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Via libera all’eolico offshore, ma l’Italia è bloccata dalla burocrazia: in ballo 27 mila posti di lavoro

Tempi record per i progetti, ma solo nel ritardo. Industria e posti di lavoro attendono la svolta

Redazione La Sicilia

18 Luglio 2025, 16:53

FOTOGRAFIA: A BARD I RITRATTI AEREI DI ARTHUS-BERTRAND

Una foto di Yann Arthus-Bertrand mostra il parco eolico offshore di Middelgrunden, nel lago di Copenhagen ANSA/Yann Arthus-Bertrand - US - UFFICIO STAMPA FORTE DI BARD - EDITORIAL USE ONLY ++ FOTO DA UTILIZZARE SOLO PER NOTIZIA FOTOGRAFIA: A BARD I RITRATTI AEREI DI ARTHUS-BERTRAND ++

Il futuro energetico dell’Italia si gioca anche sulle onde del Mediterraneo, ma la rivoluzione dell’eolico offshore è ancora frenata dalla lentezza delle autorizzazioni. Secondo Legambiente, sono ben 93 i progetti presentati da imprese del settore – per un totale di 74 GW di potenza – distribuiti in 10 regioni e la maggior parte riguarda sistemi galleggianti a larga distanza dalla costa. Ad oggi, però, solo un impianto (a Taranto) è attivo nonostante il potenziale italiano sia tra i più promettenti al mondo.

I numeri dell’eolico offshore italiano

93 progetti mappati, soprattutto galleggianti, con una distanza media dalla costa di 32,7 km. Solo 1 impianto attivo: il Beleolico di Taranto. Puglia, Sicilia e Sardegna guidano la classifica con il maggior numero di progetti. Tempo medio per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA): 340 giorni, quasi il doppio dei 175 previsti per legge.

Burocrazia, il nodo che rallenta tutto

Lo sviluppo di queste infrastrutture è messo a dura prova da tempi autorizzativi lunghi e complessi. Le pratiche per la VIA richiedono quasi un anno, e non mancano ritardi dovuti al coinvolgimento di diversi ministeri e enti locali. Secondo Legambiente, “occorre accelerare i processi autorizzativi e far decollare l’eolico offshore in Italia”, anche per cogliere i vantaggi economici e ambientali che questa tecnologia assicura.

Un’opportunità per lavoro e industria

Con lo sblocco delle autorizzazioni, si stima la creazione di 27.000 nuovi posti di lavoro entro il 2050, di cui ben 13.000 diretti nella filiera. L’associazione ambientalista sottolinea come si tratti di un’occasione senza precedenti per le regioni coinvolte, sia sotto il profilo occupazionale che industriale.

Porti strategici: Augusta e Taranto

Il decreto Porti del Governo ha individuato Augusta (Sicilia) e Taranto (Puglia) come hub principali per la filiera nazionale delle rinnovabili marine, destinando circa 78 milioni di euro nei prossimi tre anni per ammodernare porti e banchine, dragaggi e infrastrutture logistiche adeguate. Brindisi e Civitavecchia sono stati individuati come porti di supporto. La scelta strategica di Augusta e Taranto premia la loro posizione, la disponibilità di spazi e i collegamenti tecnici e logistici, fondamentali per lo sviluppo di una cantieristica navale in grado di produrre, assemblare e varare le piattaforme galleggianti.

“Augusta è stata designata polo strategico nazionale per la progettazione, produzione e assemblaggio di piattaforme galleggianti destinate allo sviluppo della cantieristica navale per l’energia eolica offshore – commenta Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia –. È una grande occasione per il territorio siracusano e per la Sicilia intera, che può diventare esempio concreto di una transizione giusta e innovativa.”

Anche se l’Italia ha messo in agenda la transizione energetica, oggi questa rimane ostaggio dei ritardi burocratici. Accelerare l’iter delle autorizzazioni non è solo una necessità ambientale, ma anche la chiave per dare slancio all’occupazione e all’industria italiana delle rinnovabili. La svolta è possibile: serve però il coraggio di snellire le procedure e puntare fino in fondo su una visione strategica nazionale.