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Il commento

I sogni dei ragazzi nel mondo che cambia

Con la voce che ancora un po’ trema, ognuno di noi cerca di contribuire al sogno visionario che un ragazzo di Catania ha trasformato in un grande progetto comune, il “Change The world”

Di Myrta Merlino |

Salire su quel palco, anche se non è la prima volta, ti lascia senza fiato. Succede sempre. Sarà l’emozione che ti assale riavvolgendo nella testa il nastro delle immagini di quelli che hanno varcato prima di te la soglia del Palazzo di Vetro: Mandela che parla della sua missione epocale, Krusciov e la sua scarpa sbattuta sul banco in segno di protesta, ma anche il dittatore Gheddafi prima della caduta, e gli eterni, da Fidel Castro alla Regina Elisabetta, Giovanni Paolo II, Papa Francesco che oggi prega per una pace che sembra impossibile.

Ma di certo è anche il colpo d’occhio straordinario di una platea sconfinata composta da giovani provenienti da tutto il mondo. Una generazione globale, connessa, multicolore che ti guarda con occhio attento e avido. Che chiede di “leggere” il mondo, oggi che la storia invece di finire, come aveva predetto qualcuno, si è rimessa a correre, con le nostre democrazie imperfette e malconce che ci sembrano più preziose che mai; la guerra che ci ricorda i suoi orrori giorno dopo giorno. Capire, a 13 mesi dall’inizio di questa maledetta guerra, ciò che accade e come il multilateralismo dell’Onu può tornare protagonista per uscire da una pericolosa afasia.

E allora, con la voce che ancora un po’ trema, ognuno di noi cerca di contribuire al sogno visionario che un ragazzo di Catania ha trasformato in un grande progetto comune, il “Change The world”.

Perché se è vero, come ha detto Claudio Corbino, nel suo discorso di apertura, che i ragazzi che ci stanno ascoltando non dovranno mai rinunciare ai propri sogni, è anche vero che ognuno di noi su questo palco sta inseguendo un po’ i suoi. Quelli di un “ragazzo fortunato”, come Marco Tardelli definisce se stesso che, dopo aver alzato la più bella coppa del mondo, oggi spera di poter vedere trionfare i valori dello sport, così spesso calpestati, portandoli proprio qui alle Nazioni Unite per cercare di tramandarli alle nuove generazioni attraverso grandi testimoni, quest’anno l’immenso Zbigniew Boniek.

E contagiato dall’aria speciale che si respira in questa grande sala, persino il ministro Guido Crosetto, alla mia domanda sulle possibilità di una pace giusta nel conflitto tra la Russia e l’Ucraina, ha messo da parte il suo ben noto pragmatismo per citare Bertold Brecht e la sua eterna massima: «Sventurato il Paese che ha bisogno di eroi», sottolineando quanto sì, oggi, si ha un disperato bisogno di Eroi Culturali. Perché quello che ci atterrisce di questo scontro di civiltà è la volontà tenace di sottomettere chi non la pensa come noi.

E poi c’è stato il sindaco di Firenze, Nardella, che, ormai un po’ Superman di Palazzo Vecchio dopo lo scatto felino in difesa del bello della sua città, ha scaldato la platea mettendo sullo stesso piano la sacrosanta difesa del nostro pianeta, stella polare delle nuove generazioni, e quella del nostro patrimonio culturale, bagaglio ed eredità preziosa per immaginare un futuro migliore. E poi il sindaco di Kiev che ha lanciato il suo grido di dolore e ha invocato la pace per la sua gente ferita; il nostro ambasciatore all’Onu, che è tornato studente per condividere trionfi e cadute con i ragazzi; Fabrizio Rindi e Salvatore Carruba che ci ha parlato di una finanza virtuosa che possa mettere finalmente al centro l’uomo e non il profitto; e ancora, Lucio Caracciolo, guida infallibile nei terreni accidentati della geopolitica.

Infine loro, sempre e solo loro: i ragazzi, con le loro domande, le loro provocazioni, le loro angosce, i loro desideri. E le ragazze numerosissime (oltre il 65%) in platea, attentissime e preparatissime, pronte a prendersi la loro metà del cielo se solo messe nelle condizioni di farlo. Certo, per molte già succede, ma per troppe altre ancora no. E io continuo tenacemente a pensarla come la poetessa americana Audre Lorde: «Non sarò libera finché una sola donna sarà prigioniera, anche se le sue catene sono diverse dalle mie». E quelle giovani donne che mi stringono la mano e mi parlano dei loro progetti mi convincono che davvero ci salveremo solo tutte e tutti insieme.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA