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Gdo, fanno affari, fanno i soldi e scappano

Di Andrea Lodato |

Catania. Se non ci fossero stati gli ammortizzatori sociali. Se non ci fossero stati strumenti che hanno attenuato l’espulsione di migliaia di lavoratori. E se non ci fossero stati imprenditori coraggiosi, che hanno rilevato molti punti vendita in chiusura, in tanti casi salvandoli. Senza questi tre se, se, se, la crisi della Grande distribuzione organizzata in Sicilia avrebbe potuto già provocare una autentica catastrofe occupazionale. Il rischio, purtroppo, è tutt’altro che scongiurato, anzi. La vicenda Auchan scoppiata a Catania in questi giorni conferma che il mondo della grande distribuzione sembra non riuscire più a venir fuori da quel tunnel. Perché se da un lato le vendite crescono, la tenuta dei gruppi non si consolida e il peggio, sembra di capire, deve ancora arrivare.

Da Roma lo conferma il segretario regionale della Filcams Cgil, SalvoLeonardi, che ha avuto più di un incontro nelle ultime ore con i vertici della segreteria generale della Filcams, dalla numero 1 Maria Grazia Gabrielli, a Fabrizio Russo, della segreteria nazionale Filcams Cgil.

«E’ chiaro – spiega Leonardi – che per la piega che ha preso questa vertenza, se è possibile fare qualcosa, se si possono salvare posti di lavoro, bisogna intervenire in un quadro nazionale. Spazi d’azione in Sicilia, in pratica, non ce ne sono più».

Il fatto è, spiega Leonardi, che il gruppo Auchan tira la corda da tanto tempo, i sindacati hanno trovato negli ultimi anni soluzioni-tampone, pensavano fosse in corso un dialogo comunque costruttivo.

«Invece – tuona adesso deluso Leonardi – l’azienda se n’è fregata completamente del supporto che abbiamo cercato e trovato, del sacrificio dei lavoratori, degli ammortizzatori utilizzati per provare a fronteggiare la crisi denunciata. Hanno preso in giro tutti, preparando questa vergognosa e dolorosa uscita di scena. Restano a Porte di Catania, ovviamente, mollano San Giuseppe La Rena».

Tempi duri per la Gdo siciliana, e quella catanese in particolare, visto che ormai ha superato anche Oslo nella percentuale di centri commerciali per abitanti e che la crisi, anche per questo, ha travolto quasi tutti.

«Avevamo avvertito la politica – spiega ancora Leonardi – avevamo detto che concedendo altre licenze sarebbe saltato tutto. Non ci hanno voluto ascoltare. E siamo arrivati qua. Centri commerciali in crisi, licenziamenti selvaggi, negozi dei centri delle città ormai alla disperazione».

Se è andata male, rischia di andare peggio. Perché, come detto, sino a ieri la chiusura di alcuni gruppi importanti, è il caso del catanese Aligrup, ma anche la fuga di altri gruppi che hanno abbandonato il territorio, sono stati fronteggiati con gli ammortizzatori sociali, con la cassa integrazione. In alcuni casi con l’intervento di altri gruppi siciliani andati a buon fine.

«Devo dire sotto questo aspetto – conferma Leonardi – che un ruolo importante lo ha avuto un’azienda come Arena, gruppo Decò, che ha rilevato e sta portando avanti con successo alcuni dei punti ex Aligrup. Ma ora, appunto, ci troviamo in un punto di non ritorno per quanto riguarda le nuove vertenze. Perché cambiata la legge, addio agli ammortizzatori sociali che hanno sostenuto a lungo migliaia di lavoratori. Quel che perdiamo adesso rischia, appunto, di far precipitare in un gorgo l’intero comparto sotto il piano occupazionale».

Auchan è solo uno di questi punti critici. Il sindacato ricorda che non sta bene il gruppo Sma, che ancora occupa in Sicilia centinaia e centinaia di lavoratori e sta vivendo una crisi ingrottata, nascosta, ma inesorabile. Vacilla vistosamente il gruppo Unieuro che ha ancora tre punti vendita in Sicilia: uno a Siracusa, uno a Messina e uno a Ragusa. Tra quindici giorni giù le saracinesche a Messina e a ottobre a Siracusa. Resta Ragusa. Per ora.

Situazione di estrema vulnerabilità, dunque. I lavoratori della Gdo, tra l’altro, da anni non hanno più il contratto nazionale di lavoro che fa riferimento agli accordi di Concommercio. E si avanti, in molti casi, con un contratto vecchio e superato ormai da quattro anni, ma mai rinnovato. Sempre più flessibile. Sempre più duro. Sempre più proibitivo. E quando hai tirato troppo il flessibile, ciao. Tutti a casa.

«Ci sono decine di lavoratori che hanno già dovuto accettare di lasciare la loro città, per esempio – racconta Leonardi – quelli del gruppo Metro. Ma, purtroppo, questa richiesta ci viene fatta anche da molti altri gruppi, il che sottopone i sindacati e, di conseguenza i lavoratori, ad un vero e proprio ricatto. In sostanza il ritornello che viene tirato fuori è quello: i punti sono in crisi, il personale è in esubero, la soluzione, per non licenziare, è mandare i lavoratori altrove».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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