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Covid, le due facce della fine dell’emergenza

Per gli infettivologi catanesi: «Dentro l’ospedale, il tampone ha ragion d’essere solo in due ben precise situazioni, che non rappresentano la regola»

Di Bruno Cacopardo, Carmelo Iacobello |

Com’è noto, il 5 Maggio 2023 l’Oms ha dichiarato conclusa l’emergenza sanitaria correlata alla pandemia Covid: ciò sulla base dei dati epidemiologici che ne hanno certificato la forte e significativa riduzione dei casi mondiali. A suggerire l’interruzione dello stato di emergenza concorre pure il palese alleggerimento clinico della infezione da Sars CoV2 che non comporta più le temibili conseguenze respiratorie di un paio di anni or sono.Pertanto, possiamo affermare che Covid-19 è in atto nella sua fase di “endemizzazione”: in termini più comprensibili il virus circola a livelli medio-bassi senza arrecare danni clinici rilevanti.

Potrà verificarsi dunque con crescente frequenza, che presso le strutture sanitarie si aggirino variabili percentuali di soggetti con positività al tampone in assenza di patologia Covid correlata. La endemizzazione è un fenomeno atteso ed è in qualche modo legato simultaneamente allo sviluppo di immunità vaccinale (sollecitata dalla vaccinazione) e di immunità naturale (sollecitata dalla infezione naturale).A questi due aspetti va aggiunto il ruolo delle varianti emergenti che, se da un lato hanno visto ridotta la capacità patogenetica, dall’altro lato hanno mantenuto una elevata contagiosità. Il risultato finale è quello di una moderata ma significativa circolazione del virus con una scarsissima capacità di produrre quadri clinici complessi, come accadeva invece nelle prime ondate.

Questa nuova fase della pandemia potrebbe realizzare un nuovo scenario che coinvolgerebbe gli ospedali: 1) i soggetti che non manifestano patologia respiratoria, ma sono affetti da patologie di altra natura (chirurgica, ortopedica, oncologica o internistica), identificati all’accesso in Pronto Soccorso come positivi al tampone, rischierebbero di vedere rinviato o posposto l’approccio terapeutico necessario (intervento chirurgico, riduzione della frattura, chemioterapia), che poi è anche la ragione che li ha condotti in ospedale, nella attesa della negativizzazione del tampone, pur nella irrilevanza di tale procedura che (in assenza di deficit immunitari conclamati o di sintomatologia respiratoria) è del tutto priva di effettiva valenza diagnostica. 2) I soggetti che non manifestano disturbi respiratori, in uscita dai reparti specialistici potrebbero avere difficoltà a trovare collocazione nelle strutture riabilitative del territorio o nelle Rsa a causa della persistente positività al tampone molecolare eseguito prima del trasferimento. È facile immaginare che reparti come Ortopedia, Neurologia, Neurochirurgia, Malattie Infettive, Medicina Interna, Nefrologia, ecc. si troverebbero nelle condizioni di attendere la negativizzazione del tampone molecolare per avere il nulla osta al trasferimento alle strutture territoriali di continuità assistenziale.In ultima analisi, si verrebbe a creare una carenza funzionale di posti letto disponibili per pazienti acuti nei più importanti ospedali delle aree metropolitane della Sicilia.

Noi riteniamo che, dentro l’ospedale, il tampone nasale destinato alla ricerca di Sars CoV2 abbia ragion d’essere solo in due ben precise situazioni, che non rappresentano la regola: 1) Per fare diagnosi nel paziente con sintomatologia respiratoria; 2) per ragioni prognostiche nel soggetto con grave immunocompromissione. Al di fuori di tale contesto e in assenza di uno stato di emergenza sanitaria, il test diventa una curiosità virologica di dubbia utilità. Sarebbe auspicabile pertanto: a) sospendere la tradizionale esecuzione dei tamponi di ingresso al Pronto Soccorso in tutti i casi indipendentemente dalla presentazione clinica, limitandoli soltanto a quelle condizioni in cui l’esecuzione del tampone riveste un ruolo diagnostico (sintomatologia respiratoria o sindrome febbrile); b) comunque privilegiare i tamponi antigenici di terza generazione rispetto ai tamponi molecolari sia all’accesso in ospedale sia nelle fasi che precedono il trasferimento presso strutture territoriali.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA