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Aspettando i dazi di Trump, i banchieri lanciano l'allarme sul rischio "recessione"

L’incertezza sulla loro versione finale, restano l’elemento di maggiore preoccupazione nella comunità finanziaria ed economica italiana

Andrea D’Ortenzio

11 Luglio 2025, 18:57

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Rischi di «recessione» o comunque di rallentamento della crescita, di spinta all’inflazione o, al contrario, di depressione dei prezzi. I dazi dell’amministrazione Trump, e ancora più l’incertezza sulla loro versione finale, restano l’elemento di maggiore preoccupazione nella comunità finanziaria ed economica italiana ed europea, preoccupazione alla quale dà voce il presidente dell’Abi Antonio Patuelli e che fa chiudere in calo i mercati azionari.

Le opposizioni all'attacco

Misure che agitano anche la politica con la leader dell’opposizione, Elly Schlein, che accusa: «più ancora della tariffa il danno lo fa l’incertezza, e questo signore che oggi governa gli Usa via twitter si permette di generare da quando si è insediato otto mesi di incertezza». Danni che - prosegue la segretaria del Pd - il governo Meloni «cerca di coprire» «per imbarazzo».

L'assemblea Abi

Le possibili misure finali che il presidente Usa intende varare contro l’Europa in particolare e, più in generale, verso il resto del mondo, hanno appunto tenuto banco all’assemblea dell’ABi a Milano. Il presidente dell’associazione Antonio Patuelli, nella sua relazione, ha chiesto di «disinnescare» i rischi di protezionismo e dei dazi, pena effetti a catena sulle banche e quindi sull'andamento dell’economia. Certo, il ministro dell’economia Giorgetti ha rivendicato i risultati del governo e i segnali «positivi per l’economia italiana» come un pil acquisito dello 0,5% per il 2025 e l’occupazione ai massimi ma non ha nascosto anche lui le incertezze derivanti dai dazi.

Il governatore di Bankitalia

C'è poi il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta. Anche lui parla di mezzo punto di pil sottratto all’euro zona dai dazi fra il 2025 e il 2927 mentre gli analisti dell’istituto centrale registrano come un’impresa su tre tema gli impatti del protezionismo. A seconda di come verranno disegnate le misure poi si potranno avere effetti di crescita o di decrescita (nel caso di invasione di merci cinesi) sull'inflazione rendendo quindi più oscure le stime sull'andamento dei tassi e sulla politica Bce.
Panetta, tuttavia, invita a vedere le possibilità che si aprono di fronte a degli Stati Uniti che stanno perdendo l'egemonia mondiale economica e del dollaro. Un vuoto che l'Europa può e deve colmare a patto che sia unita e compia quel balzo in avanti nell’integrazione fra cui l’eurobond diventando «protagonista».

I grafici e le alternative

Panetta, con l’ausilio di grafici e dati come è costume in Banca d’Italia, rileva che «gli investitori sono alla ricerca di alternative al dollaro e ai mercati americani, avviando - seppur gradualmente - un parziale riorientamento dei portafogli globali». Si tratta di «opportunità» non si «realizzeranno da sole» ma che potranno essere colte solo rilanciando con determinazione il progetto di integrazione, completando il mercato unico e adottando politiche comuni per l’innovazione, la produttività, la crescita». I dati si diceva. Nelle 12 pagine del discorso del governatore si legge che l’area dell’euro investe meno di quanto risparmia (3.200 miliardi di euro a di 3.700 nel 2024), al contrario degli Stati Uniti (5.900 miliardi contro 4.700), e presenta una posizione patrimoniale netta verso l'estero positiva, pari al 10 per cento del Pil». «In altri termini - sintetizza Panetta - l’Europa non esporta solo beni, ma anche risparmio - in larga misura verso gli Stati Uniti». Margini di possibilità colti dai banchieri presenti.

Per il presidente di Unicredit Pier Carlo Padoan «le banche devono investire di più in nuove tecnologie per migliorare i servizi ai cittadini e le imprese. Naturalmente l’Europa deve essere anche unita, quindi deve sfruttare il suo più grande vantaggio competitivo, che è avere un grande mercato e anche avere una valuta forte». Il quadro non è comunque facile. Per il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros Pietro sui dazi "c'è una trattativa continua» anche per le abilità di negoziatore di Trump. «Non c'è dubbio: i dazi significano incertezza - sottolinea - anche perché non sappiamo ancora quanto saranno e come saranno distribuiti» e rappresentano «un costo» che «frena gli scambi internazionali e la globalizzazione».