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Transizione energetica, non è tutto oro… In Sicilia l’elettrodotto con la Tunisia mette a rischio 8 centrali e mille lavoratori

La Uiltec: «Quegli impianti nell'Isola saranno spenti, bisogna pensare alle conseguenze sociali e alll’aumento della dipendenza del nostro Paese dalle altre nazioni» 

Di Massimiliano Torneo |

In discussione sarebbe non solo l’indipendenza nell’ambito della produzione di energia elettrica, ma soprattutto la tenuta occupazionale nella nostra Regione, che ospita il più alto numero di centrali termoelettriche in Italia (otto) con un migliaio di posti di lavoro garantiti sinora, ma che sarebbero perciò a rischio. Non è, dunque, solo un coro di sì quello riguardo al cavidotto sottomarino Italia-Tunisia, il cui via libera è arrivato con la recente approvazione dello stanziamento di 307 milioni di euro da parte della Commissione europea che cofinanzierà l’infrastruttura insieme al governo italiano.

L’opera di collegamento sottomarino, del valore totale di 850 milioni di euro, finalizzata a ottimizzare l’uso delle risorse energetiche tra Europa e Nord Africa, prevede la realizzazione di 200 km di cavi sottomarini a una profondità di quasi 800 metri attraverso il Canale di Sicilia. Un “ponte energetico tra Europa e Africa”, come lo definisce il sito di Terna, che rappresenterà presto “l’interconnessione Italia-Tunisia” e sarà realizzato dalla stessa Terna e dalla Steg, gestore della rete tunisina. Il nuovo collegamento metterà in comunicazione la stazione elettrica di Partanna (in provincia di Trapani) con una stazione corrispondente, nella penisola di Capo Bon (Tunisia).

Il timore per un eventuale impatto negativo sulla produzione e, dunque, sul lavoro delle sei centrali siciliane è abbastanza diffuso nei territori e tra le parti sociali. Lo ha raccolto, tra gli altri, il segretario generale Uiltec Sicilia, Peppe Di Natale. «La facilità con cui si pensa di poter spegnere le centrali termoelettriche, sostituendole con cavi elettrici che importano energia, impone una riflessione seria sull’assetto energetico della Sicilia soprattutto dal punto di vista elettrico», dice.

E aggiunge: «Siamo la regione con il maggiore insediamento di centrali elettriche, al servizio di una parte importante del Paese e degli asset industriali siciliani. Le centrali termoelettriche, va ricordato, sono fondamentali per la regolazione dell’intero sistema elettrico nazionale: garantiscono continuità e modulazione della tensione elettrica. Pensare – ragiona Di Natale – di poterne fare a meno con uno schioccar di dita ci sembra una operazione poco reale e dall’approccio quasi utopistico se si guarda all’attuale realtà». 

In questo momento nell’Isola sono attive centrali termoelettriche a San Filippo del Mela (contrada Archi Marina), a olio combustibile (960 MW) gestita da A2a; un’altra, sempre nello stesso centro del Messinese, gestita da Enel (320 MW); una centrale Enel è a Porto Empedocle (80 MW), a ciclo a gas; una centrale gestita da Eph sorge in provincia di Trapani (213 MW), a ciclo a gas; la centrale Enel “Ettore Majorana” a Termini Imerese, a gas; la centrale “Archimede” a Siracusa; la centrale della Erg a Priolo Gargallo, a turbogas; infine, la centrale Selis (15 MW) a Lampedusa. 

Per Di Natale l’elettrodotto manderebbe in crisi questi siti che danno lavoro a circa mille persone: «Non si può immaginare – prosegue il segretario Uiltec Sicilia – l’asset energetico siciliano progettando elettrodotti e decimando la produzione. È corretto nell’ottica della transizione energetica ampliare la produzione da fonti rinnovabili sostituendo quella da fonti fossili, ma non si può pensare di sostituire la produzione elettrica siciliana importando l’energia dall’estero, come nel caso dell’elettrodotto che collegherà l’Isola alla Tunisia». 

Non si tratterrebbe solo di «mera difesa dei posti di lavoro e dell’asset produttivo siciliano – aggiunge Di Natale – ma semplicemente la necessità di affrontare in maniera seria il ragionamento sulla transizione energetica che spesso assume caratteristiche poco reali e che maschera, invece, l’aumento della dipendenza del nostro Paese dalle altre nazioni: tutto ciò a scapito dei cittadini che si trovano a pagare costi energetici esorbitanti. Noi vogliamo tutelare il lavoro, lo sviluppo e l’asset industriale siciliano – conclude il sindacalista Uiltec – ma vogliamo affrontare seriamente la discussione sulla transizione energetica ed esserne protagonisti: la Sicilia è il territorio maggiormente investito dal problema, per cui chiediamo al nuovo governo regionale l’apertura di un tavolo di confronto sul sistema energetico siciliano». 

Va anche detto che la realizzazione dell’elettrodotto italo-tunisino prevede un nuovo impianto e una nuova infrastruttura in Sicilia: dall’approdo di Castelvetrano si arriverà alla costa grazie a un cavo interrato che percorrerà strade esistenti per 18 km fino a Partanna, dove sarà costruita una stazione di conversione da corrente continua in alternata nella stessa area dell’attuale stazione elettrica. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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