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L'intervento

G7 Agricoltura, cosa deve restare oltre agli stand

Osiamo anche sperare che questa porzione di G7 portata nell’epicentro dell’ennesima stagione di Grande Sete non sia un perfido e pirandelliano ossimoro, ma l’occasione per fissare un elenco di priorità

Di Antonello Piraneo |

Forse perché affetti dal subdolo virus dell’ottimismo, osiamo sperare che il G7 Agricoltura e la parallela gioiosa macchina da guerra dell’Expo Divinazione, lascino un impegno concreto oltre ai resti degli stand. Ovvero che davvero si pensi all’agricoltura come al settore primario che fu e che, in un veste ovviamente diversa, deve tornare a essere. Anche in Sicilia, laboratorio naturale di biodiversità e di prodotti di qualità.Sempre perché malati di ottimismo, osiamo anche sperare che questa porzione di G7 portata nell’epicentro dell’ennesima stagione di Grande Sete non sia un perfido e pirandelliano ossimoro, ma l’occasione per fissare un elenco di priorità sugli interventi necessari per smorzare, almeno smorzare, gli effetti della siccità.

Nella consapevolezza che soltanto con una bacchetta magica, forse, si riuscirebbe a riempire invasi e tubazioni, sappiamo tutti che la prossima estate rischia di essere uguale a quella appena passata – i terreni a secco e i rubinetti all’asciutto – se non si mette subito una pezza laddove l’acqua si disperde e soprattutto un punto fermo sulle opere da realizzare. Si punta sui dissalatori? Si facciano senza tentennamenti, senza coniugare tutti i modi e i tempi del benaltrismo, semmai spiegando quando e come con questi impianti si raggiungerebbe l’equilibrio nel rapporto tra costi e benefici.Ma un’attenzione vera all’agricoltura, come pure alla pesca, richiede una visione sovranazionale, cercando sponda in Europa sulle sfide comuni – difendere le proprie eccellenza dall’invasione di prodotti di incerta qualità – e sulle richieste dei territori: non per avere incentivi a pioggia, per fortuna non è più tempo, ma per sostenere la filiera del lavoro trasparente, della ricerca, dell’innovazione, oggi fondamentale anche in questo segmento, cui servono più droni e meno zappe.

E siccome il virus dell’ottimismo è difficile da debellare, osiamo anche confidare in uno scatto culturale, in un paradigma formativo che non releghi gli istituti agrari – come gli alberghieri, i nautici, gli istituti professionali – nella periferia del percorso scolastico, facendone non un ripiego per chi non sa di latino o matematica, ma una scelta per chi crede che la terra possa offrire sbocchi occupazionali appaganti, salvando anche le aree rurali, cioè interi pezzi di Sicilia.Allora sì che i giorni del G7 di Siracusa avrebbero lasciato un solco.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA