I pericoli dell’abbandono educativo dei genitori al tempo dei social
La sparatoria di Monreale ha lasciato sul campo tre morti e molte riflessioni su che cosa si può fare e su cosa stia accadendo ai giovani
Uno sguardo di troppo, un piede pestato e/o anche due, tre parole sbagliate rivolte alla persona sbagliata bastano e avanzano per mettere mano ai coltelli e alle pistole. Questo pensano e fanno tanti, troppi giovani e giovanissimi in tutta Italia oggi, come a Francofonte e a Monreale, tanto per rimanere alla cruda attualità. «Oggi chi gira senza almeno un’arma in tasca non è nessuno», mi ha confidato un ragazzino di dodici anni solo qualche giorno fa. Tutto vero, purtroppo.
Se Napoli pensa ai metal detector nelle scuole
Tanto che a Napoli, ad esempio, cresce il numero dei dirigenti scolastici che pensano di dotare di metal detector i propri istituti. Perché se impari a portarti dietro un’arma il pomeriggio e la sera, è probabile che tu lo faccia anche la mattina a scuola. Pensano i presidi, che tutti i torti non hanno. Ma cosa spinge un adolescente di oggi a collezionare coltelli e/o una pistole con la stessa naturalezza con cui ieri il padre e il nonno collezionavano le figurine dei calciatori?
Il rito di passaggio
Partiamo dai tradizionali riti di passaggio, che dall’adolescenza ci traghettavano all’età adulta, e che oggi, in certi contesti, sono stati spariti e sostituiti dal portarsi dietro una lama e/o una pistola, un tirapugni o una mazza da baseball, uno storditore elettrico o un machete. Lo rivelano i dati in possesso del Dipartimento Pubblica Sicurezza e Direzione Centrale della Polizia criminale, che evidenziano un importante aumento del possesso di coltelli e pistole tra i nostri under 17, almeno negli ultimi mesi. Un fenomeno assai preoccupante e parecchio inquietante, che non riguarda solo l’Italia: anche i giovanissimi tedeschi e inglesi maneggiano coltelli e pistole con la stessa facilità di un uno smartphone e/o di un tablet.
Le fragilità azzerate
Ma è solo una questione di riti? No, ovviamente. C’è dell’altro. «Portarsi dietro un’arma - sostiene lo psicoterapeuta Matteo Lancini - li fa sentire sicuri, gli azzera fragilità e frustrazioni, fa sentire molti giovani d’oggi meno soli». Già, soli. Cioè privi di padri e madri, oggi impegnati in faccende molto meno importanti della educazione dei figli. Ecco i veri colpevoli, dunque: le famiglie, che assieme alle più importanti agenzie formative e istituzionali hanno quasi del tutto abdicato al ruolo di primi attori educativi delle giovani generazioni. Ad ogni modo, la matrice principale della nuova, grave violenza che sta squassando le ultime generazioni risiede a casa, riguarda i genitori periferici e/o assenti. Colpevoli gli uni e gli altri di “abbandono educativo”, il fenomeno esploso agli albori degli anni Duemila in parallelo con l’avvento dei social e di Internet, più in generale. Poi ci sono le tecnologie, certo, il cui uso distorto, che sempre più spesso viaggia a braccetto con la nuova violenza giovanile, ha di fatto contribuito ad allargare la forbice generazionale e a creare quei piccoli “mostri” le cui “vigliaccate” ci vengono periodicamente riferite dalle cronache giornalistiche, televisive, delle stesse piattaforme social. Il Covid ha chiuso il cerchio alimentando tra i ragazzi nuove aggressività e violenza da una parte, ansia e depressione dall’altra. Risultato, senza genitori, privi dei più importanti punti di riferimento, messi all’angolo dalle istituzioni e da alcune agenzie educative, chiusi nelle bolle digitali, una parte dei giovani italiani e stranieri ha preso a scatenare sui coetanei e/o sui simboli degli adulti la inedita aggressività e la nuova, terribile violenza.
Che cosa fare?
Cosa fare? Occorre tornare subito ad osservare i giovani, urge ascoltarli, è utile entrare nei loro mondi, formare i nuovi genitori e i moderni educatori. Formazione che non può prescindere dall’acquisizione delle nuove abilità pedagogiche, psicologiche e tecnologiche. Non solo. È importante educare i giovani alle relazioni, tornare a parlare di emozioni, invece di negarle, come purtroppo fanno tanti adulti sia a casa che a scuola. Conoscere meglio se stessi e le persone che gli stanno accanto, aiuterà i ragazzi a costruire un atteggiamento capace di fare scelte responsabili, rinunciare all’arroganza, alla violenza e alla pretesa del possesso e dell’egoismo.
*Pedagogista, formatore, coordinatore ambulatorio antibullismi Asp Rg