Il vandalismo del sabato sera: esemplificazione del disagio dei giovani senza bussole giuste
Oltremodo aggressivi, violenti, vandali: giovani degli anni Duemila, “moderni nichilisti” secondo il sociologo Galimberti
Bulli, generico
Oltremodo aggressivi, violenti, vandali: giovani degli anni Duemila, “moderni nichilisti” secondo il sociologo Galimberti. Quelli che prima del Covid stavano male e che oggi stanno molto peggio. Gli stessi che a Capodanno hanno imbracciato armi d’ogni tipo con un unico intento, finire sui social. Missione compiuta. Come quelle di aggredire con bottiglie e pietre la polizia a Milano e di danneggiare cose, luoghi e monumenti degli adulti a Bari, dove un’auto è stata prima riempita di botti e fatta esplodere, e a Vittoria, dove i “soliti” giovani vandali hanno seriamente danneggiato una fontana ottocentesca.
Che sta succedendo ai nostri ragazzi, specie nel weekend o comunque nei giorni di festa? E’ colpa del Covid, come pensano alcuni? Oppure c’entrano i social? Si parte dalle nostre case, cioè dove albergano le maggiori responsabilità di ciò che sta accadendo alle ultime generazioni. Dove vivono “abbandonici” e simmetrici molti genitori d’oggi, dove il conflitto generazionale è evaporato assieme al padre moderno. Determinante per le sofferenze dei ragazzi è stata ed è anche la scarsa, nulla attenzione degli adulti verso le loro emergenze, necessità e aspettative. Soli, dimenticati, abbandonati i nostri adolescenti sfogano rabbia e frustrazione vandalizzando i luoghi e le cose degli adulti, ossia mettono a terra atteggiamenti “alloplastici”. Di comportamenti “autoplastici” (disturbi alimentari, ansia, depressione, cutting, abuso di alcol e droghe) si “macchiano” invece i giovani che attaccano il corpo o che si chiudono in casa e/o nelle bolle social.
Stanno crescendo ragazzi privi di regole e di educazione, giovani dunque sempre più violenti, cinici e narcisisti. Cosa fare? Lo psicoterapeuta Raffaele Morelli si rivolge alle famiglie: «Essere genitori non è un mestiere, non è un progetto da portare a compimento. Essere bravi genitori non è un compito. La vera educazione non può essere programmata, si realizza momento per momento. Ma servono adulti autorevoli, presenti soprattutto». Studiosi e analisti sono sempre stati concordi nell’indicare l’adolescenza come un periodo carico di tensioni conflittuali e in precario equilibrio. Il pediatra anglosassone Donald Winnicot introdusse la metafora del “dibattersi nella bonaccia” nel riferirsi ai processi inconsci profondamente conflittuali che sottendono la percezione da parte del giovane di una esistenza apparentemente piatta nella quale egli si agita in preda a vissuti ansiosi. Un periodo difficile, l’adolescenza. Da sempre. Oggi di più. Nel senso che i giovani dei Duemila soffrono di più, soprattutto sono più soli. E’ una sofferenza diversa ed epocale, una specie di nuovo grido di Munch.
Come arginare la violenza giovanile? Come aiutare i nostri ragazzi? C’è necessità di più telecamere, di più controlli di polizia, sostengono alcuni. Giusto, ma non basta.
Soprattutto serve più famiglia, servono un padre presente e autorevole e una madre presente e affettiva. Occorre anche una scuola moderna, aperta al territorio e abile nel mettere a terra progetti di educazione emotiva, civica, di rispetto dell’altro. Tutti devono concorrere nell’educazione dei giovani, nessuno può tirarsi indietro sostiene la psicologa Paola Della Rovere: «La comunità deve essere in grado di offrire ai giovani svariate opportunità di aggregazione, ricreative, ricettive, sportive, stimolando attività alla portata di tutti, incentivare il volontariato, la cura delle persone, il bene pubblico, degli animali».
E i ragazzi? A loro vanno subito restituite la speranza e la capacità di progettare il futuro, il piacere di sentirsi nuovamente protagonisti della loro vita.
*Giuseppe Raffa, pedagogista, coordinatore ambulatorio antibullismo
dell’Asp di Ragusa