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L'AREA INDUSTRIALE

Pelligra cede il 90% della società con cui si è aggiudicato l’ex Blutec: e a Termini Imerese è ancora tutto fermo

Entra l'azienda etnea Nicolosi Trasporti (interessata all'interporto) e i comisani di Caec. La holding dell'italo-australiano: «Assetto momentaneo, il progetto non cambia»

Di Mario Barresi |

La Pelligra Italia Holding, vincitrice del bando per l’ennesimo «rilancio industriale» di Termini Imerese, ha cambiato – in modo significativo – il proprio assetto societario. A conferma di voci che si rincorrono dall’inizio dell’anno, infatti, il gruppo italo-australiano scelto dal ministero delle Imprese per gestire l’area ex Fiat (ed ex Blutec) ha sottoscritto un aumento di capitale, da 10mila a 100mila euro, con contestuale ingresso di nuovi soci.

Con il 70,22% delle azioni (pari a 70.219,78 euro) entra Nicolosi Trasporti, importante azienda etnea di trasporti logistica; con il 19,78% delle azioni (19.780,22 euro) il secondo partner diventa la cooperativa Caec, Consorzio artigiano edile costruttori, con sede a Comiso; la Pelligra Australia Pty Ltd, holding di famiglia dell’imprenditore Ross Pellligra, mantiene le quote nominali iniziali, pari a 10.000 euro versati, ma oggi controlla appena il 10% della Srl a cui è affidato il futuro di Termini.

Chi sono i nuovi soci? Le indiscrezioni sulla ricerca di «partner strategici» da parte di Pelligra non sono una novità. Né sorprende l’identità dei nuovi compagni d’avventura. A partire dal gruppo di Gaetano Nicolosi: fondato nel 1962, è una realtà consolidata in Italia e all’estero (interessi dal Nord Africa alla Bulgaria), con 64 milioni di fatturato 2023 a cui va aggiunto quello delle partecipate (Neva, Solenico e Tt Service le principali), con azioni di TraspoEuropa e del Maas di Catania.

L’interesse di Nicolosi nella partita è chiaramente lo sviluppo del polo logistico di Termini e in particolare dell’interporto. Altrettanto intuibile è il ruolo di Caec, specializzato in costruzioni e ristrutturazioni edilizie. Il consorzio, solida realtà del mondo cooperativo, fondato nel 1982, mette assieme circa 250 imprese edili e artigiane (di cui 150 in Sicilia), con fatturato di quasi 552 milioni nel 2023. Il presidente-patron è il comisano Biagio Fortunato, che era nel gruppo di piccoli artigiani e muratori fondatori, mentre il ruolo di amministratore delegato è affidato al genero, il geometra Sebastiano Caggia, finito nell’inchiesta “Genius” sulle gare truccate al Genio civile di Catania e archiviato in tempo record poiché né lui né il Caec avevano responsabilità sulle condotte di un’impresa consorziata di Gela.

La domanda

Ma il punto, adesso, è un altro. Al di là delle suggestioni da Bar dello Sport (Pelligra, attuale presidente del Catania Fc, entra in società con Nicolosi, che guidò la cordata di Sige subentrata a Nino Pulvirenti nella guida del Calcio Catania), perché l’imprenditore australiano con sangue di Solarino, dopo aver vinto da solo il bando del ministero delle Imprese e del Made in Italy, con un’offerta di 8,5 milioni e l’impegno di assunzione di almeno 350 dipendenti ex Blutec, tiene per sé appena il 10% di azioni?

Nei palazzi di Palermo, ma anche in alcuni di Roma, è una domanda ricorrente, fra i pochi a conoscenza del nuovo assetto societario. Anche perché sullo sbarco di Pelligra a Termini ci hanno messo la faccia alcuni pezzi grossi, nazionali e regionali, delle istituzioni e della politica: dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, che nell’estate del 2022, sollecitato da alcuni big meloniani etnei, sdoganò “Mr. Ross” nei salotti capitolini, al governatore Renato Schifani con l’assessore alle Attività produttive, Edy Tamajo, fino al ministro Adolfo Urso, che ha messo il sigillo del governo Meloni sull’operazione, nonostante le contestazioni e i contenziosi di altri aspiranti tagliati fuori.

I gruppi esclusi

Sciara Holding e Smar City Group, infatti, denunciando che «una società apparentemente priva di qualsivoglia requisito e garanzia economica riceverà ingenti risorse pubbliche per realizzare un progetto di mera speculazione immobiliare, anziché la realizzazione di un polo industriale, scopo del bando», hanno presentato un ricorso al Tar di Palermo che l’ha rigettato senza valutare i possibili motivi aggiunti, in quanto presentati «fuori dai termini».

I gruppi esclusi, con l’assistenza dell’avvocato Massimo Pantano, hanno inoltre chiesto a Ubs, che ha acquisito Credite Swisse (firmataria della polizza di 440mila euro a garanzia di Pelligra per il bando) dopo il crac, chiesto informazioni sulle garanzie fideiussorie rilasciate alla holding vincitrice. Nessuna risposta, a quanto è dato sapere, dalla sede di Ubs Europe di Francoforte.

Un investimento politico, ma anche economico, quello su Pelligra: i governi nazionale e regionale sono fra i firmatari dell’Accordo di programma da 105 milioni «per la riconversione e la riqualificazione dell’area di crisi industriale» di Termini: 40 milioni dalla Regione, 30 dal Mimit e 35 di Poc.

Ma dal quartier generale del gruppo italo-australiano rassicurano. Smentendo che ci sia un disimpegno da Termini (come già avvenuto per il complesso alberghiero della Perla Jonica, con un contenzioso aperto con i proprietari del gruppo Rappa) e ridimensionando la portata del nuovo assetto societario. «È soltanto una situazione momentanea», l’unica frase smozzicata al telefono da Giovanni Caniglia, braccio destro dell’imprenditore australiano e amministratore delegato di Pelligra Holding Italia, sollecitato da La Sicilia.

Poco dopo, lo staff di comunicazione aziendale chiarisce che l’ingresso dei nuovi soci non cambia il piano industriale sull’area ex SicilFiat, ma anzi lo rafforza attraverso partner strategici. Competenze specifiche, ma anche liquidità importanti. Leggendo il verbale dell’assemblea in cui s’è deciso l’aumento di capitale e l’ingresso dei nuovi soci, redatto dal notaio bresciano Gabriele Bezzi, si evince che è stato già coperto, a fine 2024, anche il cosiddetto «sovrapprezzo» con versamenti nelle casse sociali: 7,1 milioni con cinque diversi bonifici da Nicolosi Trasporti e 2 milioni in un’unica tranche da Caec.

Fonti vicine al dossier, confermando la versione di Caniglia, affermano che l’equilibrio societario è destinato – è «questione di settimane, se non di giorni» – a un ulteriore cambio: 40% a Pelligra, 40% a Nicolosi e 20% a Caec.

L’area industriale

Insomma, c’è una certa vivacità negli studi notarili. Eppure, dalla sottoscrizione del contratto di cessione di ramo d’azienda a Pelligra Italia Holdig (31 maggio 2024) a oggi, a Termini non è stato piantato un solo chiodo. Dall’accordo quadro dello scorso 12 agosto (passaggio di 350 dipendenti alla nuova società da novembre e «percorso di sospensione» per altri 183) «nessun tipo di attività è partita: né di ristrutturazione, né tantomeno industriale», afferma preoccupata la Fiom Cgil. Ricordando che «anche i percorsi formativi, finanziati dalla Regione, sono ancora fermi». Uno «stallo» che i sindacati denunciano ormai da mesi. E che soltanto fatti concreti, oltre che rapidi, possono smentire.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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