Se l’Etna, patrimonio Unesco, fosse trattato come le Dolomiti
Due pesi e due misure. Però anche due attenzioni differenti di politica ed istituzioni locali.
Nel 2009, quando il sito delle Dolomiti fu iscritto dall’Unesco alla World Heritage List, l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano fu presente alla cerimonia celebrativa. Nel 2019 fu invece Sergio Mattarella a concedere la medaglia presidenziale in occasione del decennale.
Quando nel 2013 fu l’Etna ad ottenere il riconoscimento Unesco, alla cerimonia ufficiale non c’era la più alta carica ma solo una sottosegretaria di Stato. Nel 2023, in occasione del decennale, nessuna medaglia presidenziale.
Dolomiti ed Etna. Due pesi e due misure. Però anche due attenzioni differenti di politica ed istituzioni locali.
In un recente seminario dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia e organizzato a Giarre da Mario Pafumi si è tornato a parlare di Etna, al cospetto di studentesse e studenti del Liceo Leonardo. I quali, come tanti altri coetanei, meriterebbero di imparare fin da ragazzi che l’Etna non è un elemento decorativo del paesaggio naturale, ma è esso stesso paesaggio antropico. Questa sorta di “educazione alla bellezza” dovrebbe avvenire con escursioni e visite guidate per vivere il vulcano, conoscerlo meglio e rispettarlo, coglierne la straordinaria biodiversità, maturare nuove idee su come fruirlo responsabilmente.
Chi dovrebbe occuparsi di tutto ciò? Ogni volta che si parla di Etna, si punta il dito sull’ente parco della Regione Siciliana. Formalmente è l’istituzione che presiede alla tutela e valorizzazione dell’area naturale protetta. Nei fatti, oggi è un grande contenitore, pieno più di memorie del cuore che di iniziative programmatiche, perché la Regione lo ha via via lasciato carente di risorse e personale, ma con un carico di compiti amministrativi che l’ente non è più in grado di soddisfare.
Però, se non ci fosse stato l’Ente Parco e il gruppo di suoi valorosi dirigenti e funzionari il sito dell’Etna non sarebbe mai stato iscritto alla World Heritage List perché il dossier di candidatura fu il risultato di un immane lavoro scientifico con il coinvolgimento di tante professionalità ed istituzioni. Oggi, di quel gruppo non è rimasto più nessuno. Adesso chi provvederà a produrre la documentazione di aggiornamento quando verrà richiesta dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (Iucn), ad intervalli temporali tra 2 e 4 anni come finora è avvenuto, per validare la conferma del riconoscimento Unesco?
A Giarre, durante il dibattito con i giornalisti e tanti altri esperti, qualcuno si è chiesto se non sia meglio optare per l’istituzione di un parco nazionale, come le Dolomiti bellunesi. Tra l’altro, quell’intero sito, con i suoi nove sistemi montuosi, è dotato di una Fondazione cui sono assegnate funzioni di promozione e valorizzazione del brand territoriale.
In Sicilia, data la specialità dello statuto, è la politica regionale che dovrebbe decidere cosa fare del Parco dell’Etna. Perché, quando nacque nel 1987, sotto la presidenza dell’on. Rino Nicolosi, gli intenti erano altri e ambiziosi, la visione di lungo termine, le progettualità di ampio respiro e dirette a contemperare in un unico ente funzioni di valorizzazione e tutela del territorio, ma anche fruizione, promozione e rilancio dell’immagine internazionale.
Strada facendo, invece, la Regione ha finito per derubricare il Parco dell’Etna a una fastidiosa pratica d’ufficio che oggi rimbalza da un Dipartimento ad un altro, a cominciare da Territorio e Ambiente, senza più programmi capaci di guardare avanti e oltre.
E dunque succede anche questo, in assenza della ignara o disinteressata politica. L’Etna ottiene il riconoscimento Unesco, per merito di chi ha lavorato al dossier per la candidatura, e già nei tre anni successivi i flussi turistici (arrivi e presenze) in alcuni centri etnei crescono di oltre il 50% rispetto ai periodi precedenti. Così pure negli anni a venire.
Si generano esternalità positive di cui beneficiano subito le preesistenti attività di ricettività, ristorazione, trasporti e di servizi alle persone. Nel frattempo, poiché la domanda cresce, soprattutto quella estera, altre iniziative imprenditoriali private fioriscono soprattutto per merito dei giovani e compaiono nuove forme di turismo, più responsabile e sostenibile. La vicina presenza dell’Aeroporto internazionale di Catania contribuisce ad incrementare e rafforzare il turismo sull’Etna. Cresce anche l’economia dei prodotti dell’Etna.
Mentre succede tutto questo, la politica regionale pensa ad altro. Come se “a Muntagna” fosse una questione solo dei catanesi e degli etnei.
*Rosario Faraci, giornalista pubblicista, insegna Principi di Management all’Università degli Studi di Catania