Notizie Locali


SEZIONI
Catania 17°

il ricordo

I 100 anni di Luisa Adorno

L'autrice di "L'ultima provincia", appena ripubblicato, e "Arco di luminara", scomparsa il 12 luglio scorso

Di Redazione |

«Quann'eramo a Bosco Canniti», come iniziavano i racconti della domestica Concetta, considerata l'interprete ideale di quei fatti, citata all’inizio del racconto che ne fa nel suo luminoso e brioso libro d’esordio del 1962, «L'ultima provincia», Luisa Adorno, che avrebbe compiuto il 2 agosto cento anni ed è invece scomparsa da pochi giorni, il 12 luglio. Un libro di ricordi, più che di memorie, che dà sin dall’inizio la cifra che sarà di questa scrittrice, vincitrice di vari premi importanti, tra cui nel 1990 il Viareggio per la narrativa con «Arco di luminara»

Anche l’immagine di questo titolo resta esemplare, perché è proprio quell'amore per le cose semplici, a dimensione umana e che suscitano meraviglia, come appunto l’arco di lampadine di tante feste paesane di un tempo, a muovere la scrittura della Adorno, sul filo della memoria senza nostalgie, ma come recupero e rivisitazione e scoperta del mondo con delicatezza e occhio naturalmente e mai ideologicamente femminile, con un senso etico di fondo e uno stupore per la varietà e ricchezza dell’esistenza mai disgiunto dalla propria eterna e innata ironia, cui dava misura e senso una profonda umanità e comprensione per gli altri, giocando in bilico tra il disincanto toscano e la profondità del sentimento siciliano. 

 Nata a Pisa il 2 agosto 1921, Luisa Adorno, il cui vero nome è Mila Curradi Stella, ripara a Roma durante la guerra quando una bomba distrugge la casa in cui abita e poi inizia a insegnare, cosa che alle medie e superiori farà sino al momento della pensione, a Orbetello (Grosseto) dove vivevano i suoi zii. A segnare la sua esistenza l’essere rimasta prestissimo orfana di madre e poi la morte di una figlia di 50 anni, oltre all’impegno nella Resistenza e poi quello nella scrittura che la porterà a collaborare col "Mondo"  di Pannunzio e la rivista ''Paragone" di Longhi.

A Roma conosce e sposa il marito, di famiglia siciliana legata a quella terra lavica e nera alle pendici dell’Etna e figlio del Prefetto, come è sempre chiamato, divenuto tale «in quello spazio di tempo incredibilmente breve in cui, non valendo più le raccomandazioni fasciste, non esistevano ancora quelle del nuovo governo», e racconta delle vicende di un podere chiamato Bosco Canniti che, per chi entra in contatto con quella famiglia, diventa impossibile continuare a ignorare. 

 E’ allora che nasce la scrittrice, che prende appunti, tiene un diario e poi lo traduce nel suo primo romanzo uscito da Rizzoli nel 1962 quando vince il premio Alpi Apuane ma riscoperto e lanciato da Sciascia venti anni dopo facendolo pubblicare da Sellerio (che proprio in questi giorni è tra i titoli che inaugurano la nuova collana economica "Promemoria" – pp. 176 , 10,00 euro). E uno dei libri più divertenti e leggeri, nel senso calviniano, quindi tutt'altro che di poco peso, del nostro secondo Novecento, ritratto tutto vero di un’Italia e una famiglia italiana osservata con umana curiosità e trova la sua vivacità anche proprio nella lingua, pulita e toscana nella sostanza, ma contaminata da parole modi di dire siciliani, come in altri libri saranno invece quelli toscani a uscir fuori. 

 Pubblica così otto libri in tutto, ognuno frutto di lunghe gestazioni e limature, e tutto il materiale relativo al suo lavoro è depositato nel Fondo Luisa Adorno presso l’Archivio di Stato di Firenze a cura dell’Archivio per la memoria e la scrittura delle donne Alessandra Contini Bonacossi, e si divide in due nuclei distinti: il primo è formato dai dattiloscritti e manoscritti delle opere già edite (alcuni dattiloscritti si presentano in copia manoscritta e fotostatica con varianti significative) e il secondo composto da documenti quali recensioni, partecipazioni a convegni, presentazioni di testi, articoli già pubblicati in riviste, lettere e abbozzi di futuri racconti. 

 Da «Le dorate stanze» a "Arco di Luminara'' e «La libertà è un cappello a cilindro, da «Foglia d’acero» (scritto intorno al diario ritrovato di un avventuroso zio, Daniele Pecorini Manzoni, fuggito in Estremo Oriente all’inizio del '900) al coinvolgente «Sebben che siamo donne» fino ai racconti di «Come un ballo in maschera» e "Tutti qui con me" che raccolgono le pagine più private e i ritratti di amici di una vita sempre raccontati con  quel suo misto di affetto e ironia, dalla pittrice Agata Pistone al critico Niccolò Gallo e tanti altri. Tutti libri che saranno da riscoprire ben presto.   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

Di più su questi argomenti: