rende le cose molto più difficili da gestire sul piano collettivo perché manca l’idea generale, quella che accomuni tutti quanti all’insegna di una visione globale. Nel contempo però, in questa “isola felice” di cui lei parla, penso spesso allo sforzo dei tanti investitori che acquistano antiche masserie e le restaurano, che lo fanno con amore, con attenzione, con rispetto scrupoloso ai dettami della Soprintendenza. Io sono circondata da mecenati dell’Inda che sono persone di grandissimo spessore e fanno delle cose egregie, che hanno trasformato delle vecchie pietre, credendoci davvero. Insomma, quello che vedo intorno a me, sono delle persone di grandissima qualità che hanno molti mezzi e che investono, che si sacrificano per migliorare il territorio, per migliorare l’ambiente e che sono al nostro fianco, che è la cosa più straordinaria. Aggiungo, infine, che queste persone hanno capito che in una situazione come quella siciliana bisogna lavorare insieme. La mia esperienza è un’esperienza peculiare, ma è anche qualcosa che raccoglie e riunisce intorno a sé le persone e le migliori energie di tutto il territorio siracusano, catanese, direi anche siciliano».