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Strategia nazionale per le aree interne: un’occasione da non perdere

Qui vive circa un quarto della popolazione italiana, in una stragrande parte di territorio nazionale che supera il sessanta per cento di quello totale e che è suddiviso in oltre quattromila Comuni, per lo più inferiori a 5.000 abitanti

Di Olindo Terrana* |

Il Documento tecnico correlato alla Bozza di Accordo di Partenariato 20214-2020 definisce Aree Interne “quelle aree significativamente distanti dai centri di offerta di servizi essenziali (di istruzione, salute e mobilità), ricche di importanti risorse ambientali e culturali e fortemente diversificate per natura e a seguito di secolari processi di antropizzazione.”

In tali Aree vive circa un quarto della popolazione italiana, in una stragrande parte di territorio nazionale che supera il sessanta per cento di quello totale e che è suddiviso in oltre quattromila Comuni, per lo più inferiori a 5.000 abitanti.

Nella fase di programmazione 2014/2020 l’Agenzia per la Coesione Territoriale, che gestisce la Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI), ha selezionato, di concerto con le Regioni, poco più di un quarto di questi comuni (1.077) attraverso 72 aree d’intervento lasciando gli altri più di 3.000 comuni al totale abbandono sul piano programmatico e di interventi finalizzati allo sviluppo endogeno.

Ovviamente tutto ciò ha ulteriormente acuito, in questi ultimi anni, nei comuni non selezionati dalla SNAI, l’incremento di processi di marginalizzazione segnati da ulteriore calo della popolazione, talvolta sotto la soglia critica, la riduzione dell’occupazione e dell’utilizzo del territorio, la migrazione soprattutto di giovani e, in particolare, di giovani laureati, l’offerta locale calante di servizi pubblici e privati, i costi sociali per l’intera nazione derivanti dal dissesto idro-geologico, dal degrado del patrimonio culturale e paesaggistico, dall’abbandono dell’agricoltura con consequenziale mancanza dell’azione di presidio territoriale svolta dagli agricoltori nell’utilizzo produttivo dei suoli rurali.

Ulteriori effetti negativi sono stati determinati anche dagli interventi pubblici o privati volti a estrarre risorse da queste aree senza generare innovazione o benefici locali quali, ad esempio, cave, discariche, inadeguata gestione delle foreste sottoposte costantemente a incendi devastanti di origine dolosa e, talora, impianti di produzione di energia dissonanti con il paesaggio agrario.

Le aree selezionate nell’ambito della Strategia SNAI si presentano tra loro molto diverse, sia in termini di popolazione (dai 2.300 abitanti del Tesino ai 77.000 del Calatino), sia in riferimento alla superficie complessiva (dai 1.900 km² dei Monti Dauni ai 323 delle Mainarde) e sia per numero di Comuni (dai 5 della Valtellina, ai 31 del Reatino). Così come nei legami geografici funzionali con una città importante vicina (Antola Tigullio vicino a Genova e Mugello vicino a Firenze), nelle Reti di città di piccole e medie grandezza (Area Nord Est in Umbria, Madonie in Sicilia e Irpinia in Campania), nei caratteri di bassa densità demografica con comuni di piccolissima dimensione (Grand Paradis in Valle d’Aosta e Val del Canale in Friuli), nella tipologia associativa di governance territoriale di area vasta (Unioni di Comuni o più Unioni di comuni, Comunità montane, aree con specifiche esperienze di gestione di servizi intercomunali a geometria variabile).

La Strategia SNAI presenta indiscussi caratteri innovativi quali, dal punto di vista metodologico, l’approccio strategico finalizzato al conseguimento dei risultati attesi e misurabili, coerenti con gli obiettivi della Strategia, e verificabili attraverso un metodo aperto di confronto fra i soggetti locali (rappresentanti istituzionali, medici, professori, imprenditori, giovani studenti, agricoltori, artigiani, ecc.) e, sul piano della Governance, la gestione del processo attraverso le associazioni di Comuni, che rappresentano il soggetto pubblico di riferimento della strategia e del processo di decisione politica attraverso l’Accordo di Partenariato che prevede la gestione associata di funzioni fondamentali e servizi “funzionali” al raggiungimento dei risultati di lungo periodo e, sul piano dello sviluppo in un ottica di mercato e in favore della cittadinanza nella facilitazione dell’accesso ai servizi, per i quali costituisce obiettivo la trasformazione degli interventi permanenti gestibili da Regioni e Comuni dopo l’avvio, reso possibile dalla disponibilità dei fondi ordinari dello Stato.

Ma tale Strategia presenta anche considerevoli criticità sotto il profilo della progettualità, sia a carattere programmatico e sia a carattere esecutivo in merito agli interventi e alle azioni pubbliche e, pertanto, necessiterebbe un costante sostegno nella realizzazione della Strategia da parte di professionalità locali specialistiche per facilitare il percorso di progettazione e di attuazione. A tal fine risulterebbe notevolmente utile l’esperienza maturata dai Gruppi di Azione Locale che già da circa un trentennio operano con continuità e successo nelle aree rurali dell’UE, ma anche delle Agenzie di sviluppo locale ex Patti Territoriali e/o PIT, piuttosto che ricorrere a soluzioni di assistenza tecnica “esterna e dall’alto”.

Al netto di tali considerazioni è decisamente positivo, attraverso la Strategia SNAI, aver ridato voce ai piccoli comuni e ai sistemi territoriali periferici dell’Italia dei quali, a partire degli anni sessanta del secolo scorso, si è progressivamente sottostimato il ruolo decisivo che svolgono nella salvaguardia dei diversificati microambienti, nelle produzioni agricole e agroalimentari di eccellenze locali, nel recupero del patrimonio urbano e nella più ambiziosa, ma ineluttabile, potenzialità di costituire valida alternativa alle periferie urbane e metropolitane ora che, a causa della pandemia, si è ampiamente sperimentata la possibilità della diffusione della banda larga e del lavoro in modalità smartworking.

Nella “Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” esitata favorevolmente dal II° Governo Conte la SNAI, riconfermata nella Missione “5 – Inclusione e Coesione” Terza linea di azione “Interventi speciali per la coesione territoriale” Linea d’Intervento “Strategia nazionale per le Aree Interne”, prevedeva una dotazione finanziaria di 1,5 Miliardi di euro. Tale dotazione, riferita a tutte le aree interne selezionabili fra quelle dell’intera Italia, però risultava assolutamente insufficiente a colmare il livello minimo di copertura dei fabbisogni dei piccoli comuni ricadenti in tali aree con alta possibilità di rischio per i comuni del Sud Italia di subire un’ulteriore esclusione a fronte di una ipotizzabile stima di adeguata copertura di risorse finanziarie non inferiore a quattro, o meglio, cinque Miliardi di euro.

Nonostante tale fabbisogno il Governo Draghi ha favorevolmente esitato il PNRR con una previsione finanziaria per le SNAI di 825.000.000,00 di euro, come riportato nella Missione: Inclusione e Coesione; Componente: Interventi speciali per la coesione territoriale e cioè 675.000.000,00 di euro in meno rispetto al PNRR esitato dal Governo Conte II°.

Considerato ciò non può non essere rilevata l’inadeguatezza delle risorse finanziarie previste a fronte del notevole fabbisogno dei piccoli comuni ai quali per lo sviluppo locale partecipativo sostanzialmente rimangono le esigue risorse finanziarie previste dal FEASR a valere su LEADER (5% dei PSR regionali) e all’approccio CLLD del FESR congiunto alla SNAI e agli ITI che, avendo prioritaria valenza per le città capoluogo e le città Metropolitane, assorbono la quasi totale dotazione finanziaria dello Sviluppo locale di tipo partecipativo previsto dal FESR.

Pertanto, a meno di possibili linee d’intervento attivabili a valere sul PNRR, per i piccoli comuni si apre un difficile periodo di esclusione da indispensabili risorse finanziarie per la sopravvivenza di funzioni e servizi essenziali.

Pericolo che, allo stato attuale del processo di programmazione dell’UE e dell’Italia può essere contenuto, e in alcuni eccellenti casi evitato, esclusivamente dalla capacità di questi piccoli comuni di far Rete attraverso una sempre più crescente gestione associativa di funzioni, ruoli e servizi, guardando più alla programmazione comunitaria a Gestione diretta attraverso i PIC, invece che soltanto al PNRR e ai programmi operativi a Gestione indiretta.

Ovviamente tutto ciò nell’auspicio che il Governo Draghi guardi con più attenzione alle Aree Interne del nostro Paese e ai piccoli e medi comuni i quali, a loro volta, sono improcrastinabilmente chiamati a sperimentare nuove e innovative esperienze di governance locale intercomunale.

*Architetto, PhD Pianificazione Urbana e Territoriale, già professore di Urbanistica e Politiche Territoriali c/o UNIPA, Project manager di programmi interterritoriali e transnazionali europei e transcontinentali.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA