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l’intervista

«Istituzioni e imprenditori in Sicilia un patto fra gentiluomini». La visione di Franz Di Bella

Il vicepresidente di Confindustria Catania, che guida Netith, dice: «Alla Regione richiesta banale, fare ciò che promette»

Di Mario Barresi |

Franz Di Bella, vicepresidente vicario di Confindustria Catania, l’avvio del piano da 100 milioni del gruppo Pelligra nell’area ex Blutec di Termini non le suscita un pizzico di “gelosia”? Il presidente del Catania Fc che investe nel Palermitano è un ribaltone rispetto alla dialettica da “derby”…«Assolutamente no, nessuna gelosia. È una bella notizia e un’opportunità importante per l’economia regionale. Lo sviluppo della Sicilia è un obiettivo condiviso e non può essere offuscato da alcun campanilismo. Il ministro Urso ha lavorato alacremente per risolvere questa crisi industriale. E dimostra l’attenzione del governo Meloni verso la crescita del Mezzogiorno, oltre che l’importante sinergia con la giunta regionale».

Anche sotto il Vulcano ci sono molte aspettative. Ma i mega-progetti di StMicroelectronics ed Enel non rischiano di volare troppo alto sulle teste delle piccole e medie imprese del territorio etneo, che potrebbero non beneficiarne?«L’Etna Valley è un punto di riferimento nel mondo. Progetti come il polo dei semiconduttori di StM e la gigafactory di Enel non sono solo un investimento nei rispettivi settori: creano un ecosistema in cui innovazione e sviluppo possono espandersi, coinvolgendo anche le realtà imprenditoriali locali. Tuttavia, perché questo slancio si traduca in un beneficio per tutto il tessuto produttivo, dobbiamo assicurarci che le nostre imprese siano pronte a cogliere queste opportunità. Ma c’è anche l’urgenza di affrontare alcuni nodi critici , come la burocrazia e la necessità di investimenti mirati nelle nostre aree industriali. A Catania assistiamo da tempo all’annuncio di interventi per migliorare le infrastrutture e i servizi per le aziende, ma è fondamentale che vengano realizzati in tempi brevi e con efficacia. I rappresentanti del governo regionale e del Comune di Catania hanno discusso più volte di queste esigenze da noi in Confindustria, condividendo la nostra visione. Siamo fiduciosi, ma vorremmo vedere rapidità».

Quanto la convince la Zes unica del Mezzogiorno che stenta ancora a decollare?«L’idea del governo nazionale di una Zes unica per il Mezzogiorno è un’opportunità che può accelerare la crescita, ma per farlo servono risorse sufficienti e un piano d’azione concreto. La Regione ha la possibilità di incrementare queste risorse e ritengo che questa dovrebbe essere una priorità assoluta, perché esiste il rischio che molti progetti possano rimanere esclusi proprio a causa della nuova conformazione in un’unica vasta area defiscalizzata. Finora le nostre attese sono rimaste sospese, e ciò di cui abbiamo davvero bisogno sono tempi certi e rapidità di attuazione da parte della struttura unica nazionale».

Lei di recente è entrato anche nel board del comitato di coordinamento organizzativo nazionale di Confindustria. In Sicilia l’associazione, in un recente passato che poi è finito nelle aule di giustizia, nominava gli assessori regionali. Adesso che partita sta giocando?«Del passato s’è detto e scritto molto. Provo a darle un’opinione che vale per il passato, per il presente e per il futuro. Confindustria è un’associazione di imprese, ne rappresenta la voce più autorevole, vuole la crescita dell’economia e interloquisce con le istituzioni. Altri obiettivi sono fuori dal nostro ruolo e confondono piani che devono rimanere divisi. Dobbiamo portare avanti istanze e bisogni concreti del settore imprenditoriale, ma senza mai sconfinare in aree che non rientrano nelle nostre competenze».

Ma cosa chiedono, oggi, gli imprenditori siciliani a “Mamma Regione”?«Gli imprenditori siciliani oggi chiedono alla Regione una sola cosa, che può sembrare banale ma è cruciale: di fare davvero quello che promette. Non è più il tempo degli annunci e delle promesse generiche, perché ci troviamo di fronte a una congiuntura unica, mai vista nemmeno nel recente passato. Oggi Roma e Palermo dichiarano apertamente di voler investire sul Sud, di voler abbandonare un modello assistenzialista per adottare uno di sviluppo e crescita economica vera e sostenibile. La Sicilia è destinataria di circa 25 miliardi tra fondi Ue, Pnrr e investimenti statali e regionali. Scaricare a terra queste risorse significa determinare un significativo aumento del Pil regionale e per questo è cruciale il ruolo di Irfis come strumento di supporto finanziario per la nostra aziende. Per concretizzare il cambio di passo, serve un “gentlemen agreement”, un patto tra gentiluomini, una vera collaborazione tra le istituzioni e il mondo produttivo. L’autorevolezza di tutto il parlamento regionale deve continuare a garantire che le manovre economiche siano incisive e tempestive. Quando vengono stanziate risorse per sostenere le imprese e il territorio, devono essere erogate in tempi rapidi, senza lungaggini burocratiche che spesso bloccano lo sviluppo».

Confindustria Catania ha un ruolo in quella che il nostro giornale ha definito “la guerra dei cieli”. Che posizione assumerete nell’intricato risiko fra nuovi assetti alla Camera di Commercio del Sud-Est e gestione di Fontanarossa?«Andiamo subito al punto. La situazione della Camera di Commercio del Sud-Est è in uno stato di commissariamento che ormai dura da due anni e ritengo fondamentale riportarla a una gestione ordinaria il prima possibile. Questo è essenziale non solo per garantire un corretto funzionamento dell’ente, ma anche per permettere alle imprese e agli attori economici del territorio di poter contare su una rappresentanza stabile e autorevole. L’aeroporto di Fontanarossa si trova ora in una fase cruciale. Sta affrontando grandi sfide e deve avviare un’importante fase di privatizzazione. La gestione di questa fase comporta senso di responsabilità ed equilibrio per garantire che la privatizzazione di Sac avvenga in modo trasparente e che l’aeroporto possa continuare a essere un motore di crescita per il territorio. Mi faccia concludere con un’ovvietà: questo deve prevalere su qualsiasi forma di individualismo e di lotta per le poltrone. Nient’altro».

Lei guida Netith, gruppo fra i leader nazionali di un settore volgarmente identificato in call center. Che, per definizione, utilizza risorse umane a basso costo. Ma come si fa a dare un futuro ai giovani siciliani che magari aspirerebbero a qualcosa di più?«Capisco la provocazione, ma Netith è molto più di un semplice call center. Netith non si limita al mondo del Bpo (Business process outsourcing, ndr), ma è anche un hub di consulenza strategica e sviluppo digitale per pmi e pubbliche amministrazioni. Siamo impegnati nel trasformare il nostro lavoro in qualcosa che crei un impatto concreto sul territorio. Questo tipo di iniziative valorizza i nostri giovani talenti, consentendo loro di collaborare su progetti significativi come il recupero di Cunziria di Vizzini, che restituisce un’importante fetta di storia e bellezza al territorio siciliano. La nostra strategia va oltre il singolo progetto: ad esempio, con l’acquisizione della startup Noisefeed abbiamo ampliato il raggio d’azione a livello internazionale, portando le nostre competenze all’attenzione di grandi club calcistici mondiali grazie a strumenti di analisi avanzata sugli infortuni dei giocatori. A breve, inoltre, presenteremo un nuovo capitolo del nostro impegno verso il talento locale».

Può anticiparci di cosa si tratta?«Il progetto “Catania Crea Impresa”, che sarà lanciato ufficialmente al nostro evento “Reunion Team Netith 2024” il 25 novembre. Con questa iniziativa, puntiamo a trasformare le idee dei giovani del nostro territorio in veri e propri progetti imprenditoriali, fornendo loro supporto, strumenti e una rete di contatti concreti. Il nostro obiettivo è creare un ecosistema che promuova l’imprenditorialità e metta al centro l’innovazione e il potenziale dei giovani. Netith non è solo un luogo di lavoro, ma una fucina di opportunità e un trampolino di lancio per le nuove generazioni, perché siamo convinti che la Sicilia abbia tutto il talento necessario per generare valore e crescita sostenibile».

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